Domenica prossima, al Teatro Brancaccio a Roma, inizieremo a parlarne.
Poiché il processo di partecipazione non si è ancora avviato, ci assumeremo noi due la responsabilità di dare la parola ad una rappresentanza (necessariamente insufficiente, ma speriamo signifcativa) di quanti ci hanno risposto e di quanti risponderanno nei prossimi giorni, in modo che ogni mondo, ogni realtà, ogni bisogno possa trovare voce a partire dall’assemblea del 18.
Stiamo costruendo modalità di partecipazione che consentano a chi sarà presente e a chi ci seguirà a distanza di poter esprimere e condividere il suo pensiero e i suoi contributi, in modo che nessuno vada perso. Anche in questo vi chiediamo uno spirito di partecipazione costruttivo, in cui ognuno porta un pezzo nel mosaico e si impegna a costruire insieme un percorso, non si limita a chiedere il microfono e poi va via. Vogliamo avviare un cantiere di lavoro, non ci interessano le passerelle e le vecchie ritualità della politica. Ci scusiamo fin da ora con tutti quelli a cui non riusciamo nemmeno a rispondere, e con tutti quelli che non potremo far parlare il 18, ma dobbiamo essere quanto mai operativi e concentrati sul compito che ci prefiggiamo: individuare una piattaforma comune in 10 punti su cui convergere, e su costruire il programma. Non tutti potranno prendere la parola (siete davvero tantissimi!) ma tutti saranno messi nelle condizioni di contribuire ad individuarli. Partiamo da qui. E dalla consapevolezza che non siamo un’organizzazione già strutturata, ma solo un gruppo di persone unite da un comune ideale che lavorano per un fine più alto, urgente e concreto.
Stiamo costruendo modalità di partecipazione che consentano a chi sarà presente e a chi ci seguirà a distanza di poter esprimere e condividere il suo pensiero e i suoi contributi, in modo che nessuno vada perso. Anche in questo vi chiediamo uno spirito di partecipazione costruttivo, in cui ognuno porta un pezzo nel mosaico e si impegna a costruire insieme un percorso, non si limita a chiedere il microfono e poi va via. Vogliamo avviare un cantiere di lavoro, non ci interessano le passerelle e le vecchie ritualità della politica. Ci scusiamo fin da ora con tutti quelli a cui non riusciamo nemmeno a rispondere, e con tutti quelli che non potremo far parlare il 18, ma dobbiamo essere quanto mai operativi e concentrati sul compito che ci prefiggiamo: individuare una piattaforma comune in 10 punti su cui convergere, e su costruire il programma. Non tutti potranno prendere la parola (siete davvero tantissimi!) ma tutti saranno messi nelle condizioni di contribuire ad individuarli. Partiamo da qui. E dalla consapevolezza che non siamo un’organizzazione già strutturata, ma solo un gruppo di persone unite da un comune ideale che lavorano per un fine più alto, urgente e concreto.
Domenica proveremo a chiarire insieme quali siano i nodi politici, quali le vie d’uscita, quale il metodo per costruire la rappresentanza. E ci sembra cruciale mettere tutto questo sul piatto in un momento in cui tutto sembrava già deciso nelle chiuse stanze della politica.
Nel processo che speriamo partirà dopo il 18 c’è nulla di stabilito, di deciso. Non un nome, non un programma, non una leadership, non candidature. Ciò che vorremmo è un’alleanza fra cittadini, associazioni, movimenti, comitati, realtà civiche e politiche che si impegnino su un programma comune e riescano a dare voce e rappresentanza alla parte sommersa di questo Paese.
Quella che è stata più colpita dalla crisi, quella che, spesso, non vota più e, se vota, è spesso costretta a rassegnarsi al meno peggio. Noi pensiamo che il voto ha senso se ti rappresenta, non se è ‘costretto’, dall’assenza di una proposta credibile o dal ricatto del voto ‘utile’…a qualcun altro.
Quella che è stata più colpita dalla crisi, quella che, spesso, non vota più e, se vota, è spesso costretta a rassegnarsi al meno peggio. Noi pensiamo che il voto ha senso se ti rappresenta, non se è ‘costretto’, dall’assenza di una proposta credibile o dal ricatto del voto ‘utile’…a qualcun altro.
Su questo punto bisogna essere chiari. Un vento impetuoso soffia oggi in Italia contro l’idea stessa di partito. Noi non siamo d’accordo. Non crediamo alla favola che oppone una società buona ai partiti cattivi.
Sentiamo invece il dovere di distinguere: tra partito e partito, e nella società stessa. Sappiamo quanto i partiti in sé siano cruciali nel
funzionamento del sistema disegnato dalla nostra Costituzione. Sappiamo anche quanto sia difficile veder attuato il ‘metodo democratico’ nella loro partecipazione interna e quanto abbiano perso credibilità agli occhi dei cittadini. Ma a questo non dobbiamo rassegnarci, bensì tornare ad attraversarli, per farne quello strumento al servizio dei cittadini riconosciuto dalla Costituzione. Nel contempo, costruire un’alleanza feconda con chi, in questi anni, invece che piegarsi al pensiero unico dominante, al disegno di demolizione costante e pervicace dei diritti, al lavoro, all’istruzione, alla salute, a una informazione libera ecc., li ha difesi dentro e fuori dal Parlamento. Questa azione evidentemente non basta. Per questo occorre chiamare a raccolta tutte le forze sane e sinceramente democratiche del Paese, a partire dai cittadini e dalla società attiva, per chiedere e pretendere il ripristino di uno Stato
sociale di diritto e la realizzazione di una democrazia compiuta.
