La Raggi Story si arricchisce di un nuovo mistero, che mette in ombra il tema centrale dell’interrogatorio, e cioè il conflitto d’interessi dei fratelli Marra: le polizze assicurative sulla vita accese a favore di alcuni amici, fra i quali l’ex fidanzata e la futura sindaca, da Salvatore Romeo, allora funzionario del Campidoglio e futuro capo-segreteria della prima cittadina. Tre ipotesi possibili.
1) Se il suo era un modo astuto per comprarsi con 30mila euro la futura nomina con aumento di stipendio, Romeo andrebbe sottoposto a perizia psichiatrica, per tre motivi: a) ha scelto il sistema più tracciabile che esista in natura; b) nel gennaio 2016, sei mesi prima del voto, l’elezione della Raggi a sindaco non era affatto certa; c) siccome la Raggi potrà incassare quei soldi solo alla morte di Romeo, questi avrebbe dovuto evitare di seguirla sui tetti del Campidoglio. In questo caso, matti o criminali che siano, né lui né la Raggi potrebbero restare ai loro posti un minuto in più.
2) Se quelli investiti (si fa per dire: il rendimento è minimo) da Romeo erano soldi della Raggi, il caso si sgonfia.
3) Se Romeo non disse alla Raggi di aver usato il suo nome per sostituire il precedente destinatario della polizza, Romeo sarebbe un bizzarro assicuratore seriale che agisce all’insaputa della beneficiaria, e dovrebbe spiegare perché, mentre la sindaca dovrebbe scusarsi per la fiducia data all’ennesimo collaboratore sbagliato. Lo so a cosa state pensando: alla casa pagata da un altro all’insaputa di Scajola. Ma i rogiti immobiliari impongono la presenza del proprietario, mentre le polizze richiedono solo la firma del contraente e non del beneficiario.
Mentre scriviamo, ci mancano le versioni dei due protagonisti: la Raggi avrà fornito la sua ai pm; Romeo non ha risposto alle nostre richieste di spiegazioni. E proprio qui sta il punto: la comunicazione dei 5Stelle. “Devo rispondere ai giornalisti o ai magistrati?”, aveva svicolato l’altro giorno la sindaca davanti ai cronisti che la inseguivano. Può darsi che, non conoscendo nel dettaglio le accuse e gli indizi in mano agli inquirenti, volesse avere da loro un quadro completo. Ora però tutte le carte sono in tavola. Quelle dei pm e le sue. E non c’è segreto investigativo (salvo che il verbale sia stato segretato dalla Procura) che giustifichi il suo silenzio. Troppi particolari, penalmente rilevanti o meno, usciti sulla stampa in questi giorni, richiedono un chiarimento definitivo all’opinione pubblica. Ai cittadini romani che attendono di essere governati.
Agli elettori anche di altri partiti che l’hanno votata. E ai militanti 5Stelle che chiedono trasparenza. Una conferenza stampa, un’ospitata in un talk show (l’ultima volta, a diMartedì, se la cavò piuttosto bene), un’assemblea pubblica: veda lei come rispondere ai tanti interrogativi che si addensano sul suo capo.
I) Quale esatta trafila ha portato Renato Marra, fratello del più noto Raffaele alla direzione Turismo del Comune? La decisione di promuoverlo in quella fascia dirigenziale (dalla 1 di dirigente dei Vigili alla 3 del Turismo), dopo averlo indotto a ritirare la domanda per una promozione più ambiziosa (a comandante della Polizia municipale, fascia 1), fu una sorta di “risarcimento danni” deciso autonomamente dalla Raggi, come prevede il Regolamento comunale che non contempla concorsi né raffronti con i curricula di altri pretendenti? O fu in qualche modo imposta o estorta dal tentacolare fratello, capo del Personale?
II) Quella scelta è compatibile con la versione da lei fornita all’Anticorruzione capitolina, e cioè che aveva deciso da sola, o gli interventi del tentacolare capo del Personale (anche sull’assessore al Commercio, Meloni) sono andati al di là delle normali chiacchiere di corridoio?
III) Si è parlato molto delle accuse lanciate all’altro pretendente alle “comunarie” dei 5Stelle, Marcello De Vito, dalla Raggi e dei suoi fedelissimi tra fine 2015 e inizio 2016 (a proposito di un accesso agli atti su un caso di condono edilizio e di un collaboratore di De Vito che per due anni usò il suo timbro per autorizzare se stesso a falsi permessi a spese del Comune): la deputata Roberta Lombardi, davanti ai pm, l’ha attribuito a Marra. Come e perché nacquero le accuse a De Vito? Erano mosse dalla preoccupazione di fare le pulci a un candidato attaccabile o dall’ansia di escludere un rivale scomodo? Quale diffusione ebbero quelle accuse nella base dei 5Stelle e quale influenza ebbero sull’orientamento degli 8mila votanti alle primarie grilline? E quali rapporti c’erano, allora, se c’erano, fra la Raggi e il suo entourage da un lato e Marra dall’altro?
IV) Una delle poche certezze, in questo ginepraio, è la guerra senza quartiere che si combatte fra i 5Stelle romani: da una parte gli amici della Raggi, ancora appoggiati dai vertici nazionali, e dall’altra quelli di Lombardi, De Vito e Fico. Una guerra intestina che si somma al bombardamento termonucleare delle tv dei partiti e dei media dei poteri finanziari e palazzinari, soprattutto dopo il no alla candidatura olimpica. La Raggi, sempreché riesca a fugare tutte le ombre di cui sopra, ritiene di poter reggere alle due guerre concentriche e continuare (o cominciare) a governare Roma, ben sapendo che la sua lapidazione – a cui ha contribuito anche lei con i suoi errori – continuerà fino all’ultimo giorno di mandato? Se sì, dica come e perché (magari chiedendo un chiarimento definitivo ai nemici interni). Se no, faccia quel che da un po’ di tempo le suggeriamo, a prescindere dalla veridicità delle accuse a suo carico: si dimetta, anche per non aver commesso il fatto.