Tra poco Expo aprirà le porte. I lavori di sistemazione dell’area e per le infrastrutture sono in ritardo, accelerazioni dell’ultimo momento metteranno il sito in condizioni di aprire ma non al riparo da un prevedibile insuccesso. Ripercorrere la storia di Expo serve a capire in che modo è stata gestita questa vicenda, che ha inizio il 31 marzo 2008 quando il Bie ha assegnato l’organizzazione della manifestazione a Milano. Il 1° dicembre dello stesso anno viene fondata Expo 2015 Spa, il cui amministratore delegato è Giuseppe Sala. La Spa è composta da Governo (40%), Comune di Milano (20%), Regione Lombardia (20%), Provincia di Milano (10%) e Camera di Commercio (10%). Scopo sociale la realizzazione, gestione ed organizzazione dell’Expo; è assegnataria dei finanziamenti pubblici degli Enti finanziatori.
La scelta su dove tenere l’Expo ricade sull’area di Rho-Fiera, una delle aree più trafficate, congestionate ed inquinate d’Italia, stretta tra la ferrovia, l’autostrada, la tangenziale e collocata proprio di fianco al polo fieristico. Questa scelta è un grosso regalo a Fiera Milano, proprietaria di gran parte dei terreni, nel comitato promotore di Expo 2015 e socia di Arexpo. La richiesta di tenere Expo nei padiglioni della Fiera, una struttura inaugurata nell’autunno del 2005 che dispone di 345mila metri quadri di spazi espositivi coperti e 60mila all’aperto, è stata ignorata in quanto la valorizzazione fondiaria dell’area ed il finanziamento di risorse pubbliche sono i veri obiettivi di Expo (tra costi dell’area, costi di realizzazione e per le infrastrutture superano i 10 miliardi). Il 1° giugno 2011, dopo la vittoria di Pisapia a Milano, viene costituita la società Arexpo, che ha acquisito il milione di metri quadri su cui sorgerà il sito. Al momento della sua costituzione le partecipazioni erano: Regione Lombardia col 34,67% del capitale, Comune di Milano col 34,67%, Fondazione Fiera Milano col 27,66%, Comune di Rho col 1% e Provincia di Milano con il 2%.
L’ingresso di Fiera Milano in Arexpo, sostenuto dall’ex presidente della regione Formigoni, oltre a garantire forti legami con la Compagnia delle Opere, ha fatto sì che quando si è proceduto all’acquisto delle aree i proprietari di una parte di quei terreni erano anche tra i compratori. Tra i compiti istituzionali affidati Arexpo si occuperà “della valorizzazione e la riqualificazione del sito espositivo….anche attraverso la possibile alienazione del compendio immobiliare di proprietà della Società nella fase post-Expo”. Già, perché comunque vadano le cose, dopo il 31 ottobre quell’area sarà alla mercé di forti appetiti speculativi. All’avvio dei lavori, il 24 ottobre 2011 l’impresa CMC di Ravenna (un colosso del mondo delle cooperative, fa parte di LegaCoop politicamente vicina al PD) ha vinto l’appalto per la rimozione delle interferenze (ovvero la pulizia del terreno prima della fase di costruzione), con un appalto al massimo ribasso di oltre il 42%; 58 milioni su una base d’asta di 90 (fonte: Sole 24 Ore).
Un anno dopo l’aggiudicazione ha chiesto ed ottenuto a Expo Spa 30 milioni di extra-costi per “lavori non previsti”: la cifra esatta per tornare alla base d’asta iniziale. La CMC lavora anche alla costruzione del Tav in Val di Susa, alla base Usa Dal Molin, al nuovo porto commerciale di Molfetta, tutte oggetto di inchieste della magistratura. Alla rimozione delle interferenze lavorava anche la Ventura Spa, esclusa dal cantiere a gennaio 2013 per infiltrazioni mafiose. Il 14 settembre 2012, l’impresa ATI Mantovani si aggiudica l’appalto per la costruzione della piastra (ovvero la base su cui viene costruito il sito Expo), sempre col sistema al massimo ribasso scendendo al 41,8% dai 272 milioni iniziali ai 165 milioni. Azienda veneta politicamente vicina a Forza Italia ed all’ex presidente della regione Veneto Galan, la Mantovani ha lavorato alla costruzione della tangenziale di Padova, della terza corsia della tangenziale di Mestre e del Mose a Venezia; il presidente Piergiorgio Baita sarà arrestato il febbraio successivo nell’ambito di un’inchiesta sul Mose. Expo Spa si avvale per la gestione di molti appalti (gestione dei bandi, direzione lavori…) di due aziende pubbliche che operano nel campo: MM (Metropolitana Milanese) e Infrastrutture Lombarde (controllata dalla Regione Lombardia). MM, Spa controllata dal Comune di Milano, è nata nel 1955 per progettare la metropolitana di Milano, si occupa di trasporti, ingegneria e servizio idrico.