A dispetto del nome, pensiamo che il Partito Democratico di Renzi sia ormai un pezzo della destra, perché è stato il liquidatore finale dei diritti sociali, in questo Paese, realizzando il progetto neoliberista fallito ad altri e insiste nel perseguire una politica che aumentare la diseguaglianza.
Non è con i bonus che si garantiscono i diritti, né con le finte primarie che si garantisce la partecipazione. Questa a cui assistiamo è piuttosto la svendita della democrazia. Un colpo di spugna su decenni di lotte e conquiste sociali. Lo diciamo una volta per tutte: chi partecipa a questo processo costituente partecipa alla costruzione di una forza radicalmente alternativa al PD, e a ciò che è diventato sotto il renzismo. Così come è alternativo a qualsiasi forza palesemente o surrettiziamente di destra. Pensiamo che il Movimento 5 Stelle sia prigioniero di un’oligarchia imperscrutabile. E vediamo che nella sua agenda – sempre più spostata a destra, con tratti preoccupanti di xenofobia e intolleranza – non c’è posto per la parola eguaglianza.
Non è con i bonus che si garantiscono i diritti, né con le finte primarie che si garantisce la partecipazione. Questa a cui assistiamo è piuttosto la svendita della democrazia. Un colpo di spugna su decenni di lotte e conquiste sociali. Lo diciamo una volta per tutte: chi partecipa a questo processo costituente partecipa alla costruzione di una forza radicalmente alternativa al PD, e a ciò che è diventato sotto il renzismo. Così come è alternativo a qualsiasi forza palesemente o surrettiziamente di destra. Pensiamo che il Movimento 5 Stelle sia prigioniero di un’oligarchia imperscrutabile. E vediamo che nella sua agenda – sempre più spostata a destra, con tratti preoccupanti di xenofobia e intolleranza – non c’è posto per la parola eguaglianza.
Ma vediamo anche che ci sono partiti diversi. Possibile e Sinistra Italiana hanno subito risposto a questo appello. Non ci ha stupito
perché le battaglie civili di questi anni (culminate in quella per il No allo stravolgimento della Costituzione) li hanno visti come le uniche sponde possibili dentro il Parlamento. E hanno risposto anche Rifondazione Comunista, e tante altre esperienze politiche di
partecipazione, tra cui per esempio DemA.
Naturalmente se fossimo convinti che la forma partito è sufficiente, non avremmo proposto un percorso dal basso libero da ogni ipoteca: non si tratta di rifare una lista arcobaleno con una spruzzata di società civile.
C’è forte l’esigenza di qualcosa di nuovo, e di qualcosa di più grande. Lo diciamo con parole di Gustavo Zagrebelsky: è necessaria la «più vasta possibile unione che sorga fuori dei confini dei partiti tradizionali tra persone che avvertano l’urgenza del momento e non siano mosse da interessi, né tantomeno, da risentimenti personali: come servizio nei confronti dei tanti sfiduciati nella politica e nella
democrazia».
In questi giorni, le migliaia di persone che hanno aderito a questo invito esprimono due sentimenti contraddittori: entusiasmo e paura.
L’entusiasmo di chi dice: «Sono felice di poter tornare a votare!». La paura di chi teme che anche questo tentativo fallisca, come tutti quelli
– generosi e coraggiosi – che l’hanno preceduto.
C’è chi teme che questo mondo sia troppo magmatico per unirsi anche solo in una lista. C’è chi teme che i partiti controllino questo processo, come burattinai da dietro le quinte. È così, entrambi questi rischi esistono: dipende tutto da voi, ovvero dal NOI che riuscire a costruire, da quanti saremo, e quanto determinati, nel processo che partirà il 18
giugno.
Vogliamo costruire una vera ‘azione popolare’. Ma ci riusciremo solo se la partecipazione senza tessere sarà così ampia da superare di molte volte quella degli iscritti ai partiti. Una lista di cittadinanza a sinistra:
questo vogliamo costruire.
In una politica che si fonda sull’esibizione della forza, sull’arroganza e sul marketing del nulla noi diciamo al Paese: siamo poveri, siamo piccoli, siamo a mani nude, siamo pieni di limiti e avviati su un sentiero irto di ostacoli. Ma vogliamo mettere insieme tutte queste nostre debolezze: perché sappiamo che, come è accaduto il 4 dicembre,
Davide può rovesciare Golia.
In una sinistra gremita da leaders senza popolo, noi siamo un popolo che non cerca un leader, ma partecipazione e condivisione.
Non vogliamo rassegnarci ad una triste passione politica che esclude a priori il tema della rappresentanza parlamentare. Se vogliamo che il mondo cambi, dobbiamo portare in Parlamento chi vuole cambiare il mondo.
I sette mesi che probabilmente ci separano dalle elezioni possono vedere un percorso che porti ad una grande lista nazionale, di cittadinanza e di sinistra, per l’attuazione del progetto costituzionale. È a questo che vogliamo lavorare: da domenica prossima.