l 12 ottobre, contro ogni aspettativa, piazza del Popolo in Roma si è riempita di persone provenienti da ogni parte di quella che schematicamente definiamo sinistra. Nonostante il silenzio di quasi tutti i media, quella manifestazione è riuscita molto bene. Ed è riuscita a mettere insieme pezzi del Paese che raramente hanno modo di discutere tra loro. Un ottimo risultato. Poi il silenzio, assordante per chi aspettava, e aspetta ancora, un cenno da parte degli organizzatori per capire “chefare” dopo. Dall’altra parte, nonostante il gran baccano su Berlusconi e Cancellieri, lo smontaggio pezzo a pezzo della Costituzione continua.
E la cultura politica sprofonda ogni giorno di più fino ad arrivare al grottesco “dicono che ho le palle d’acciaio”.
Non è per nulla facile il “che fare”, ancor meno in un momento come questo. Ci vogliono tempo e pazienza. Ma nella prima metà di dicembre ci sarà un altro importante appuntamento alla Camera, il terzo passaggio del testo di modifica dell’art. 138. È pericoloso toccare quell’articolo.
Potremmo partire da qui per dare continuità alla strada cominciata insieme il 12? Il senso non è mai stato costruire un partito o un nuovo movimento politico. Il senso è rimettere al centro la Costituzione. Divulgarla, farla diventare sentire comune e condiviso dalla più ampia parte della popolazione possibile. Impresa ardua, ma giusta, indispensabile e non impossibile. Buttiamo lì una idea, frutto di elaborazione collettiva: si torni in piazza a parlare di Costituzione. Ma non con un’altra grande manifestazione. Da soli, o in piccolissimi gruppi. In tutte le piazza di ogni città e di ogni paese. Con la Costituzione in mano, da leggere ad alta voce, e ad attaccar bottone con chi mostra segni di interesse. Spiegandola, raccontandola, indicandola, anche, come via di uscita praticabile per la crisi culturale, economica e politica che blocca il nostro paese.
A Milano, in piazza Duomo, un tempo, era abitudine sostare nei capannelli per discutere di ogni cosa. E in quei capannelli se ne è fatta tanta di politica. E anche da quei capannelli, sono partite le lotte sindacali operaie e studentesche che han costruito la Milano democratica che oggi è solo un lontano e sbiadito ricordo.
E non mi si prenda per nostalgico: sono gli stessi capannelli ad aver dato vita alle primavere arabe, o alla rivolta contro il regime turco. Perché la parola è potente, e la conoscenza temuta dal potere. Allora costruiamo conoscenza con le parole, l’unico strumento alla portata di tutti. Diamo un segnale positivo, diamo fiducia ad un percorso che darà forza e consistenza a chi si ostina a pensare che i temi che legano gli articoli della Costituzione siano gli unici temi della Politica. Perché se la Politica non si occupa di lavoro, giustizia sociale, redistribuzione della ricchezza, salute, scuola, cultura, pace allora smette di essere con la p maiuscola. E da politica diventa l’impegno di chi vuole conservare i propri privilegi e quelli delle caste o delle corporazioni che lo sostengono a costo di camminare sulla sofferenza di un intero Paese.