Da donna, sono contraria alle quote rosa nelle liste elettorali. E l'attuale dibattito che si è sviluppato in Italia, a rimorchio della discussione sull'Italicum in corso alla Camera, mi rattrista perché è la spia dell'arretratezza culturale del nostro paese. Non siamo un paese scandinavo e si vede: da noi, parità e diritti sono ancora oggetto di discussione, come se fossero discutibili, come se non avessero a che fare con il sano concetto di uguaglianza, come se fossimo ancora nel Medioevo della caccia alle streghe e non in un'epoca comunque posteriore alla Rivoluzione francese. Sostenere che abbiamo bisogno di una legge sulle quote rosa proprio per via di questa arretratezza culturale, è argomento che non mi convince. Soprattutto quando si prendono in considerazione percentuali diverse dal 50 % di uomini e 50% di donne in lista, tipo quel 60 (uomini) 40 (donne) di cui si parla nelle ultime ore. Senza dilungarmi, ne elenco solo 5 di motivi per cui una norma del genere non è utile a risolvere il problema della parità di genere e rischia magari di essere controproducente.
1. Trovo sempre allarmante qualunque ragionamento fondato su una idea di differenziazione tra esseri umani: uomini-donne, bianchi-neri, ricchi-poveri e così via. Perché chiedere le quote rosa e non quelle per i senza tetto, per dire? Non meriterebbero anche loro di entrare in Parlamento, godere del diritto inalienabile e sancito per legge di un posto in lista? E mi fermo qui sulle categorie sociali, il senso del ragionamento credo sia chiaro. Tutti sono uguali davanti alla legge. Nessuno può diventare 'più uguale degli altri' solo perché parte da una condizione di svantaggio. Di svantaggiati nella società ce ne sono: non è 'solo' una questione di genere, lo è 'anche'.
2. Non mi piace l'idea di 'chiedere al maschio' di avere un posto in lista. Il posto in lista si guadagna sul campo, anche con la solidarietà tra donne, le lotte, la partecipazione. Supplicare per ottenere di essere candidata o ricandidata - come lascia pensare l'accanito dibattito delle parlamentari - è sintomo di sudditanza al potere, che spesso è maschile in questo paese. Si dirà: come si fa a sconfiggere un 'nemico' del genere? E' dura, lunga, trattasi di rieducazione culturale nelle scuole ma vi risparmio il 'pippone' sull'argomento. In ogni caso, non esistono bacchette magiche: nemmeno quelle legislative lo sono.
3. Cosa succederebbe se in una data circoscrizione elettorale emergessero tantissime donne in gamba da candidare, così tante da superare gli uomini in gamba? Cosa succederebbe se per legge fosse sancita la parità assoluta 'fifty-fifty' o se fosse stabilita la versione più 'soft' di 60% di posti per gli uomini e 40% per le donne? Succederebbe che la legge strangolerebbe una realtà evidentemente più avanzata della legge stessa.
4. L'aggravante del dibattito italiano sta nell'aver esaminato la possibilità di uscire dal seminato del 'fifty-fifty' per acconciarsi a soluzioni tipo quella del 60/40, nel tentativo di andare incontro alle resistenze di Forza Italia. Un rimedio peggiore del male, che dovrebbe offendere tutte le donne. Perché qui addirittura si esce dal terreno della parità assoluta, seppur deprecabile se stabilita per legge, per entrare in quello della disparità, che sarebbe assoluta proprio perché messa nero su bianco per legge.
5. Difficile non sospettare una certa strumentalità politica nelle argomentazioni di taluni sostenitori degli emendamenti sulle quote rosa in Parlamento. Ma, si sa, la battaglia politica contiene sempre ampie dosi di strumentalità, purtroppo. E preferisco non addentrarmi su questo terreno. Faccio solo notare che, mentre infuoca la discussione sulle quote rosa in lista, in commissione alla Camera ancora giace il testo contro quella terribile pratica chiamata delle 'dimissioni in bianco' sul posto di lavoro. Questa sì che sarebbe una norma di civiltà: riguarda soprattutto le donne, in quanto sono spesso loro le vittime di una consuetudine ancora strausata in Italia. Ma in realtà riguarda tutti, perché i meccanismi che stritolano i diritti spesso non guardano in faccia al genere maschile o femminile. Soprattutto in tempi di crisi economica.
Ps: Per una svista ho scritto che il provvedimento contro le dimissioni in bianco è ancora fermo in commissione alla Camera. In realtà, il testo è approdato in aula venerdì scorso, quando si è svolta la discussione generale. Mi scuso per l'imprecisione, sperando di avere torto anche sulle lungaggini che bloccano l'approvazione del provvedimento.