In un clima non favorevole per le sorti della democrazia nel nostro Paese andiamo a ricordare e celebrare, il 25 Aprile, il 64° anniversario della Liberazione dall’oppressione nazi-fascista.
Per tanti, fortunatamente, il 25 Aprile non è un rituale ormai stanco e formale, di pura retorica. Ecco perché tale ricorrenza non può prescindere dal contesto del presente così affannato e penoso. Reso ancor più grave dalla grave congiuntura economica e da un luttuoso evento naturale quale il terremoto in Abruzzo, intorno alle quali cose si specula e si sciacalleggia per meri fini di parte.
Anche l’afflato preoccupato di intere categorie di cittadini di fronte alla crisi ed il dolore aspro e composto di una parte d’Italia, entrano nella grande ed ingannevole kermesse mediatica, che purtroppo cadenza ogni attimo della vita nazionale.
Bisogna dunque prendere atto che le consolidate radici della nostra democrazia, conquistata con il sacrificio di sangue soprattutto di tanti giovani italiani, non sono più tali. Ed oggi viene messa sub-judice proprio quella straordinaria carica ideale ed unitaria, che ridiede a tutti la libertà: vincitori e vinti. Anzi, in modo manifesto, si sviliscono i valori ed i protagonisti di quel tempo, con il risultato di un paese monco per umanità e solidarietà. Che si avvolge e si chiude sempre di più in se stesso, preda di oscure ed immotivate paure.
Guai al popolo, che si lascia dominare dalla paura e soggiogare dal fascino del populismo! In quanto, in tal guisa, esso è destinato a perdere ogni fisionomia identitaria e decidere di poi del proprio destino.
La lotta di liberazione invece, oltre a liberarci fisicamente della oppressione ha rappresentato per l’Italia una crescita in tutti i sensi di un vivere civile e progredito ed un’inversione di rotta dopo il buio della dittatura ed i lutti di una guerra sciagurata.
Purtroppo, sfortunatamente per noi, la destra che oggi ci governa, non discende da una tradizione liberale o cristiano-democratica, come i più significativi partiti conservatori europei. Ma in parte essa è ascrivibile proprio a quel fascismo sconfitto dalla storia e dalle peggiori pulsioni xenofobe. Nonché da un’enorme bolla pubblicitaria, fattasi cosa politica di chiaro impianto populista e da un clericalismo di parata e di comodo, celante in modo maldestro la doppia morale. In nome di quanto appena detto, i nostri attuali governanti sono e si sentono estranei al 25 Aprile ed alla Costituzione. Da non dimenticare che il tutto viene alchimiato nell’ampolla del presidente del consiglio, padrone assoluto dei mezzi di comunicazione di massa.
Contro l’immenso potere di quest’ultimo nulla sembra possa essere fatto dalla politica. Ovvero in nome del senso alto che, a questa nobile pratica, “ingenui cittadini” continuano a dare.
Mai, come in questo momento, gli italiani, senza possibilità di riscossa nell’immediato, sono stati così subalterni! E viviamo la “normalità della anormalità”, giorno dopo giorno, passo dopo passo verso il baratro. Con l’accettazione di uno stato quo, posto fuori dalla normalità democratica e con un adeguamento al conformismo imperante, nel caso non volessimo ancora parlare a chiare lettere di pensiero unico. Quasi che proprio questo conformismo garantisse la sopravvivenza o un vivacchiare minore laddove l’ineffabile binomio Berlusconi-Bossi pontifica e decide.
Questo purtroppo sembra essere lo spirito o stato di rassegnazione che anima le forze di opposizione, che sembrano ancora non ben comprendere gli effetti letali dell’antipolitica, espressa da un movimento culturale di massa, qual è il “berlusconismo”.
Sì, senza incorrere in alcun tipo di iperbole, l’ora è grave!
Diminuiscono nel nostro Paese le condizioni di sicurezza per i lavoratori, a favore di una imprenditoria non sana ed all’insegna “di occhiuta rapina” verso i più deboli ed esposti. E si spazzano via le più elementari conquiste, non dico di giustizia sociale, ma di un minimo di dignità.
Si assiste ad una rivalutazione aperta ed insultante del fascismo. I saluti romani si sprecano e l’armamentario di rituali nazi-fascisti ritorna nell’indifferenza e nel permissivismo istituzionale. E tristi figuri, che si rifanno all’orrore del passato, si aggirano nelle nostre città, aggredendo e qualche volta anche uccidendo in nome di aberrante ideologia. Forti costoro della presenza di un governo, che considerano amico ed ammiccante e di stomaco robusto soprattutto in tempo di elezioni.
Un unico, terribile urlo televisivo dalle Alpi alla Sicilia sembra coprire ogni contraddittorio, ogni flebile segno di speranza.
Mentre la Resistenza viene malmenata, derisa, manipolata e cannibalizzata da questa destra di chiara derivazione fascista e populista, non vedo altra via di salvezza da percorrere, se non quella dei valori di libertà e di fratellanza, per i quali in tanti pensarono che valesse la pena di morire.
Ricorrendo ad una raffigurazione, ancora più drammatica e dirompente, la Guerra di Liberazione, la Costituzione ed il significato di entrambe, imprescindibile dall’essenza stessa di libertà, è come se fossero l’unica scialuppa di salvataggio nel mare in tempesta di questo oggi regresso ed asfittico. E se ci aggrappiamo ad esse come non mai, anelando, nonostante tutto, al futuro, forse possiamo farcela.
Mentre la Resistenza viene malmenata, derisa, manipolata e cannibalizzata da questa destra di chiara derivazione fascista e populista, non vedo altra via di salvezza da percorrere, se non quella dei valori di libertà e di fratellanza, per i quali in tanti pensarono che valesse la pena di morire.