Brescia, 28 maggio 1974. In piazza della Loggia, proprio al centro della città, una bomba nascosta in un cestino dei rifiuti esplode alle 10,12 mentre è in corso una manifestazione contro il terrorismo neofascista. La piazza è piena e sul palco sta parlando Franco Castrezzati, un sindacalista, infatti la manifestazione è stata indetta dai sindacati e dal Comitato Permanente Antifascista. Il motivo della manifestazione è il fatto che a Brescia dall’inizio dell’anno ci sono stati diversi attentati, si sono scoperte due bombe perfino in una chiesa e proprio 10 giorni prima Silvio Ferrari, un ragazzo appartenente a una formazione neofascista, è saltato in aria con la sua vespa, su cui stava portando una bomba fatta da un chilo di tritolo. Ecco il perché della manifestazione e della mobilitazione del Comitato Antifascista.
Alle 10,12 uno scoppio violentissimo e le persone che stanno chiacchierando vicino al cestino di metallo saltano in aria come pupazzi, dilaniati, straziati. Sono 8 i morti e ben 94 i feriti, di cui alcuni gravissimi. Nella piazza è il delirio: la gente grida, piange, corre come impazzita, chiede aiuto, in mezzo ai cadaveri massacrati, al sangue, ai frammenti di vetro delle vetrine e delle finestre: un macello. Sono stati 700 gr di polvere di mina e di ammonio a far saltare in aria tutto: un’altra bomba fascista, un’altra strage, dopo quella di Piazza Fontana a Milano del 12 dicembre del 1969 (17 morti e 107 feriti); quella sul treno “Freccia del Sud” a Gioia Tauro del 22 luglio 1970 ( 6 morti, 77 feriti); quella davanti alla Questura di Milano del 17 maggio 1973 ( 4 morti, 47 feriti). E in quel terribile 1974, il 4 di agosto ce ne sarà un’altra: quella sul treno “Italicus”, che conta 12 morti e 50 feriti. E poi nell’agosto del 1980 quella della stazione di Bologna, la più terribile: 85 morti e 200 feriti, persone che venivano da 50 città italiane e straniere. Nessuno dei colpevoli di tutte queste stragi, nessuno di questi vigliacchi assassini è in carcere.
Ma non è per caso che tutto questo avviene. Come dirà giustamente il 31 maggio, il giorno dei funerali delle vittime, il sindacalista che parlava sul palco al momento dell’esplosione, Franco Castrezzati: “Io capisco il raccapriccio, il dolore, la rabbia per questa strage, non capisco lo stupore. Perché il fascismo è violenza! E’ nato e si è imposto con la violenza, è vissuto sulla violenza ed è tramontato con la violenza. E adesso tenta di risorgere con la violenza…” E non è cambiato niente. Ci piacerebbe che Massimo D’Alema, ex compagno, ex di sinistra, ex intelligentissimo, se ne ricordasse quando organizza eventi con Fini. Ci piacerebbe che lo ricordassero tutti quelli che pensano che ormai la destra è entrata “nella democrazia”. Non è così e basta poco a scoprire il suo volto feroce. O ci siamo già dimenticati il G8 di Genova, il massacro alla Diaz e a Bolzaneto? Fini era lì, a dirigere le operazioni, come ministro dell’Interno. Non ci sia chi pensi che sono passati 8 anni e forse adesso tutto è cambiato: sarebbe davvero un grave errore! Loro adesso hanno il potere e non hanno bisogno di mettere bombe al tritolo per distruggere la democrazia: possono farlo “legalmente” creando appunto leggi che dissestano tutto e cancellano ogni traccia di stato di diritto. I fascisti sono al potere, cari amici e compagni, e ci sono perché c’è qualcuno che ha distrutto la sinistra e lo ha fatto dal di dentro. Spallata dopo spallata, cambiamento dopo cambiamento, inversione di rotta dopo inversione di rotta, snaturamento dopo snaturamento. E adesso niente e nessuno fa loro da argine. Niente si oppone alle leggi razziste, ai medici e insegnanti che devono denunciare i clandestini, alle ronde nelle città, all’uso dell’esercito al posto delle forze di polizia, continuamente esautorate e impossibilitate perfino a usare le automobili di servizio, che non vengono aggiustate e non vengono erogati i soldi nemmeno per pagare la benzina. La destra che diventa democratica? Un’altra menzogna, una balla, una fola, un inganno che si aggiunge a tutto il resto. La destra è sé stessa. E non può cambiare. Purtroppo quella che si è snaturata è la sinistra. Questo è il dramma.
