Il 13 marzo del 1987, al porto di Ravenna, “tredici uomini morirono come topi”.
E’ triste constatare che a 22 anni da quella orribile tragedia nel nostro Paese, oggi, si continua a morire per gli stessi motivi, per la stessa inettitudine, per lo stesso assurdo meccanismo che vedeva e vede nelle persone “della carne da macello”.
La micidiale catena dei subappalti continua a mietere le sue vittime a dimostrazione che ci sono ancora troppi imprenditori per cui la sicurezza sul lavoro non è un “valore” da perseguire, un obiettivo di qualità verso cui tendere con investimenti in formazione e strumenti di prevenzione, bensì un “costo” e come tale da ridurre e contenere il più possibile.
Questo porta ad un pericoloso gioco di scatole cinesi con una forzata parcellizzazione delle lavorazioni con una catena infinita di esternalizzazioni e subappalti dove le responsabilità si perdono e le colpe non sono di nessuno se non del “povero lavoratore” vittima della sua disattenzione, del fato, di una serie sfortunata di concause non prevedibili.
Tutte balle, evitare di morire sui luoghi di lavoro “si può e si deve”, investire in sicurezza è un atto di civiltà per riaffermare il diritto al lavoro sicuro, al lavoro dignitoso che dia a ciascuno di noi la garanzia di tornarsene a casa “intero ed integro nel fisico e nello spirito”.
All’art. 4 la nostra Costituzione “riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto"............in molti (troppi) lo stiamo ancora aspettando e su politici ed imprenditori (in particolare) pesa una responsabilità sociale, etica e morale diretta non piccola.
Non c’è peggior modo oggi di ricordare quella tragedia di ventidue anni fa con lo stillicidio quotidiano di morti sul lavoro che ancora avviene nei nostri luoghi di lavoro per gli stessi vergognosi ed incivili motivi di allora: è come ribadire a quei 13 lavoratori morti “come topi” che il loro sacrificio è stato inutile e di questo come cittadino, come lavoratore me ne vergogno; siamo un Paese ipnotizzato in colpevole attesa della prossima Mecnavi.
Claudio Gandolfi, Bologna
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