STOP AI PIZZINI, ADESSO CI SONO I GIORNALI

di Massimiliano Perna –ilmegafono.org - 27/10/2008
Scioccante decisione del quotidiano “La Sicilia” di pubblicare senza alcun commento la lettera di Vincenzo Santapaola, detenuto in regime di 41 bis e figlio dello spietato boss Nitto- Insorgono Claudio Fava e Addiopizzo Catania
Molto spesso si accusa la stampa nazionale di non essere pluralista, cioè di non dare spazio a tutti i soggetti e i punti di vista che ruotano attorno alle vicende che riempiono giornali e telegiornali. Così, ci sono spesso voci che rimangono silenti, tagliate fuori dai canali di informazione ufficiali. Per una volta, però, qualche organo di stampa più “sensibile” ha deciso di dare spazio anche a queste voci. In particolare, il quotidiano La Sicilia

, diretto ed edito dal discusso e potente imprenditore catanese Mario Ciancio Sanfilippo, nipote di Domenico Sanfilippo, fondatore dello stesso quotidiano, ha deciso di ospitare la voce di una delle imprese più potenti d’Italia: la mafia. È accaduto due settimane fa, quando Ciancio ha scelto di pubblicare la lettera dal carcere di Vincenzo Santapaola, figlio del superboss Nitto, sanguinario protagonista delle vicende mafiose catanesi e siciliane per decenni, oggi in galera.

La famiglia Santapaola ha dominato a lungo Catania e buona parte della Sicilia orientale, gestendo ogni traffico, oltre ad un patrimonio immenso, con la possibilità di controllare il territorio in maniera capillare. I figli di Nitto Santapaola hanno partecipato a questo sistema, divenendone gli eredi indiscussi soprattutto dopo l’arresto del padre. Le operazioni delle forze dell’ordine e della Dda, però, negli ultimi anni, hanno dato un duro colpo alla cosca, attraverso l’arresto di numerosi esponenti di spicco. Vincenzo Santapaola si trova rinchiuso in regime di 41 bis in una prigione del nord Italia. Una delle regole ferree del 41 bis è proprio l’impossibilità di comunicare con l’esterno, così da evitare messaggi (anche in codice) agli affiliati o ai complici a vari livelli. Ma il giornale La Sicilia

ha ricevuto questa missiva e, in nome del pluralismo, si è sentito in dovere di pubblicarla, integralmente e senza commento alcuno. Insomma, uno spazio libero, aperto e (supponiamo) gratuito, per permettere ad un boss in regime di carcere duro di parlare, difendersi, screditare così il lavoro lungo e faticoso degli inquirenti, che sono riusciti a metterlo in gabbia. Un elenco di parole a propria discolpa, ribadendo la totale estraneità alle accuse che gli vengono contestate, parlando di persecuzione, difendendo il nome della propria famiglia ed affermando di essere un uomo normale, niente di più. Un attacco preciso, nella maniera cifrata dei mafiosi, nei confronti degli accusatori, che sono persone ben precise ed individuabili. Un messaggio chiaro e netto a chi oggi è fuori ed è chiamato a mantenere in vita il clan. Santapaola ha sparato le sue parole e le sue sentenze, Ciancio e il suo giornale gli hanno fornito l’arma.

Non è la prima volta che La Sicilia

si trova nel centro delle polemiche.

L’eurodeputato di Sd, Claudio Fava, figlio del giornalista Giuseppe, ucciso dalla mafia proprio su ordine di Nitto Santapaola, ha ricordato spesso come il quotidiano catanese abbia per anni soppresso “dai propri scritti la parola mafia: usata raramente e solo per riferirla a cronache di altre città, mai a Catania”. E in relazione a Nitto Santapaola raccontava: “Il nome del capomafia catanese resterà assente dalle cronache della sua città per molti anni ancora: e se vi comparirà, sarà solo per dare con dovuto risalto la notizia di una sua assoluzione. O per ricordarne, con compunto trafiletto, la morte del padre”. Dopo l’ennesima vicenda che coinvolge il giornale di Ciancio, Claudio Fava è intervenuto con una nota per manifestare la propria indignazione nei confronti della pubblicazione della lettera di Santapaola junior: “Quella lettera entra nel merito di indagini aperte e di testimonianze raccolte dai magistrati e possiede un eclatante carattere intimidatorio: eppure il direttore de La Sicilia

