TRA coloro che hanno partecipato alle
dimostrazioni per lo sciopero di venerdì 12 dicembre si contano forse
numerosi elettori potenziali per lo sviluppo di una nuova ampia
formazione politica, in grado di opporsi alle catastrofiche politiche di
austerità imposte da Bruxelles e supinamente applicate dal nostro
governo. Non si tratta di fare un esercizio astratto sul futuro del
nostro sistema politico. Se una simile forza di opposizione non si
sviluppa, quello che ci attende è un ulteriore degrado dell’economia e
del tessuto sociale, seguito da rivolte popolari dagli esiti
imprevedibili. Il governo è seduto su un vulcano, e intanto gioca a far
“riforme” che peggiorano la situazione.
Chi volesse porre mano alla costruzione della
nuova formazione politica potrebbe trarre indicazioni utili da quanto
accade in Grecia e in Spagna. Sono due casi diversi. Nel primo siamo
dinanzi a una “Coalizione della Sinistra Radicale” (acronimo Syriza)
nata dieci anni fa e guidata dal 2007 da Alexis Tsipras dopo il primo
grande successo elettorale. Nel 2012 è diventata il secondo partito
greco. Al presente i sondaggi lo danno come il probabile vincitore delle
prossime elezioni, nel caso che il governo Samaras non riesca a
eleggere il presidente della Repubblica.
Syriza non vuole affatto distruggere la Ue.
Vuole cambiarla. Il suo successo è dipeso da una radicale opposizione ai
provvedimenti imposti dalla troika con il Memorandum d’Intesa del 2011,
che ha obbligato la Grecia a tagliare pesantemente salari, stipendi e
pensioni; a distruggere la sanità pubblica; a vendere ai privati beni
pubblici essenziali, facendo piombare l’intero Paese nella miseria e
nella disperazione. Tra i punti principali del programma di Syriza,
oltre ad annullare i provvedimenti che s’è detto, v’è la proposta di una
conferenza internazionale sul debito pubblico, allo scopo di ottenere
che gli interessi dei cittadini non siano perennemente subordinati, come
avviene ora, agli interessi delle grandi banche. Si vuole altresì
richiedere alla Ue di cambiare il ruolo della Bce in modo che finanzi
direttamente investimenti pubblici, e di indire una serie di referendum
su vari punti dei trattati dell’Unione e altri accordi con le
istituzioni europee.
Diversamente da Syriza, in Spagna “Podemos”
sembra per così dire nato dal nulla. Fondato nel gennaio 2014 da una
trentina di persone provenienti da diversi partiti, intellettuali,
esponenti di movimenti, coordinate dal trentenne Pablo Iglesias Turrión,
appena quattro mesi dopo raccoglie abbastanza voti da mandare a
Strasburgo cinque eurodeputati. Al presente viene accreditato di oltre
il 27 per cento dei voti, quasi due punti in più dei socialisti e ben 7
in più rispetto ai popolari. Ancor più di Syriza, il programma di
Podemos è fortemente caratterizzato da proposte volte a modificare gli
aspetti più deleteri del Trattato Ue. Tra i punti salienti del suo
programma troviamo: la conversione della Bce in una istituzione
democratica che abbia per scopo principale lo sviluppo economico degli
stati membri (punto 1.3); la creazione di una agenzia pubblica europea
di valutazione (1.4); una deroga dal Trattato di Lisbona.
Nell’insieme, i due programmi di Syriza e di
Podemos appaiono essere più solidamente social-democratici, concreti
e adeguati alla situazione attuale della Ue e alle sue cause di quanto
qualsiasi altro partito europeo abbia finora saputo esprimere. Non per
nulla i due partiti sono già oggetto di un furibondo bombardamento
denigratorio da parte dei media, della troika, dei think tanks
sovvenzionati dal mondo finanziario, e dei politici incapaci di pensare
che al di là dell’Europa della finanza si potrebbe costruire un’Europa
dei cittadini.
