Il presidente Orfini ci informa che il Pd non sarà al corteo Anpi di Roma perché l’associazione partigiani è «divisiva». Ma chi divide chi, e per cosa? Avremmo apprezzato se il Pd avesse provato a evitare la frattura, ingiustificata, tra comunità ebraica romana e un pezzo della sinistra.a comunità ebraica non può non sapere che a sinistra il legame con il popolo d’Israele è stato ed è forte e radicato, mentre tale non è l’apprezzamento per le politiche dello stato d’Israele. I palestinesi esistono, e i loro diritti – ivi inclusa l’aspirazione a uno stato autonomo – sono largamente riconosciuti, certo non solo dall’Anpi. Etichettare i palestinesi di oggi come i discendenti del Gran Muftì non ha niente a che fare con la politica, quella vera. E quindi c’era ampio spazio per un partito serio che volesse operare per una ricomposizione ragionata e ragionevole. Il corteo Anpi poteva essere una felice occasione. Così non è stato. Al contrario, la pesantissima dichiarazione di un così alto esponente del Pd cade come una pietra su una associazione che è nella storia del paese assai più che il Pd.
È corposo il sospetto, da molti avanzato, che le parole di Orfini trovino la radice ultima nello scontro referendario, con l’associazione dei partigiani protagonista del No. E per quanto ci riguarda chi difendeva la Costituzione operava per unire, e chi la attaccava operava per dividere. Non partecipare a un corteo per il 25 aprile, con la motivazione data da Orfini, conferma che il Pd come partito non ha imparato dal 4 dicembre. Non aveva allora idea di cosa sia la Costituzione di un paese, e cosa significhi in termini di identità e di progetto di futuro. Non ha idea oggi di cosa significhi la celebrazione del 25 aprile, almeno per la parte del popolo italiano che il Pd vorrebbe rappresentare. Capiamo bene che l’attuale dirigenza Pd è nata molti anni dopo la Costituzione. Non ha vissuto la battaglia per la libertà, i diritti, l’eguaglianza, la solidarietà, la pace. Ma si può anche studiare e imparare. Per chi sa leggere, i libri di storia esistono per questo. E soprattutto le Costituzioni non si fanno secondo lo stato anagrafico di chi comanda, o per la voglia di mantenere la poltrona.
Dopo il 4 dicembre, avremmo pensato che convenisse al Pd riavvicinarsi ad un popolo di sinistra che aveva voltato le spalle al partito. Anche in una prospettiva biecamente elettoralistica sarebbe stata questa la scelta utile. Invece, risentiamo l’argomento che l’Anpi non rappresenta i veri partigiani. Che, a quanto pare, avrebbero dovuto essere e tuttora sarebbero, alla fine, quelli pronti all’obbedienza per il capo. Noi siamo invece lieti che ci sia un’associazione in cui trova spazio chi ha il coraggio di affermare la continuità con l’identità più profonda del paese, e di professare idee che certo non sono estranee al patrimonio storico della sinistra. Mentre il Pd conferma ancora una volta di dividersi, come partito, da pezzi del proprio mondo, di cui disconosce il senso e l’importanza. Una volta reciso il legame con l’Anpi, la sostituiremo forse con le associazioni dei boy scout? La colpa più grave del renzismo è avere tolto al Pd quel poco di identità che ancora aveva. Un partito innominato che, per non essere né di destra né di sinistra, risponde torpidamente all’ultimo sondaggio. Ma perché una persona di sinistra dovrebbe oggi votare Pd? Questa è una domanda che il gruppo dirigente dovrebbe porsi. Se non altro perché, se non guarda a sinistra, il Pd i voti dovrà pur sempre trovarli da qualche altra parte. E non è che i competitors in campo siano disponibili ad aprire spazi senza combattere. Questo i sondaggi ce lo dicono in chiaro, che si voti in autunno o dopo. Per il resto, Orfini stia sereno. Dovendo scegliere tra Anpi e Pd, non esiteremo.