Nel corpo a corpo ingaggiato dal leader del Pdl contro la Costituzione italiana, passato attraverso l’accaparramento dei mezzi di comunicazione di massa (in spregio all’art. 21 della Costituzione); attraverso progetti di grande riforma (bocciati con il referendum costituzionale del 2006 dal popolo italiano); mediane leggi ad personam per garantire l’impunità al Capo politico e agli uomini della sua Corte (bocciate dalla Corte costituzionale); nonché malattie impeditive (per i processi) e guarigioni miracolose per il ritorno alla vita politica, alla fine la palla è passata ai giudici che hanno pronunciato – probabilmente – l’ultima parola.
La sentenza pronunciata il 24 giugno dal Tribunale di Milano non ci dice soltanto che l’imputato Berlusconi è colpevole di corruzione per costrizione e di prostituzione minorile e per questo deve essere condannato a sette anni di reclusione ed interdetto in perpetuo dai pubblici, ci annuncia qualcosa di molto più importante.
Ci conferma che la Costituzione è viva ed i suoi meccanismi di garanzia funzionano ancora e possono sconfiggere l’arroganza del potere, fino al punto da rimuovere dalle funzioni pubbliche quei soggetti che hanno disonorato le istituzioni con comportamenti riprovevoli, censurati dalla legge penale.
Essa ci testimonia che il caposaldo costituzionale dell’indipendenza della magistratura, malgrado le difficoltà del tempo presente, non è stato ancora espugnato; che i giudici, malgrado le intimidazioni ricevute attraverso lo squadrismo, mediatico e non, di Berlusconi, malgrado la marcia dei 200 parlamentari che hanno occupato il Tribunale di Milano, malgrado Brescia, riescono ancora ad amministrare la giustizia in modo imparziale, senza piegarsi ai voleri dei potenti o cedere alla piazza.
Per questo, quei cittadini che hanno intonato il canto di “Bella ciao” alla lettura della sentenza hanno capito perfettamente il significato di questo evento: è una vittoria della Costituzione di fronte alla prova più dura che le istituzioni hanno dovuto affrontare nella vita della Repubblica.
Ed è naturale che questa sentenza faccia paura al Pdl, come ha dichiarato il capogruppo dei deputati Pdl, on. Brunetta: «Fa paura non solo e non tanto perché cerca di assassinare moralmente e politicamente Berlusconi, ma perché mostra agli italiani in che mani sia oggi la giustizia».
In realtà quello che fa paura ai cortigiani di Berlusconi è il fallimento dei loro ripetuti sforzi di addomesticare il controllo di legalità esercitato dall’autorità giudiziaria per garantire l’impunità del Capo politico e l’onnipotenza del suo sistema di potere.
Chi è immerso fino al collo in vicende di malaffare di ogni tipo ha perfettamente ragione ad avere paura della giustizia, se non riesce a controllare i giudici e ad annullarne l’autonomia.
Brunetta lamenta che “da ormai vent’anni si tenta di eliminare un competitor politico di altissimo calibro usando, di volta in volta, i processi, le sentenze, la mala giustizia” e quindi conclude che: “tutto ciò non è più accettabile. È arrivato il momento di dire definitivamente basta a questo attacco alla libertà”.
Dal suo punto di vista non gli si può dare torto!
Ormai siamo ai tempi supplementari, la partita sta per finire: o Berlusconi demolisce la Costituzione e mette – finalmente – sotto tutela la magistratura, oppure la Costituzione si sbarazzerà di Berlusconi, facendo sì – attraverso il controllo di legalità – che egli paghi il prezzo dei suoi discutibili comportamenti pubblici e privati, come succede per i comuni mortali.