Quella di venerdì non è stata solo l’ennesima tragica giornata in cui il lavoro ha pagato allo sviluppo il suo “tributo di sangue”, è stata anche l’ennesima manifestazione di sdegno piena di inutili ed offensive dichiarazioni retoriche da parte di esponenti della maggioranza.
Mi riferisco alle parole del presidente del Senato, Renato Schifani, che ha detto che “ La drammatica e sconcertante frequenza con cui si ripetono simili episodi desta sdegno in tutti noi. Occorre che le istituzioni tutte e le forze sociali proseguano con la massima determinazione la loro azione per mettere fine a una inaccettabile tragedia”, concetto già ribadito da lui domenica scorsa in occasione della giornata nazionale per le vittime degli incidenti sul lavoro e prima ancora espresso da Gianfranco Fini, già nelle vesti di presidente della camera, lo scorso 11 giugno all’indomani della strage di Mineo, quando aveva affermato che “quella delle morti sul lavoro è ormai una emergenza sociale assoluta”.
Belle parole ma da allora è bene sottolineare che nulla è cambiato e che nei luoghi di lavoro si è continuato a morire con una media di 4 persone al giorno; dopo quel bel moto di indignazione che puzza tanto di ipocrisia ed opportunismo tutto è rimasto apparentemente fermo. In realtà molte cose sono cambiate ed in peggio, con azioni di governo che vanno esattamente nella direzione opposta rispetto alle condivisibili parole di sdegno, allentando di fatto le maglie delle regole, dei controlli e delle sanzioni.
In questi primi sei mesi il governo ha infatti nell’ordine deciso per decreto le seguenti azioni virtuose: 1) la «manomissione» del protocollo sul Welfare; 2) la revisione della normativa sui contratti a termine; 3) la cancellazione della norma sulla trasparenza degli appalti; 4) lo slittamento delle misure più importanti sulla salute e la sicurezza previste nel Testo Unico che dal 15 maggio scorso è legge con contenuti importanti ed innovativi a vantaggio della tutela dei lavoratori e contro le imprese inadempienti; 5) la riduzione delle responsabilità delle imprese sul fronte degli incidenti sul lavoro; 6) il tesserino di riconoscimento nell’ambito dello svolgimento di attività in regime di appalto e di subappalto non più obbligatorio; 7) ha reintrodotto le “dimissioni in bianco”, ovvero il licenziamento preventivo; 8) l’orario di lavoro di fatto non ha più limiti; 9) e “dulcis in fondo” ora mette in discussione il diritto Costituzionale allo sciopero; come si vede tutte misure prese nell’interesse della legalità ed a favore della sicurezza dei lavoratori.
Non possiamo più accontentarci di un laconico e sterile invito al governo da parte dei leader dell’opposizione ad applicare le leggi già esistenti, dobbiamo fare un passo in più per rispetto delle persone morte di lavoro; tutto questo mare di bugie deve finire e qualcuno deve assumersi la responsabilità politica di raccontare al Paese la verità.
Il caporalato e la finta sorpresa degli ipocriti
Massimiliano Perna
OMICIDI SUL LAVORO: LA BARBARIE DEL CAPITALISMO
Umberto Franchi