Ha il compito di gestire gli appalti dei lavori sul sito, coordinare i lavori di bonifica e dirigere i lavori del canale della Via d’acqua, uno dei più assurdi, dispendiosi ed inutili lavori previsti nell’area e fortemente contrastato da Comitati locali. Nel 2013 le imprese Maltauro e Tagliabue si aggiudicano l’appalto per i lavori “Via d’acqua” con un’offerta di 42 milioni, appalto pilotato e per il quale l’ex sub-commissario di Expo Antonio Acerbo (già direttore generale di palazzo Marino con la giunta Moratti), il costruttore Giandomenico Maltauro e Andrea Castellotti (già direttore generale della società Tagliabue poi promosso a facility manager del Padiglione Italia) hanno raggiunto un accordo con la Procura per il patteggiamento delle loro condanne. Infrastrutture Lombarde è invece la società creata dalla Regione Lombardia nel 2004; gestisce i maggiori appalti pubblici regionali per un giro di affari di 11 miliardi. Il direttore generale è sempre stato Antonio Rognoni fino a poco prima del suo arresto per falso, truffa e turbativa d’asta.
Uno degli appalti contestati riguarda proprio Expo: 1,2 milioni di euro sugli incarichi di consulenza legale. Infrastrutture Lombarde possiede anche il 50% di CAL la società concessioni autostradali lombarde che è ente concedente di alcune autostrade di nuova costruzione come la BRE.BE.MI., TEM (tangenziale est esterna di Milano) e Pedemontana. La gran parte di queste opere stradali ed altre minori saranno attrattive di ulteriore traffico su gomma ed inquinamento e traggono da Expo velocizzazione negli iter autorizzativi e nei finanziamenti. Tutto quanto detto conferma che Expo ha mosso enormi interessi in un sistema di spartizione bipartisan tra Centrodestra e Centrosinistra, ben sintetizzato dalla presenza dei ministri Maurizio Lupi (area Cl) alle infrastrutture e Giuliano Poletti (Pd, uomo di Legacoop) nel governo. Sistema che non ha niente a che vedere con i bisogni del territorio e della città.
Sul versante del lavoro le cose non vanno meglio: è ormai chiaro che la promessa dei 70mila posti di lavoro garantiti da Expo è una bugia, mentre affiorano lavoro precario, lavoro nero, mancanza di diritti e sicurezza, ciò anche grazie agli accordi approvati dai sindacati confederali. E’ previsto un massiccio impiego di volontari inducendo migliaia di giovani a prestare il proprio lavoro gratis in cambio di una menzione da citare nel curriculum. Escludendo così la possibilità di assumere i lavoratori precari del comune, che gia lo scorso luglio hanno protestato per l’impiego di volontari presso gli info-point, il Museo del ‘900, Palazzo Reale, la GAM ed il Castello. Era del resto del tutto evidente che lo sviluppo dell’occupazione combinato con i previsti lavori di infrastrutture fossero scuse utilizzate per argomentare una presunta “utilità” di Expo. Che senza dubbio si è rivelato utile, ed abbiamo visto a chi.
Oggi è chiaro che Expo verrà pagato socialmente dai tagli alla spesa pubblica (vedi Legge 133 – 2009), dalle privatizzazioni, dalla devastazione dei territori agricoli e a parco. E che rappresenta una spesa insostenibile, tantopiù dentro la crisi degli Enti locali. La Giunta Pisapia, insediata nel maggio 2011, non ha fatto nulla per allontanare questa iattura, anzi. Il 12 luglio dello stesso anno la Giunta approva l’Accordo di Programma sulle aree Expo ed a settembre, fatto un taglio di 54 milioni di euro al bilancio comunale (con tagli ai servizi sociali) addirittura chiede al capo dello Stato di potere sforare il patto di stabilità, non per poter garantire i servizi ai cittadini più bisognosi ma… per potere fare l’Expo! Ormai è deciso e si deve fare, questa la logica che abbraccia la Giunta. Con buona pace di chi si era illuso sulla svolta della “primavera arancione”.
Così da anni la città si prepara al grande evento: riduzione dei servizi, chiusura di spazi sociali ed aggregativi, aumenti tariffari e peggioramento delle condizioni generali di salute e di vita nell’area metropolitana. Profonde ferite segnano il territorio e ne condizioneranno negativamente – in combinazione con il Pgt adottato – lo sviluppo nei prossimi 50 anni. Tutto a vantaggio di cementificatori e cordate speculative. A dimostrazione del fatto che il capitale, nel momento della crisi, sposta i propri investimenti dove sono più garantiti (dai soldi pubblici). Il 31 ottobre Expo finirà, ma non i disastri da esso procurati. E si riaprirà la partita circa la destinazione delle aree.