Un 25 aprile non retorico - la strage del pian del Lot

di Antonio Caputo - huffingtonpost.it - 31/03/2017

Quest'anno sono stato chiamato a pronunciare l'orazione ufficiale in memoria della terribile strage nazista del Pian del Lot, nel torinese.

Il pretesto dell''eccidio di Pian del Lot, un delle oltre 5mila stragi nazifasciste in Italia tra il 1943 e il 1945, fu originato dall'uccisione di un caporale tedesco, Walter Wohlfahrt , la sera del 30 marzo 1944, mentre attraversa il ponte Umberto I° a Torino.

 

Scatto' immediatamente la rappresaglia, come a Roma con le Fosse ardeatine e in tanti altro luoghi , mentre La Stampa di Torino, grande "bugiarda" secondo l'intercalare del popolo torinese , dopo l'eccidio del 3 aprile, il 4 aprile 1944, scriveva testualmente:"Delinquenti abituali, liberati in gran parte dalle carceri, dopo il 25 luglio, dal governo Badoglio, manovrati per guastare il buon accordo fra italiani e germanici, macchiati di delittuose gesta, all'alba di ieri, domenica, sono stati passati per le armi".

 

All'alba del 2 aprile 1944 i ventisette prigionieri dei tedeschi vennero fatti salire sui camion e portati verso la collina torinese .

Tra essi, quindici partigiani delle brigate Garibaldi, catturati in val di Lanzo e val Luserna, due Partigiani di Giustizia e Liberta', i fratelli Antonio, Giuseppe e Michele Cumiano, Alfredo Natale Bruno, arrestato a Torino in seguito ad uno sciopero, Luigi Parussa e cinque Partigiani del quartiere Borgo Vittoria, frequentatori della cricca del Moro, un Osteria popolana situata tra le attuali via Gramegna e via Giachino.

 

Racconta del suo diario il Partigiano Oscar, prigioniero alle Nuove di Torino e a cui toccò insieme ad altri il compito di ricoprire la fossa di Pian del Lot: "...son da poco partiti i prigionieri, entra un tedesco e prende dieci di noi, ci fanno salire su un camion, veniamo portati in collina, vicino alle batterie contraeree tedesche. Qui si trovano, fascisti tedeschi e numerose persone legate con le mani, sono i nostri compagni. A colpi di mitraglia e di pistola il massacro è già in atto".

 

Sarà proprio lui, Giovanni Borca, il Partigiano Oscar,finita la guerra, ad indicare il luogo dell'eccidio, e a permettere così ai parenti delle vittime di poter rendere degna sepoltura ai loro cari.

Una domenica mattina dell'autunno 1945, sfidando autorizzazioni e ristrettezze economiche, con una prima lapide commemorativa spontanea. In via Giachino angolo via Gramegna, davanti all'Osteria , gli abitanti del borgo hanno voluto ricordare gli amici della cricca del Moro; con una una sottoscrizione e ii proventi di una serata danzante alla sala da ballo Lutrario, tuttora aperta, con il nome Le Roi..

il 3 aprile ci sara' anche la Sindaca di Torino Chiara Appendino.

Parlero' a nome della Fiap, Federazione Italiana Associazioni partigiane, fondata da Ferruccio Parri, primo presidente del Consiglio dell''Italia liberata dopo la guerra, il mitico comandante Maurizio, reisstente mazziniano d'impronta risorgimentale e azionista, che da capo del governo del CLN dormiva a casa propria e, quando si faceva tardi , a Palazzo Chigi su una branda da campo militare del tempo in cui era combattente, gia' ufficiale di cavalleria nella prima guerra mondiale, e quindi nella seconda, per poi andare con la Resistenza dopo l'8 settembre...

Con il rischio lunedi 3 aprile 2017 , e non solo, di una celebrazione rituale e retorica, che le oltre 20mila persone innocenti vittime dello stragismo nazifascista non meritano.

