1. «Al referendum si vota per abolire il Senato».
Falso. Il Senato, seppur ridotto di poteri e per numero
di senatori, continuerà a esistere, nello stesso Palazzo in cui si
trova. Sembra ovvio, ma solo pochi giorni fa una tivù nazionale ha
mostrato un cartello secondo il quale si sarebbe votato «per abolire il
Senato». Lo stesso Renzi oggi a Firenze ha detto testualmente che «non
esisteranno più i senatori», un'evidente falsità.
2. «Con la riforma si faranno le leggi più in fretta».
Falso. A parte le materie in cui il Senato mantiene
funzione legislativa paritaria ("leggi bicamerali"), negli altri casi il
Senato può proporre modifiche per una seconda lettura alla Camera e in
molti casi la Camera, per approvare le leggi senza conformarsi al parere
del Senato, deve poi riapprovarle a maggioranza assoluta dei suoi
componenti (non basta quella dei presenti in aula). In tutto, sono una
decina le diverse modalità possibili di approvazione di una legge. Il
che porterà non solo a una serie di rimpalli, ma soprattutto a conflitti
sulla tipologia a cui appartiene una proposta di legge, quindi sul suo
iter.
3. «Il nuovo Senato abbatterà i costi della politica».
Parzialmente falso e di sicuro molto esagerato. I
risparmi consistono nel fatto che i nuovi senatori (in quanto
consiglieri regionali o sindaci) non saranno pagati per le loro funzioni
senatoriali, ma avranno comunque le spese di trasferta a Roma dalle
Regioni di provenienza e probabili forme di rimborso. Il personale di
palazzo Madama che non resterà al Senato verrà trasferito. Si calcola
ottimisticamente che il risparmio sulle spese oggi a carico di Palazzo
Madama sarà di circa il 20 per cento rispetto alle spese attuali. Una
riforma che avesse avuto come obiettivo il risparmio sui costi della
politica avrebbe potuto dimezzare il numero complessivo dei parlamentari
(315 deputati e 150 senatori, totale 450) ottenendo risparmi molto
maggiori. Con questa riforma i parlamentari stipendiati restano infatti
630 (i deputati), più i rimborsi e le trasferte a Roma dei 100 senatori.
4. «Il nuovo Senato non sbilancia i contrappesi democratici».
Falso, se combinato con l'Italicum. La legge elettorale
per la Camera (Italicum) assegna al partito vincente e al suo leader il
controllo di 340 seggi. Data l'assenza di un'altra Camera con funzioni
legislative altrettanto forti, ne consegue un accentramento di potere
nelle mani dell’esecutivo e del premier. Inoltre nelle elezioni in
seduta comune con i senatori (ad esempio per la scelta del Presidente
della Repubblica e dei membri non togati del Csm) questo meccanismo
consegna al premier un potere molto maggiore. La possibilità che il
Quirinale diventi un'espressione più diretta della sola maggioranza
rende a sua volta maggiori i poteri del premier anche nell'elezione dei
giudici della Consulta: la maggioranza di governo ne esprimerebbe
direttamente 3 (tramite la Camera) e altri 5 attraverso il Presidente
della Repubblica (se questi fosse espressione della sola maggioranza),
più altri 2 se la maggioranza al Senato è la stessa che c'è alla Camera.
Quindi su 15 giudici della Consulta un numero tra 8 e 10 (su 15)
rischia di essere scelto direttamente o indirettamente dalla maggioranza
di governo.
5. «Con il nuovo Senato ci sarà più stabilità».
Potenzialmente falso. La maggiore stabilità c'è se
al ballottaggio per la Camera vince lo stesso partito che ha già la
maggioranza al Senato, il che non è scontato. Ad esempio, se nascesse
domani, il Senato previsto dalla riforma Boschi sarebbe a grande
maggioranza Pd (in quanto eletto dai consigli regionali quasi tutti Pd)
ma se poi al ballottaggio per la Camera vincesse il Centrodestra o il
M5S si creerebbe una conflittualità perenne tra Camera e Senato.
6. «Il nuovo Senato ricalca il modello tedesco».
Falso. In Germania i membri del Bundesrat sono
vincolati al mandato ricevuto dai governi dei Länder di provenienza. In
altre parole, devono votare come deciso dai loro Länder e così ne
rispecchiano la volontà, ne sono espressione diretta: in modo da
costituire un contrappeso federale e locale al potere centrale. Secondo
la riforma Boschi, invece, i senatori non hanno alcun vincolo di mandato
rispetto alla regione di provenienza, quindi non ne esprimono le
volontà: sono solo espressioni dello loro appartenenze
politico-partitiche.
7. «Il nuovo Senato aumenta la rappresentanza locale quindi il federalismo»
Falso. Al contrario, la riforma Boschi toglie alle
regioni molti margini legislativi e ne riduce autonomia (salvo le
Regioni a Statuto speciale). L'ambiguità del testo e il rimando a leggi
ordinarie aumenterà inoltre il contenzioso tra Stato e Regioni.
8. «La Costituzione è uguale da 70 anni, basta!».
Falso. Dal 1948 a oggi la Costituzione è già stata
modificata diverse volte anche su questioni importanti: dall'istituzione
delle Regioni al pareggio di bilancio, dal Titolo V sulla struttura
dello Stato fino all'abolizione completa della pena di morte. Si può
discutere se una modifica è o è stata un miglioramento, ma è difficile
sostenere che la Costituzione italiana sia inerte e uguale a se stessa
da 70 anni.
9. «Se vincono i no Renzi si dimette e sarà il caos».
Falso e ricattatorio. Non è costituzionalmente un
referendum su Renzi: nessuno lo obbliga a dimettersi se vincono i no.
Quello che sta facendo il premier è quindi un ricatto politico che
distorce il voto su una cosa più importante di qualsiasi premier "pro
tempore", cioé la Costituzione. I premier passano, la Costituzione li
trascende. In ogni caso, anche se Renzi si dimettesse, il presidente
Mattarella potrebbe dare un altro incarico per terminare la legislatura,
che del resto ha già avuto un altro governo con la stessa maggioranza
prima che ci fosse quello di Renzi.
10. «Questo referendum è la scelta tra l'Italia che dice sì al futuro e l'Italia che sa dire solo no»
Falso. Questo referendum è solo la scelta tra chi
ritiene che la riforma Boschi sia migliorativa della Carta attuale e chi
ritiene che sia peggiorativa. La formuletta mediatica "Italia dei sì
contro Italia dei no" è, di nuovo, svilente rispetto alla rilevanza
della Costituzione, legge fondamentale del nostro vivere comune che non
ha nulla a che fare con la narrazione renziana, con la presunta o reale
modernità del premier. Allo stesso modo, questo referendum non ingabbia
chi è contrario alla riforma Boschi tra quanti ritengono immodificabile
e non migliorabile la Costituzione: semplicemente, chi vota no ritiene
che queste modifiche non siano migliorative ma (nel loro complesso e fatto il bilancio) prevalentemente peggiorative.