Finalmente loro sono riusciti a riavere il potere: ci hanno provato con 4 tentati golpe: il piano “Solo” del 1964, il golpe “da operetta” di Junio Valerio Borghese del 1970, quello della “Rosa dei Venti” del SID del 1973 e quello “bianco” di Edgardo Sogno nell’agosto del 1974. Ci hanno provato con Gladio, ci hanno provato con la teoria degli opposti estremismi, ci hanno provato con la P2 di Licio Gelli, ma poi non c’è stato più bisogno di fare niente: la sinistra ha cominciato a suicidarsi da sé. E da come si sta comportando ora non credo che causi alla destra alcuna preoccupazione.
Ma in quel lontano 31 maggio del 1974 la sinistra c’è ancora e per quanto ferita e piena di rabbia e di dolore, è presente ai funerali di quei poveri compagni in misura sconvolgente: seicentomila persone sono in piazza, da tutte le parti d’Italia, con le loro bandiere, coi garofani rossi. Non hanno voluto carabinieri e polizia: hanno il servizio d’ordine garantito da seimila operai. In tutti quegli anni gli operai e i sindacalisti di sinistra, i compagni di base di migliaia di sezioni in tutta Italia, hanno garantito il servizio d’ordine delle nostre manifestazioni, sono stati la nostra sicurezza, il nostro baluardo.Tutto finito. E non possiamo incolpare i fascisti di questo.
La mattina del 28 maggio, quando scoppiò la bomba, tutto era stato controllato dalla mattina presto, dalla polizia e dal servizio d’ordine, ma la bomba fu fatta scivolare nel cestino che il comizio era già iniziato. Una testimone, Ennia Scremin, sentì parlare due uomini: uno diceva di aver piazzato la bomba. Lei fu incerta se dirlo alla polizia o tenerselo per sé: poteva essere uno scherzo, poteva aver frainteso. Quando lo raccontò era ormai troppo tardi. Tutto era già successo. Ma a proposito di controllo e di forze dell’ordine c’è un fatto, un particolare curioso: normalmente i carabinieri durante le manifestazioni a piazza della Loggia stavano sempre schierati nel porticato centrale, sotto l’Orologio. Ma non quella mattina. Quella mattina erano stati spostati e trasferiti nel cortile della Prefettura. Fortunata combinazione per loro.
Il giorno dei funerali partecipano alle esequie anche i rappresentati delle Istituzioni: c’è Rumor, che allora è presidente del consiglio e c’è Giovanni Leone, che è presidente della Repubblica, eletto coi voti del MSI. Come arrivano nella piazza li accoglie una salva di fischi e di urla e uno dei parenti delle vittime prenderà Leone per il bavero, urlandogli che atti così gravi non si debbono permettere. Ma ormai è cominciato un processo irreversibile: la costruzione della strategia della tensione è già in atto e ci sono dentro tutti. I fascisti di Ordine Nuovo e Ordine Nero sono solo i manovali.
Le indagini, gli accusati, i testimoni
Che le indagini comincino col piede sbagliato è un fatto inconfutabile: due ore dopo lo scoppio della bomba la piazza è vuota e si potrebbero cominciare le indagini. Ci sono tutte le tracce che si vuole, ma ci pensano pompieri e polizia a ripulire con gli idranti tutti gli indizi. Nessuno li ferma. Un caso? Una ingenuità? O un preciso ordine? Sta di fatto che alla fine di questa “pulizia” non c’è più niente, nemmeno uno straccio di prova. Ma c’è di più: i medici al Pronto Soccorso in cui arrivano morti e feriti trovano loro addosso tracce dell’esplosivo e altri indizi: tutto viene messo da parte e sigillato dentro buste, ma tutti questi reperti non arriveranno mai alla magistratura: qualcuno viene a prenderli, ma non si sa chi sia la persona, né che fine abbiano fatto i reperti. E tuttavia non è nemmeno la cosa più misteriosa di questo caso intricato: c’erano stati anche degli avvertimenti, nei giorni precedenti, che sono stati ignorati. Infatti ai giornali di Brescia il 21 maggio, giorno dei funerali di Silvio Ferrari – il ragazzo saltato in aria con la sua vespa – arriva una lettera intestata “Partito Nazionale Fascista – sezione Silvio Ferrari” che dice che questa morte sarà vendicata con altre bombe. Cosa si debba vendicare non si sa, visto che la bomba la portava lui ed è esplosa chissà perché. Comunque il prefetto non dà il permesso di pubblicare la lettera. Così ne arriva un’altra, proprio il 27, il giorno prima della manifestazione di piazza della Loggia, dello stesso tenore, ma questa volta firmata Ordine Nero. Nemmeno di questa si dà notizia, ma non si allerta nemmeno nessuna particolare sorveglianza, anzi: come abbiamo detto i carabinieri che normalmente stavano di postazione in piazza, ne vengono allontanati.
