«Vent’anni fa eravamo riusciti a ridurre del 90% gli incendi nel Parco nazionale dell’Aspromonte. Spendendo molto meno di quello che la Regione Calabria spende oggi per spegnere gli incendi. Il sistema che avevamo inventato è andato avanti per dieci anni. Poi è stato abbandonato. E oggi siamo davanti a un vero disastro. Questo Paese è davvero senza memoria». Si sfoga giustamente Tonino Perna, professore emerito di Sociologia economica dell’Università di Messina, attualmente vicesindaco "esterno" del comune di Reggio Calabria.
Vent’anni fa era il presidente del Parco, inventò e realizzò un sistema che lui definisce "semplice": «Con un bando pubblico affidavamo i boschi dell’Aspromonte a soggetti del Terzo settore, associazioni e cooperative sociali, con un contratto che prevedeva un contributo iniziale del 50%, e l’altro 50% a fine stagione. A patto che fosse bruciato meno dell’1% del territorio affidato. Il principio è sempre quello della responsabilità». Operazione riuscita. Da mille ettari bruciati ogni anno si era scesi a 100-150. Con una spesa di appena 400mila euro. Un successo che ebbe risalto europeo. «Per la prima volta la Calabria era un esempio positivo. Non solo ’ndrangheta. Venni convocato a Bruxelles per spiegare il nostro sistema».
E in Calabria?
In Aspromonte è durato una decina d’anni, nel parco del Pollino, dove lo avevano adottato, un po’ di più. La Regione mi propose di realizzarlo per tutta la Calabria. Feci il conto che ci volevano 3 milioni. E pensi che oggi per tutto il sistema antincendio si spendono 18 milioni con risultati ben diversi.
E perché non si fece?
Perché mi volevano fare solo un contratto di consulenza. Io invece volevo una struttura e la sicurezza che ci fossero i fondi. Non ho avuto queste garanzie e non l’ho fatto. Mi sembrava più una captatio benevolentiae che una vera volontà. Eppure ci avrebbero lavorato tante associazioni e cooperative, mentre ora ci guadagnano società che spesso vengono da fuori regione.
Aspromonte luogo delle occasioni perse.
Eravamo un esempio. Ma non abbiamo avuto neanche il sostegno del ministero dell’Ambiente.
E ora l’Aspromonte brucia.
In questi giorni sono in Trentino. È pieno di foreste ma non c’è mai un incendio, in primo luogo perché la comunità è molto più vigile di noi e poi perché non ci sono terreni abbandonati. Invece secondo una ricerca dell’Ismea più del 35% delle colline del Sud è abbandonato e il 20% semiabbandonato. Terreni che possono prendere fuoco senza che nessuno intervenga.
Perché il suo sistema venne abbandonato?
Per inerzia, per mancanza di convinzione. E forse anche per rivalsa nei miei confronti.
Ma oggi funzionerebbe come allora?
Assolutamente sì. Siccome gli incendi non riusciamo a prevenirli, per la molteplicità delle cause, bisogna trovare il modo di spegnerli appena partono, ricreando un rapporto col territorio. Invece, strana coincidenza, quando la Regione firma i contratti con le società private che gestiscono l’antincendio e gli elicotteri, partono gli incendi. Non è una prova, ma il sospetto c’è: queste società vivono perché ci sono gli incendi.
L’esatto contrario del vostro metodo.
È così, è oggettivo. E poi hanno eliminato il Corpo forestale, una vera sciocchezza. Ora sono solo i Vigili del fuoco a poter intervenire per spegnere gli incendi. Ma sono pochi e, pur impegnatissimi, non abituati a operare in montagna, ma in città o vicino ai centri abitati.
Sta bruciando anche la montagna attorno a Polsi.
Polsi in 20 anni non aveva mai preso fuoco. È un luogo di bellezza straordinaria. Quest’anno siamo andati al di là di ogni immaginazione. E ancora non è finita.
La Regione ha una struttura, Calabria verde, che dovrebbe intervenire.
Assolutamente inefficiente. Pensi che le visite mediche per l’antincendio le fanno a fine luglio quando ormai la stagione degli incendi è partita. Invece bisogna muoversi per tempo. Noi facevamo i bandi a febbraio, anche per farli preparare. È veramente un’irresponsabilità.
Oltretutto in un territorio fragile come l’Aspromonte che senza boschi sarà ancora più a rischio di frane.
Giusto. Alle prime piogge lo vedremo. Per questo provo tanta amarezza. Ne parliamo adesso ma tra un mese non se ne parlerà più.