Si è consumato in questa settimana un vero e proprio colpo di mano del Governo sull’informazione pubblica: agendo in piena estate, nel tempo in cui il livello dell’attenzione per le cose politiche naturalmente si abbassa, il Governo ha messo in atto una vera e propria purga nella dirigenza dei tre canali televisivi. L’ipotesi plausibile è che Matteo Renzi stia affilando le armi per la campagna referendaria che riprenderà, durissima, a settembre.
Lo fa mettendo in tasca uno straordinario vantaggio di partenza: quello appunto di un’informazione al suo servizio e in prevalenza schierata con la sua parte. Partire in vantaggio non è giocare secondo regole giuste. Se questa decisione arbitraria l’avesse presa il Governo a guida Berlusconi si sarebbero levate grida e denunce da giornalisti e quotidiani, da intellettuali e opinion makers. In questo caso, tutti (o quasi) tacciono. Sembra che il Partito di Renzi sia riuscito a mettere a tacere molta parte dell’opinione pubblica, sempre più allineata e, in questo senso, partitica. Un partito che conquista lo Stato e l’informazione: a questo rito pare che l’Italia si sia abituata, dovendolo sopportare ciclicamente.
Questa decisione del Partito al Governo di dominare preventivamente le tre reti televisive e fare dell’informazione un’arma propagandistica (tra l’altro con l’obbligo del contributo da parte dei cittadini che, anche in questo caso, non solo non hanno alcuna voce in capitolo, ma sono resi corresponsabili di quel che altri vogliono in loro nome e non necessariamente per il loro interesse) è ovviamente da condannare, nel nome della cittadinanza democratica, delle regole del gioco, dei principi liberali e costituzionali.
Gli ispiratori e sostenitori della revisione della Costituzione Renzi-Boschi amano rifarsi al premierato inglese e al presidenzialismo statunitense quando magnificano questa proposta. Eppure mancano di osservare che in quei due Paesi il sistema dell’opinione pubblica è o una parte debole in un sistema privato pluralistico (Usa) oppure è davvero un servizio pubblico al servizio del pubblico e quindi libero dal dominio della maggioranza eletta o del governo: in Inghilterra la Bbc è soggetta a un’authority autonoma e indipendente.
I sostenitori del governo forte, per i quali le ragioni del Sì sono come la medicina che dovrà curare tutti i mali della democrazia italiana, tralasciano di dire che -per non diventare governo della forza- il governo democratico deve potere contare su certi robusti contrappesi, sia istituzionali che extra-istituzionali. L’informazione è tra questi ultimi, chiamata non a caso il Quarto Potere per l’influenza che riesce ad esercitare nel formare le opinione dei cittadini, operando, come si legge nel Gorgia di Platone, affinché le informazioni siano cucinate con gli intingoli giusti per essere credute o non, secondo l’intenzione di chi comanda.
Se davvero i sostenitori del Sì alla revisione della Costituzione vogliono fugare i dubbi sui rischi ben poco democratici di concentrazione del potere decisionale devono criticare questa decisione e chiedere quel che Matteo Renzi aveva promesso, quando fece la sua campagna per diventare Segretario del PD: liberare la Rai dal giogo dei partiti, di tutti i partiti, e soprattutto di quelli che hanno il potere della decisione e del governo.