Quanto a trovare i colpevoli, beh, stavolta è difficile accusare gli ambienti della sinistra, come fu fatto ai tempi della strage di piazza Fontana, dato che quella in piazza della Loggia era una manifestazione antifascista, così arriva la rivendicazione da parte di un gruppuscolo della destra: Ordine Nero. Eppure, con tutto questo, nel luglio del 2007 l’allora sindaco di Brescia Paolo Corsini del PD ha dovuto ufficialmente chiedere al Presidente della Regione Lombardia Ettore Albertoni (della Lega) di ritirare la pubblicazione del volume “Storia della Lombardia a fumetti” a causa dell’ “inaccettabile falso storico con cui vengono attribuite le stragi di Brescia e Milano ai movimenti operai e studenteschi…” Malgrado, infatti, giustizia non sia ancora stata fatta, le responsabilità della strage sono riconducibili inconfutabilmente alle organizzazioni neofasciste e agli ambienti del radicalismo di destra. Il contrario quindi delle affermazioni del volume, “affermazioni lesive della memoria delle vittime e della verità dei fatti”. Della serie: ci provano sempre. Stavolta gli è andata male. Ma non è ancora detto: infatti ora c’è un nuovo sindaco a Brescia ed è del PdL, può darsi che a lui quella storia deviata e taroccata piaccia. E del resto il progetto globale è quello: Marcello Dell’Utri riscriverà i libri di storia per “correggere” i giudizi sul fascismo. Lo ha detto chiaramente e ha parlato di Mussolini come di un brav’uomo. E lo ha confermato anche Berlusconi, che da un po’ va in giro con camicie e magliette nere: la storia va riscritta. Certo, la coerenza non è il suo forte, ma per queste cose invece temo che se la trovi. Tutto sta a vedere cosa risponderanno tutti gli ebrei che hanno avuto parenti deportati e uccisi dai fascisti. Almeno loro si spera protestino, visto che sul centro sinistra non sempre si può contare…e poi per fortuna ci sono gli altri Paesi del mondo, sui cui libri di storia continuerà a esistere la verità.
I processi
Ma torniamo alle indagini sulla strage, che al tempo furono affidate ai carabinieri di Brescia, il cui comandante era l’allora capitano Francesco Delfino. Un personaggio controverso e inquietante, che una decina d’anni fa fu al centro di un fatto criminale e condannato per aver sottratto dei soldi durante il sequestro Soffiantini. Una vicenda oscura e complicata anche perché la nuora di Soffiantini è quella stessa Ombretta Giacomazzi che all’età di 17 anni era fidanzata con quel Silvio Ferrara saltato con la bomba sulla vespa e che divenne la testimone e principale accusatrice di Ermanno Buzzi, indicato come esecutore materiale della strage di piazza della Loggia. I casi della vita!
