Adesso che la legge elettorale è stata promulgata dal Presidente della Repubblica, il discorso non è chiuso. La Corte Costituzionale con la sentenza 1/2014 ha dichiarato incostituzionale il meccanismo della legge Calderoli che attribuiva alla minoranza “vincente” un premio di maggioranza senza soglia minima.
La Corte non ha contestato di per sé qualsiasi meccanismo che attribuisca un premio di maggioranza, ma ha dichiarato costituzionalmente intollerabile che possa essere attribuito un premio di maggioranza “senza soglia” perché l'effetto sarebbe quello di produrre una distorsione enorme fra la volontà espressa dagli elettori ed il risultato in seggi, determinando un vulnus al principio stesso della sovranità popolare.
Nessun sistema elettorale è in grado di assicurare una perfetta corrispondenza fra i voti espressi ed i seggi conseguiti da ciascuna forza politica che partecipa all'agone elettorale. Questo però non consente di buttare a mare il principio espresso dall'art. 48 della Costituzione secondo cui il voto è libero ed uguale, diretta conseguenza del principio di eguaglianza e di partecipazione espresso dall'art. 3 della Costituzione. La legge Calderoli aveva istituzionalizzato la diseguaglianza dei cittadini italiani nel voto, attraverso il meccanismo previsto dall'art. 83 (del Testo unico riguardante le norme per le elezioni) che prevedeva la formazione di un “quoziente di maggioranza” e di un “quoziente di minoranza”.
Nelle elezioni del 2013 il quoziente di maggioranza (dato dal totale dei voti raccolti diviso il numero dei seggi conquistati) è stato di circa 29.000 voti, mentre quello di minoranza è stato superiore a 80.000 voti. Il rapporto fra i due quozienti è di 2,66: il che significa che il voto del cittadino di maggioranza vale 2,66 volte quello del cittadino di minoranza. Basti pensare che il Pd con il 25,42% ha ottenuto 292 seggi mentre il Movimento 5 Stelle con il 25,56% ha ottenuto 102 seggi.
L'Italicum non solo non abolisce il meccanismo del premio di maggioranza senza soglia, ma addirittura lo esalta, attribuendo il premio ad una unica lista, anziché alle coalizioni. Poiché il sistema politico italiano non è bipolare, né tantomeno bipartitico, il meccanismo elettorale congegnato è destinato a produrre naturalmente – soprattutto attraverso il ballottaggio – una fortissima distorsione fra la volontà espressa dal corpo elettorale ed i seggi conseguiti dalle singole forze politiche, istituzionalizzando la diseguaglianza dei cittadini nell'esercizio del diritto di voto.Una simulazione renderà più chiari gli effetti perversi di questo sistema.
Si prenda una platea di 30 milioni di voti. Concorrono alle elezioni 5 liste.
La lista n.1, la lista n. 2 e la lista n. 3 prendono il 25% dei voti, pari a 7.500.000 ciascuno (ma la lista n. 3 prende qualche centinaio di voti in meno), mentre le altre liste si dividono il restante 25%. Effettuato il ballottaggio fra la lista n. 1 e la lista n. 2, quale che sia il vincitore, alla lista vincente, con il 25% dei voti vengono assegnati 340 seggi, mentre a tutte le altre liste che hanno raccolto 22.500.000 voti vengono assegnati i rimanenti 277 seggi. A questo punto il quoziente di maggioranza sarà pari a 22.058 voti, mentre il quoziente di minoranza sarà di 81.227. Il rapporto fra questi due quozienti ci indica che il voto del cittadino di maggioranza vale 3,61 volte quello del cittadino di minoranza.
Queste semplici considerazioni dimostrano che l'Italicum è una legge insostenibile poiché aggredisce i fondamenti della democrazia repubblicana e ferisce uno dei principi che non può essere oggetto di revisione costituzionale: quello dell'eguaglianza dei cittadini. Anche se la legge è stata approvata, il discorso non è chiuso: l'Italicum, proprio per la sua oggettiva insostenibilità, è destinato a naufragare, com'è avvenuto in passato con la legge truffa che, pur essendo stata approvata all'esito di uno scontro politico durissimo, alla fine fu ritirata. E rimase solo la vergogna.