Ci sono tre motivi almeno per essere contenti questa mattina: il primo è il superamento del quorum da parte de L’Altra Europa con Tsipras
che infrange un muro di isolazionismo per la sinistra italiana che è
durato troppo a lungo e che ora inizia a crollare; il secondo è la sconfitta sonora del progetto di Grillo di impossessarsi del Paese e di dettare l’agenda politica dopo aver surclassato il PD; il terzo è la fine indiscutibile dell’era berlusconiana.
Poi, dopo questi due motivi di contentezza politico – elettorale che
vanno giustamente vissuti e sottolineati, occorre riflettere sul
successo dilagante di Renzi. Perché di questo si tratta e non di una vittoria del “vecchio” Partito democratico. Non è il PD di Veltroni o Bersani che vince,
ma quello del capo del governo che, con mezzi e mezzucci, è riuscito a
far percepire ai mercati, alla borghesia italiana e a molti milioni di
cittadini anche trasversalmente collocati nella geografia sociale e
politica del Paese, che esisteva una alternativa di stabilità per le
istituzioni e per la rappresentanza degli interessi economici italiani
(si legga: della scalcinata imprenditoria italiana, non certo delle
lavoratrici e dei lavoratori) in seno all’Europa di Mario Draghi.
Ed infatti gli indici di piazza Affari volano, i mercati sorridono e si sfregano le mani.
Renzi vince, anzi “sfonda” al Nord. Grillo prevale al
sud. Ma non credo si possa parlare di voto di conservazione o di voto di
progresso in questa o in quella parte d’Italia. Certamente siamo
davanti ad una rivoluzione culturale di un Paese molto elastico, fluido,
per niente stabilizzato nella capacità di posizionarsi davanti alle
problematiche che ci si mostrano di volta in volta.
Ci sono milioni di italiani che votano sulla base di una istintualità
che prescinde da una analisi anche minima della fase in cui si sive e
questa non è una garanzia di stabilità per nessun governo e nemmeno per
nessuna opposizione.
Quindi è giusto il titolo del quotidiano o del sito Internet che
proclama: “Vince Renzi”. Perché Renzi vince e il suo governo ne esce non
rafforzato, ne esce consolidato e accreditato proprio nei confronti di
quella Troika che invece andava sconfitta.
E qui c’è la contraddizione massima: la Troika andava battuta non con
l’euroscetticismo che dilaga oltralpe, non con il voto all’omologo
italiano dei soggetti populisti di mezzo continente, quindi non con
Grillo e Casaleggio associati, ma con un voto che la sinistra non è
riuscita ad intercettare e a far diventare percentuale a due cifre.
I dati numerici assoluti sono quelli che ci consegnano una rivoluzione
politica in Italia, tuttavia, e anche in molti paesi europei: il grande
risultato di Syriza in Grecia, ad esempio, è oltre ad
un dato numerico assoluto anche un dato assolutamente politico di una
rilevanza storica. Parimenti preoccupa l’euroscetticismo di pancia che
avanza con la fascista Marine Le Pen in Francia, con Alba dorata nella patria di Tsipras, con l’Ukip britannico che addirittura sorpassa il Labour party e gli storici soggetti presenti nel Parlamento di Westminster.
Non è un voto politico, si dice. Invece lo è, perché determina non solo
equilibri nuovi in Europa, ma disegna un’Italia che rifiuta l’eversione
di Beppe Grillo e lo manda al tappeto: tre milioni di voti in meno
rispetto alle scorse elezioni politiche. Sono tantissimi e sono una sconfitta tremenda per il capocomico del movimento 5 Stelle
che ha evidentemente spaventato molte persone con il suo ribellismo
feroce, senza alcun dialogo con le altre forze politiche che hanno
proposto una alternativa alle politiche delle larghe intese.
Il dato della Lista Tsipras è un chiaroscuro. Una lista
boicottata da giornali e televisioni, persino da radio e Internet. Una
lista mostrata come residuale dai sondaggi che le hanno assegnato sempre
percentuali sotto quell’asticella del 4% per istillare la convinzione
nell’elettorato che non ce la potesse assolutamente fare.