Il fatto è che allora fu costretta da Delfino ad accusare il Buzzi con mezzi a dir poco discutibili, compreso il carcere. Perché? Per capire bisognerebbe conoscere i motivi veri per cui Delfino ha depistato i giudici - che per la strage stavano seguendo la pista dei fascisti milanesi - offrendo loro su un piatto d’argento un colpevole bresciano, appunto Ermanno Buzzi. Ma i giudici non credono alla testimonianza contraddittoria e confusa di Ombretta. Così arrivano altri testimoni. È Ugo Bonati, un uomo della banda di Buzzi, ad accusare con sicurezza quella strana figura di fascista e trafficante d’arte. Bonati sparirà durante il processo d’appello e da allora non se ne è più saputo nulla. Ma anche altri accusarono Buzzi: il padre di Angelo e Raffaele Papa, che lo denuncia perché travia i suoi figli. Lui, Ermanno, è un delinquente dappoco che frequenta gli ambienti della destra estrema, un trafficante d’arte e uno spostato, che dice di essere conte, che millanta conoscenze in alto loco, un personaggio un po’ ai margini, e che ha la fama per di più di essere – come si diceva allora – un pederasta. Insomma è il colpevole perfetto. Tutti i testimoni prodotti da Delfino dicono che è lui l’ideatore della bomba e che a metterla nel cestino è stato Angelo Papa. Nel processo che si tiene nel 1979 Buzzi viene condannato all’ergastolo e Angelo Papa a dieci anni. Ma nel 1981 quando si tiene il processo d’appello, prima che incomincino le udienze, Buzzi viene spostato improvvisamente e inspiegabilmente dal carcere di Brescia a quello di Novara, dove ci sono i “duri” delle organizzazioni di estrema destra. Buzzi ci arriva con la fama di essere un infame, un collaborazionista e una spia, ma in realtà è stato mandato lì a morire: infatti Mario Tuti e Pierluigi Concutelli ( l’assassino del giudice Occorsio) lo ammazzano strangolandolo con una stringa durante l’ora d’aria. Così al processo che si chiude nel 1982 non ci sono più accusati e accusatori e tutto finisce in una sentenza assolutoria, perfino Angelo Papa viene prosciolto. Nel frattempo è stato trascinato dentro la rosa dei sospettati anche Andrea Arcai, figlio del giudice Giovanni Arcai, che sta conducendo una inchiesta dura e rigorosa sul MAR ( Movimento di Azione rivoluzionaria, neofascista) di Carlo Fumagalli. Il giudice ha detto che vuole andare fino in fondo a qualunque costo e così suo figlio viene coinvolto nell’inchiesta ( e poi ovviamente prosciolto perché non c’entra niente), ma intanto per ragioni di incompatibilità e conflitto di interessi viene sottratta l’inchiesta sul MAR al giudice Arcai. Capito di cosa stiamo parlando?
Ovviamente la cosa non finisce qui, anche perché ci sono giudici e inquirenti onesti che non possono sopportare che le cose finiscano così, con il solito “liberi tutti”. Così nel 1984 si apre un secondo filone d’inchiesta, che in realtà ritorna alla pista milanese (da cui erano stati distolti i giudici da Delfino dieci anni prima), anche perché alcuni neofascisti, come Angelo Izzo e Gianni Guido, in carcere per il massacro del Circeo, dichiarano che sanno chi sono i responsabili della strage di piazza della Loggia e fanno altri nomi, nomi nuovi, almeno in questa inchiesta, come quelli di Giancarlo Rognoni e Cesare Ferri. Ma anche questa pista viene inquinata: evidentemente si avvicina troppo alla verità, e il modo usato è geniale. Infatti spunta fuori una sorta di spia-pentito, un certo Ivano Bongiovanni, che dice di sapere un sacco di cose sulla strage, comincia a parlare, racconta di aver raccolto testimonianze e confidenze, e quando tutti si sono ben bene fidati di lui, all’improvviso smentisce tutto e afferma che sia lui che gli altri neofascisti in carcere che stanno veramente cominciando a parlare, stanno tutti mentendo. Dice che sono tutti d’accordo in questa mega beffa, fatta solo per prendere in giro e depistare i giudici. In questo modo Bongiovanni ( o “il siluro Bongiovanni” come lo chiama il giudice istruttore Zorzi) in un colpo solo annulla la credibilità di tutte le informazioni che i giudici hanno raccolto da altri pentiti e informatori. Un colpo basso, come la fuga di Gianni Guido dal carcere che così non potrà più testimoniare. Fugge il massacratore del Circeo, ma lo ribeccano in Argentina e lo rimettono in carcere, ma prima che il giudice istruttore Zorzi possa raggiungerlo per interrogarlo, Guido scappa anche dal carcere argentino e nemmeno lui si ritroverà mai più. La frustrazione del giudice è grande e non ne fa mistero. Quindi nel 1987 la sentenza non può che essere di nuovo assolutoria per mancanza di prove, così come quella d’appello del 1989. Intanto gli anni passano ed è come se la cosa non fosse nemmeno successa, come se non ci fossero stati tutti quei morti e feriti. Passano gli anni e i ricordi si sfumano, le prove si perdono e i testimoni spariscono o muoiono.