Va ricordato al riguardo che il Trattato Ue non
è affatto immodificabile, come a volte si legge. L’art. 48, comma 1,
prevede esplicitamente che «I trattati possono essere modificati
conformemente a una procedura di revisione ordinaria». Il comma 2
precisa: «Il governo di qualsiasi Stato membro, il Parlamento europeo o
la Commissione possono sottoporre al Consiglio progetti intesi a
modificare i trattati ». Pertanto la questione, come si diceva una vita
fa, è soprattutto politica. Ma nessuno ha mai sentito un solo politico
che mostri di avere una conoscenza minimale dei trattati Ue, e ammetta
che non sono scolpiti nel granito. In realtà si possono cambiare, ed è
indispensabile farlo, a condizione di costruire una forza politica
all’altezza del compito.
Al lume delle esperienze di Syriza e Podemos, come si presenta la situazione italiana? Sulle prime si potrebbe pensare che quanto rimane di Sel, di Rifondazione, dei Comunisti Italiani, insieme con qualche transfuga del Pd, potrebbe dar origine a una coalizione simile a quella di Syriza. Purtroppo la storia della nostra sinistra è costellata da una tal dose di litigiosità, e da un inesausto desiderio di procedere comunque a una scissione anche quando si è rimasti in quattro, da non fare bene sperare sul vigore e la durata della nuova formazione. Si può solo sperare che la drammaticità della situazione spinga in futuro a comportamenti meno miopi, ma per farlo bisogna davvero credere nell’impossibile. In ogni caso non si vede, al momento, da dove potrebbe arrivare la figura di un leader simile a Tsipras o a Turrión, colto, agguerrito sui temi europei, capace di farsi capire e convincere, esponendo al pubblico in modo accessibile dei temi complessi.
Al lume delle esperienze di Syriza e Podemos, come si presenta la situazione italiana? Sulle prime si potrebbe pensare che quanto rimane di Sel, di Rifondazione, dei Comunisti Italiani, insieme con qualche transfuga del Pd, potrebbe dar origine a una coalizione simile a quella di Syriza. Purtroppo la storia della nostra sinistra è costellata da una tal dose di litigiosità, e da un inesausto desiderio di procedere comunque a una scissione anche quando si è rimasti in quattro, da non fare bene sperare sul vigore e la durata della nuova formazione. Si può solo sperare che la drammaticità della situazione spinga in futuro a comportamenti meno miopi, ma per farlo bisogna davvero credere nell’impossibile. In ogni caso non si vede, al momento, da dove potrebbe arrivare la figura di un leader simile a Tsipras o a Turrión, colto, agguerrito sui temi europei, capace di farsi capire e convincere, esponendo al pubblico in modo accessibile dei temi complessi.
Qualcosa di analogo vale naturalmente per chi,
scettico sulla possibilità di recuperare i frammenti delle vecchie
sinistre, pensasse di costituire una formazione interamente nuova, come
han fatto quelli di Podemos in Spagna. Che si sono dimostrati pure
efficaci organizzatori, costituendo in pochi mesi centinaia di circoli
di discussione in tutto il Paese. Un contributo potrebbe forse venire
dalle esperienze di “Cambiare si può” o della stessa Lista Tsipras; non
certo finite bene, ma che sono stati episodi di auto-organizzazione di
una certa ampiezza. A fronte di un programma realistico, affine a quelli
di Podemos e Syriza (con tutte le variazioni del caso), tali esperienze
potrebbero trovare un baricentro che ai loro tempi non avevano. Il
fatto è che il tempo urge, prima che il Paese caschi a pezzi. Una simile
urgenza, che il popolo dello sciopero di venerdì scorso sentiva
benissimo, insieme con l’attrattiva di un impegno realistico per ridare
peso nella Ue a ideali come eguaglianza, solidarietà, partecipazione
democratica, al posto della lugubre e distruttiva Ue della finanza,
potrebbero contribuire a raccogliere molti più consensi di quanto oggi
non si possa sperare.