Stiamo vivendo un difficile momento storico di passaggio dalla prima alla seconda repubblica, e su questa valutazione sembrano convergere tutti.Se però pensiamo che la nascita della prima repubblica, subito dopo la fine della seconda guerra mondiale, è stata sancita formalmente dal Referendum con il quale il popolo italiano abrogò la Monarchia e dalla successiva elaborazione in Parlamento della Carta Costituzionale, allora qualche sospetto sulla effettiva nascita della repubblica possiamo cominciare ad averlo. In effetti da quel momento in poi mai ha avuto la possibilità di decollare questa nostra democrazia parlamentare nella quale tutti gli italiani avevano sperato. Perché dico questo?
Perché erano gli anni della guerra fredda e gli accordi di Yalta avevano consegnato un’Europa divisa in due grandi aree di influenza politica senza poter impedire che il più grande partito comunista dell’area occidentale orientasse poi diversamente il nostro Paese. Per questi motivi l’Italia venne fortemente condizionata dall’influenza USA –cosa che non avvenne in alcun altro Paese europeo- che sovvenzionò la vittoria perenne della Democrazia Cristiana ed evitò in tutti i modi leciti o illeciti che il PCI prevalesse elettoralmente. Quindi si può dire che la prima repubblica è solamente nata formalmente ma poi non è più esistita trasformandosi ineluttabilmente in un regime bloccato o meglio in un protettorato americano. E adesso che è finita l’epoca del mondo diviso in due blocchi, e che l’Italia per la prima volta si affaccia alla democrazia potendo il suo popolo decidere dei propri destini senza condizionamenti esterni, facciamola vivere questa prima repubblica che non è mai decollata.
Chiamiamola come volete ma che sia repubblica parlamentare come ha voluto il popolo italiano e come ha magistralmente sancito il parlamento costituente.
Detto questo, è ben evidente che nelle difficoltà attuali per la nostra parte politica ci è rimasto un solo punto di riferimento incrollabile e certo, appunto la Carta costituzionale che non è mai stata ben interpretata e tutt’al più disattesa. Bisogna conoscerla e capirne la genesi per difenderla ed interpretarla: quindi va detto chiaramente che non è né un inciucio né un compromesso, anche per la testimonianza, che abbiamo, di tanti Padri Costituenti. La Costituzione italiana è stata e continua ad essere la sintesi felice delle tre culture prevalenti che erano ben rappresentate in Parlamento, la cattolica, la socialista e la liberale. Questa sintesi concorde produsse una Carta che nei suoi principi è sempre valida e oggi è rappresentata da culture che stanno all’opposizione nel Parlamento attuale e che continuano a vivere anche in altri raggruppamenti e realtà molto diffuse nel Paese ma non rappresentate in Parlamento per via di una legge elettorale incostituzionale.
E la maggioranza politica che ha espresso il Governo, sedicente di centrodestra ma in realtà non esprimente alcuna cultura politica nonostante l’affannarsi del Presidente della Camera, non fa riferimento a realtà sociali consolidate e riconoscibili ma ad effimeri innamoramenti per immagini carismatiche che hanno conquistato il consenso con i mezzi di comunicazione di massa. Non ha questa maggioranza un progetto politico identificabile se non negli interessi personalissimi di chi detiene il potere.
Fare riforme adesso potrebbe voler dire consegnare il Paese agli interessi di chi è ormai sulla via del tramonto e quindi in balìa di chi subito dopo saprà conquistare il consenso con gli stessi mezzi antidemocratici. In definitiva vorrebbe dire consegnare l’Italia ad una dittatura mediatica permanente anche dopo che il suo maggior profeta ed utilizzatore è andato via.
Ma D’Alema dice che la Costituzione è nata anche in parte da un inciucio e nel migliore dei casi da compromessi, e che quindi si può cambiare anche adesso accordandosi. Sentire un dirigente della parte politica che dovrebbe difendere la Costituzione fare questi ragionamenti induce sconforto e semina panico.
Eppure sappiamo tutti che D’Alema è una grande intelligenza, come lui pensa di sé stesso, una grande mente fervida di pensieri ed elaborazioni suggestive che però ha sempre avuto il vizio di indossare lenti al microscopio mai con il rapporto 1:1 della realtà e ancora meno con il grandangolare. Vorrei dire che ha sempre avuto il difetto di immergersi nei fatti per ordire strategie minimali utili in quel momento e mai con lo sguardo di uno storico, di uno statista.
Allora diciamo fermamente che per difendere la Costituzione intanto non bisogna modificarla con questo Parlamento e con questa maggioranza che non dà alcuna affidabilità. E poi si dovrà fare decollare questa repubblica parlamentare che è solo formalmente nata nel 1948, anno di grandi gioie e speranze perché era appena finita la seconda guerra mondiale ed erano stati sconfitti il fascismo ed il nazismo. Nonché la Monarchia italiana.
Purtroppo già l’anno successivo la Storia si incaricò di smorzare queste speranze avviando la guerra fredda ed il regime popolar-democristiano. E facendo nascere Massimo D’Alema.
Fare riforme adesso vorrebbe dire consegnare l’Italia ad una dittatura mediatica permanente anche dopo che il suo maggior profeta ed utilizzatore è andato via.