, Mario Ciancio, non si è fatto scrupolo di pubblicarla senza una riga di commento. Un atto di subalternità grave, in violazione della legge che per Santapaola, come per il padre Nitto, prescrive l’assoluto isolamento carcerario. Ancor più grave perché si consuma grazie alle cortesie di un giornale siciliano, in una terra che ha già contato otto giornalisti ammazzati dalla mafia: uno di loro, certamente, per opera della famiglia Santapaola”.Anche i ragazzi di Addiopizzo Catania hanno espresso rammarico ed indignazione, oltre che preoccupazione perché “in una città come Catania, dove l’illegalità diventa legge [...] ‘dimenticare’ è certamente l’ultima delle cose da fare come, invece, ci invita a fare l’‘uomo qualunque’ Vincenzo Santapaola, che ritiene le morti di vittime innocenti quali Giuseppe Fava, uccise solo per aver amato il fresco profumo della libertà e per aver combattuto con tutte le loro forze il puzzo del compromesso morale, ‘pagine di cronaca e di storia ormai lontane e chiuse’”.

Nulla da aggiungere. Soltanto che la difesa del quotidiano catanese alle accuse mossegli è molto sterile. Non basta dire che la lettera è stata consegnata dagli avvocati di Santapaola, perché la sostanza morale non cambia. E La Sicilia non è nuova a questi comportamenti: anche a Siracusa, qualche anno fa, mentre Bruno Piazzese, presidente dell’Associazione antiracket, conduceva la propria battaglia di legalità, una lettera attribuibile al locale boss Attanasio, piena di minacce e calunnie nei confronti di Piazzese, venne pubblicata sull’edizione siracusana dello stesso giornale. D’altra parte, qualche settimana fa, è accaduto che i media nazionali riportassero il contenuto di un fax che il boss camorrista “Sandokan” Schiavone aveva inviato al suo avvocato, in cui erano contenute minacce e accuse a Roberto Saviano. Un comportamento inaccettabile, che non ha giustificazione alcuna, anche se va detto che, quantomeno, nel caso del fax di Schiavone, i media nazionali hanno commentato il fatto, non pubblicando per intero e in maniera asettica le parole di un capomafia. Ma si sa, La Sicilia è pluralista ad oltranza...O meglio spaccia per pluralismo ciò che in realtà è solo un’illegale (inconsapevole?) complicità con certi sistemi. Almeno questa è l’impressione che si ricava da fatti del genere. Ma d’altra parte, siamo nella terra in cui le vittime di mafia, gli uomini onesti e coraggiosi che hanno lottato e  sacrificato la propria vita vengono dimenticati ed oltraggiati, non tanto dalla gente quanto dalle stesse istituzioni che ne dovrebbero difendere il ricordo e l’esempio. Un’ultima vicenda è quella di Comiso, dove il sindaco Giuseppe Alfano (Pdl) ha deciso di intitolare il nuovo aeroporto civile al generale fascista Vincenzo Magliocco, sconfessando così la scelta fatta, il 30 aprile 2007, dalla precedente amministrazione di centrosinistra, che aveva intitolato il sito a Pio La Torre, il quale negli anni ’80 aveva guidato una battaglia contro l’installazione della base missilistica a Comiso, chiedendo la conversione del sito militare in aeroporto civile. La decisione del sindaco Alfano, per fortuna, ha scatenato le proteste di associazioni antimafia e non solo, di personalità politiche di entrambi gli schieramenti, divenendo un caso nazionale. Ad ogni modo, si tratta di un altro segnale pericoloso, che si aggiunge ad un clima di accettazione per la mafia e per i suoi affari e di corrispondente lontananza e rigetto nei confronti di chi ha combattuto e combatte per liberare l’Italia intera da uno dei mali peggiori che la tormenta.

 

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