Mi chiedero' che cosa e' rimasto di quella lezione di chi seppe resistere con la schiena dritta e mi rimarra' il senso di una Resistenza non gia' "perfetta", secondo la definizione di Giovanni De Luna, ma incompiuta.

Per tanta codardia, ignavia e inadeguatezza di chi quei valori non ha saputo trasmetterli.

Il ricordo struggente di Walter Rossi,studente 18enne, tyrucidato al pian del Lot, aveva appena superato con merito la licenza liceale.

Non era un combattente.

Non era un guerriero.

Era un partigiano.

Era un buono, un idealista, un'anima bella.

Un generoso.

Lo chiamavano Zanzara. Fragile con una figura acerba e scarna. In Val Pellice era caduto nelle mani dei suoi carnefici, in occasione di un rastrellamento, per essersi attardato durante il ripiegamento della sua formazione, per tentare di salvare feriti intrasportabili nascondendoli sotto ramaglie e fascine, per sottrarli alla furia della soldataglia tedesca.

Era un infermiere.

Aveva soprattutto la colpa imperdonabile di essere ebreo.

E lui l'aveva dichiarato, quasi come una sfida, in risposta a chi lo aveva accusato di essere un vigliacco perché a 18 anni non era arruolato nelle masnade convocate dal nefasto Manifesto Graziani.

"Io sono un ebreo... per me la vita è sacra!".

2 anni fa e' mancato ai vivi, superato il secolo di vita, un grande amico, l'avv.Massimo Ottolenghi, partigiano di Giustizia e Liberta', fu anche direttore del quotidiano Gisutizia e Liberta' nel 1944/1945; vi scrivevano anche Giorgio Bocca e Carlo Casalegno.

Qualche anno fa egli fu chiamato a pronunciare l'annuale orazione ufficiale al Pian del Lot, il 3 aprile.

Le sue parole di allora, la sua amarezza , il suoi rimpianto, il suo dolore di partigiano combattente ma anche la sua rabbia sono la', e generano, come scriveva Albert Camus, un sentimento di "rivolta":

"Quando mi è stato prospettato l'onore di intervenire a questa manifestazione, subito mi è sorto un interrogativo assillante. Un interrogativo che devo porre anche a voi, impellente e bruciante.

Un interrogativo che non si può eludere.

Un interrogativo che impone una risposta a tutti noi e a tutti gli italiani.

Che impone una risposta.

Oggi siamo noi ancor degni di dire, di parlare, di invocare valori?

Di ricordare di commemorare e soprattutto di onorare questi morti?

In coscienza purtroppo "NO!". Questa è la sola risposta.

La sola che ho sentito salire immediata, bruciante e umiliante.

Non si può, testimoniare, far rivivere ricordi dolorosi e pur anche solo onorare caduti e rievocarne la storia se dal loro sacrificio non se ne è ricavato insegnamento.

Non si può, se non si è quantomeno tentato e imparato a difendere quei valori per i quali essi si sono battuti e sacrificati.

Non si può, se non si è capito che libertà giustizia e democrazia, una volta conquistate, vanno difese, a qualunque prezzo.

Gli italiani tutti, purtroppo, anche quelli della mia generazione (che pure ha apportato con tanto sacrificio il gran dono della Costituzione), hanno permesso che questa venisse calpestata e offesa, che le istituzioni venissero occupate da caste e camarille, da uomini indegni che ne hanno fatto scempio e strame, strumento di poteri particolari e personali contro lo Stato stesso.

Tutti sudditi, anziché cittadini, proni alla ricerca di "padroni", di "Uomini della Provvidenza", di "guru", saltimbanchi e ciurmadori, dispensatori della miracolosa Dulcamara...

Tutti quanti nella speranza di partecipare al banchetto: i furbi di sempre.

Di fronte a questi ragazzi che sono il futuro noi, ai nostri caduti e a loro, non possiamo che rivolgere una parola, "Perdono".

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