Sembra impossibile trovare il bandolo di questa trama arruffata, eppure le indagini continuano egualmente nonostante ben 8 processi praticamente inconcludenti, deviati, inquinati. Le indagini continuano e proprio tutti quei depistaggi alla fine portano a un terzo filone e finalmente si fermano su un gruppo di affiliati a Ordine Nuovo e sul suo fondatore Pino Rauti, suocero dell’attuale sindaco di Roma, Alemanno ( ma guarda un po’…). Fra gli implicati c’è Delfo Zorzi (omonimo ma non parente del giudice istruttore) scappato in Giappone, dove ha sposato una giapponese e si è costruito un impero economico. Non solo è implicato nella strage di Brescia, ma anche in quella di piazza Fontana e in altri attentati e massacri. Per lui non si chiede nemmeno l’estradizione, anzi: per lui è stato perfino pagato un testimone per scagionarlo: un certo Martino Siciliano. Anche questo un personaggio ambiguo, che più volte si smentisce e poi si ricrede e che alla fine racconta tutta la verità e fornisce le prove: è stato pagato per mentire e scagionare Delfo Zorzi. E dice anche chi l’ha pagato e così finisce nell’inchiesta anche il pagatore, l’avvocato di Zorzi e una nostra vecchia conoscenza: Gaetano Pecorella, avvocato di Berlusconi. Come abbiamo già scritto tempo fa è accertato che i soldi per pagare il testimone provengono dai fondi Fininvest-Mediaset. Tanto per dire in che mani siamo.
Il 25 novembre del 2008 è partito il nono processo presso la corte d'assise presieduta dal giudice Enrico Fischetti, Roberto Di Martino il procuratore capo e Francesco Piantoni il sostituto. Sei gli imputati chiamati a giudizio che dovranno rispondere di "concorso in strage": Carlo Maria Maggi, Delfo Zorzi, Maurizio Tramonte, Pino Rauti, Giovanni Maifredi e Francesco Delfino. Eh sì, Delfino, anche lui: il depistatore, membro del SISMI, quell’inafferrabile capitano Palinuro, dentro fino al collo nella strategia della tensione.
Oltre 750mila pagine di inchiesta che raccolgono testimonianze e materiale processuale messo insieme da anni di lavoro e dagli 8 precedenti processi. Secondo il procuratore la strage venne organizzata da Ordine nuovo di Pino Rauti, con la collaborazione di apparati statali e servizi segreti, e fa parte della cosiddetta strategia della tensione che mirava a favorire in Italia una svolta militarizzata. Ricordiamoci che in quegli anni in Cile c’è Pinochet, in Spagna c’è ancora Franco e in Grecia ci sono i colonnelli e che invece nel nostro paese la sinistra avanza: proprio ai primi di maggio di quel 1974 ha vinto il referendum sul divorzio. Lo stragismo di stato mira a squalificare la sinistra e destabilizzare il paese e mantenerlo saldamente nelle mani della destra più retriva. Cosa che allora non gli riuscì, ma che invece pare gli stiamo consentendo oggi di attuare.
Tra accusa, difesa e parte civile saranno un migliaio i testimoni chiamati a deporre. Tra gli altri Giulio Andreotti e Francesco Cossiga.
Non sappiamo come finirà questa volta, se riusciremo ad arrivare almeno alla verità, anche se certamente non sarà facile mettere in cella qualcuno. Ma l’importante è non mollare mai. E ricordarsi sempre chi abbiamo davanti: gente pericolosa, che anche quando indossa il doppio petto ha sempre il manganello in tasca. Se ci siamo dimenticati chi siamo noi, almeno ricordiamoci chi sono i fascisti.
Barbara Fois
Qualche approfondimento:
sulla strategia della tensione:
http://clarence.dada.net/contents/societa/memoria/moro/tema2.html
http://www.parlamento.it/bicam/terror/stenografici/steno37.htm
Su Delfino:
http://www.societacivile.it/focus/articoli_focus/Delfino_3.html
http://www.societacivile.it/focus/articoli_focus/Delfino_2.html
http://www.parlamento.it/bicam/terror/stenografici/steno23.htm
http://it.wikipedia.org/wiki/Francesco_Delfino
varie:
http://it.wikipedia.org/wiki/Organizzazioni_armate_di_destra_in_Italia
http://it.wikipedia.org/wiki/Lista_delle_stragi_avvenute_in_Italia
http://it.wikipedia.org/wiki/Vittime_degli_anni_di_piombo_e_della_strategia_della_tensione
http://it.wikipedia.org/wiki/P2
http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/dossier.aspx?id=11
e poi guardatevi l’inchiesta di Lucarelli su Youtube:
http://www.youtube.com/watch?v=FvJi8rRunp4&feature=related