Il referendum deve accettare o respingere le modifiche della Costituzione della legge Renzi-Boschi. Per mesi il referendum è diventato un plebiscito su Renzi, dal cui esito dipenderebbe la vita del governo. Qualcuno ha spiegato al premier che un referendum all’insegna del “con me o contro di me” presenta rischi per la sopravvivenza del governo. Tanto più che i risultati del governo sono quasi inesistenti. Dopo i consigli di prudenza, interpretati da Renzi con l’accusa al No di personalizzare contro di lui, come nella favola del lupo e dell’agnello, la musica avrebbe dovuto cambiare.
Non è successo perché sul referendum vengono caricati ricatti e tensioni inaccettabili. Dopo le banche di affari internazionali, che hanno da tempo nel mirino le democrazie uscite dalla Resistenza, ora entrano in campo poteri economici e finanziari internazionali che evocano sfracelli economici se dovesse vincere il No. Nelle prossime settimane la pressione aumenterà. Ne vedremo delle belle. Prima i parlamentari italiani, con legittimazione discutibile, hanno approvato lo scasso della Costituzione sotto il ricatto del “tutti a casa”. Ora il ricatto si trasferisce sull’intero Paese: o approvate le modifiche, o arriveranno disgrazie di ogni natura. Malgrado ricatti crescenti l’esito del referendum non è scontato.
C’è chi propone modifiche della legge elettorale (Italicum) in cambio del Sì alle modifiche costituzionali. Un legame stretto tra i provvedimenti c’è, non a caso dalla legge elettorale è stato tolto il Senato. Il risultato delle due leggi è un premierato forte, un governo a cui l’unica camera, che dà la fiducia, è subalterna, un Senato ridotto a dopolavoro di lusso per consiglieri regionali, un accentramento di poteri a danno delle Regioni e Comuni con vincoli sempre più stretti, un sistema elettorale simile al porcellum, che per i due terzi consente ai capi partito, non agli elettori, di nominare i deputati, nessun senatore verrà più eletto.
La legge elettorale con il premio di maggioranza crea differenze nel valore del voto degli elettori. Il principio dell’articolo 48 (il voto è eguale) viene svuotato dal combinato delle modifiche della Costituzione e dall’Italicum. È il destino dei princìpi della prima parte della Costituzione. Nessuno ha il coraggio di rottamarli ma si tenta di svuotarli con le modifiche della seconda parte e con l’Italicum. Così si ribalta l’attuale Costituzione, rendendo il parlamento subalterno al governo. Per questo non basta cambiare l’Italicum, ma vanno bocciate anzitutto le modifiche della Costituzione. Non pochi sostenitori del Sì ammettono che le modifiche della Costituzione sono mal scritte, a volte sbagliate, ma rispondono fiduciosi che il prossimo parlamento provvederà agli aggiustamenti, sembrano ignorare che sarà quello nominato con l’Italicum. La Costituzione andrebbe scritta con cura, ma è inaccettabile che chi ha sbagliato sia protagonista delle future correzioni.
Deputati e senatori Pd, compresi alcuni che hanno votato le modifiche costituzionali, si sono schierati ora per il No. Franco Monaco, storico esponente ulivista, ha motivato la scelta in polemica con Arturo Parisi e dimostrando che la coerenza tra questi testi e il programma dell’Ulivo è inventato.
Il tentativo di scambiare modifiche all’Italicum e voto Sì nel referendum sottovaluta che entrambi i testi sono inaccettabili e la loro combinazione accentua l’accentramento dei poteri nelle mani del governo e del Presidente del consiglio.
Fin dall’11 gennaio 2016 il Comitato per il No ha avanzato le critiche di merito, perchè conta l’oggetto su cui si vota e sulla Costituzione tutti dovrebbero giudicare il merito e non votare per altre ragioni, o peggio sotto ricatto.