Una lista che ha creato una campagna elettorale nazionale, su tutti i
territori, col semplice volontarismo e la passione di sempre delle donne
e degli uomini di sinistra: comunisti, socialisti e radicalsocialisti,
ambientalisti e libertari, giovani che si sono avvicinati alla politica
proprio perché c’era una alternativa alle tre scimmiette della politica
italiana: Grillo che non parla con nessuno, Renzi che non sente
(opportunamente) la crisi che avanza e svolge il suo sacro ruolo di
protettore della Troika nello Stivale e Berlusconi che non vede ormai la
caduta degli dei di Forza Italia.
L’Altra Europa con Tsipras passa quel quorum ed elegge i suoi parlamentari a Strasburgo nel Gue, nonostante tutto. E di questo fatto, politico a 360°, dobbiamo essere non soddisfatti ma persino quasi entusiasti.
E dico “quasi” perché non dobbiamo dimenticarci che il dato ottenuto
dalla lista raccoglie un elettorato sufficiente a librarsi in aria quel
tanto da non rimanere sotto lo sbarramento, ma non si può certo definire una grande vittoria politica.
E’ una vittoria numerica perché sorpassa di poco il 4% tagliola messo
per escludere chi può creare qualche noia ai manovratori. Ma una
vittoria politica è ben lungi dall’essere tale.
Dobbiamo dircelo senza infingimenti, senza mascherare con facili
entusiasmi un dato che ci consegna un bacino elettorale non lontano da
quello di Ingroia e Sel insieme (anzi, ridimensionato rispetto alle
ultime politiche, visti gli oltre 700.000 voti della lista del
magistrato siciliano e il milione e più di voti di Sel in coalizione
allora col PD di Bersani e con il Centro democratico). 1.107.000 voti
(circa; mancano ancora poche decine di sezioni al dato definitivo) sono
uno zoccolo duro ma non un successo elettorale: non certamente un
successo politico.
Si può affermare che sono elezioni di spessore differente, ma i numeri
hanno la testa dura e ci parlano. E non ci fanno un discorso
incoraggiante.
Io non voglio spegnere gli entusiasmi giusti di queste ore,
ma guardiamo freddamente i dati della sinistra italiana in mezzo al
generale scenario elettorale italiano e al più grande contesto europeo.
Che l’Italia riporti in Europa dei parlamentari di sinistra dopo anni e anni di esclusione dagli scranni di Strasburgo, è la vittoria cui dobbiamo applaudire.
Ma non spelliamoci le mani. Partiamo da qui: partiamo da un successo
numerico e trasformiamolo presto in un successo politico. Rilanciare la
sinistra in Italia sappiamo che oggi è possibile. Anche con pochi mezzi
economici supportati da tantissimo impegno e dedizione che non possono
che essere il fiore all’occhiello di un orgoglio che va rivendicato,
questo sì, spellandosi le mani applaudendo alle decine di migliaia di
compagne e di compagni che oggi possono dirsi felici dei dati che
vedono, seppure in mezzo ai chiari e agli scuri che purtroppo esistono
ma che non saranno determinanti per altre vittorie elettorali in Italia
domani.
Oggi in Europa e domani in Italia: Grillo ha subito una sonora battuta
di arresto. Ora pensiamo all’alternativa di sinistra ad un governo che
ha delle fondamenta così forti da sentirsi invulnerabile da qualunque
opposizione e attacco. Continuiamo a mettere prima le persone, davanti a
tutto. Questa è la strada sociale da non lasciare. La sola strada che
può far rinascere anche in Italia un sentimento sociale, egualitario,
una vera solidarietà di massa. Di questo abbiamo bisogno per riunire il
mondo del lavoro attorno ad una sinistra che comincia ora a risalire,
lentamente ma speriamo inesorabilmente, la china.
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