Ieri da Lussemburgo abbiamo riportato con grande soddisfazione la sentenza della Corte di giustizia europea che condanna il governo italiano sul Decreto attuativo dello Sblocca Italia del 10 agosto 2016 e sul Piano nazionale di incenerimento per inadempienza palese alla direttiva 2001/42/CE non avendolo sottoposto a Valutazione ambientale strategica.
Tale Piano prevedeva il potenziamento dei 40 impianti esistenti e la costruzione di otto nuovi inceneritori con una folle previsione di aumento dai 6,2 Milioni di tonnellate annue attualmente incenerite di ulteriori 2,8 milioni di tonnellate annue. Inoltre prevedendo anche l'annullamento dei bacini regionali di conferimento degli inceneritori, di fatto tale decreto legge del governo Renzi ha favorito gli interessi degli inceneritori esistenti nel centro-nord stabilendo oltre al potenziamento anche la priorità nel trattamento di enormi quantità di rifiuti urbani dal centro-sud a scapito delle aziende che conferivano i rifiuti speciali prodotti al nord.
Tutto ciò ha prodotto un ulteriore impatto ambientale, con un annesso aumento medio di circa il 30% delle emissioni di polveri sottili e composti tossici proprio nel bacino della pianura padana che risulta già da tempo il territorio con l'aria più inquinata in europa.
Nel nostro ricorso avevamo chiesto infatti al TAR Lazio il rinvio alla Corte di giustizia europea per motivato contrasto tra le norme contenute rispetto all’articolo 35 - Piano nazionale di inceneritori - nel decreto legge Sblocca Italia e nel successivo Decreto attuativo e la Direttiva europea 98/2008/CE su due punti fondamentali:
1) stabilire che i quaranta inceneritori esistenti e nuovi da realizzare non siano più definiti quali “infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale ai fini della tutela della salute e dell’ambiente”, ponendo al primo posto una tecnologia obsoleta e nociva da rifiuti indifferenziati che alimenta anche le discariche, non avendo programmato nulla rispetto agli impianti sostenibili per il riciclaggio ed il recupero di materia.
Su questo punto la Corte ha ritenuto di ammettere anche un "margine di discrezionalità" ai singoli Stati ma a patto che queste diverse opzioni garantiscano che "non danneggino la salute umana e non arrechino pregiudizio all'ambiente". Tali circostanze appaiono decisamente irrealistiche dato che l'articolo 35 aumenta la quantità di rifiuti inceneriti da 6,2 Milioni/tonn/anno attuali ai circa 9,0 Milioni/tonn/anno, con il conseguente aumento del 50% di emissioni di polveri sottili e composti tossici come diossine-furani-metalli pesanti. Ma nel dispositivo della sentenza la Corte afferma che "la qualifica degli impianti di incenerimento dei rifiuti come infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale NON OSTA ad una normativa nazionale, PURCHE' tale normativa sia compatibile con le altre disposizioni della Direttiva 98/2008/CE che prevedono obblighi più specifici"
2) stabilire che il Decreto attuativo che contiene il previsto aumento delle emissioni di polveri e diossine dovute al “potenziamento al massimo carico termico” dei quaranta inceneritori esistenti al centro nord (quantificato in circa un milione di tonnellate annue incenerite) e la costruzione di otto nuovi inceneritori al centro sud con annessa ubicazione e capacità in ogni regione (quantificati in circa altri 2,5 milioni di tonnellate annue incenerite) debba essere considerato un piano / programma nazionale da sottoporre a Valutazione Ambientale Strategica preventiva.
Su questo punto la Corte ha chiaramente sentenziato a nostro favore dichiarando che "una normativa nazionale, come quella di cui trattasi, costituita da una normativa di base e da una normativa di esecuzione, che determina in aumento la capacità degli impianti di incenerimento dei rifiuti esistenti e che prevede la realizzazione di nuovi impianti di tale natura rientra nella nozione di piani o programmi e DEVE di conseguenza essere soggetta a valutazione ambientale preventiva".
Ora il TAR Lazio dovrà emettere la sentenza finale, annullando il Decreto attuativo del 10 agosto 2016 in recepimento di quanto dichiarato dalla Corte di giustizia europea e magari precisando anche meglio in merito ai primi due quesiti sulla "preminenza degli inceneritori sul riciclaggio e recupero di materia" in base alle valutazioni che l'incenerimento incide pesantemente sugli obblighi derivati dalla protezione della salute umana e dell'ambiente.
Finalmente siamo riusciti a rimuovere il principale ostacolo al dispiegarsi sia in Italia che in Europa di una vera “economia circolare” basata sul “riuso-riciclo-recupero di materia”, dato che l’incenerimento distrugge materia per recuperare una bassa quantità di energia, pagata salatissima dagli incentivi pubblici del GSE, al contrario di quanto affermano sia necessario fare già da oggi le quattro nuove Direttive europee sull’economia circolare, in particolare la 851/2018/CE, di cui chiediamo che il governo italiano acceleri urgentemente il suo recepimento.
Ma riteniamo che ora sia il GOVERNO ed il PARLAMENTO che ora debbano fare un passo avanti dal punto di vista legislativo, dato che il ministro Sergio Costa aveva inaspettatamente ribadito a luglio scorso la validità di questa legge, mettendo mano alla revisione generale del T.U. 152/2006 su questi punti e su quanto contenuto nella proposta di legge di iniziativa popolare "Legge Rifiuti Zero" depositata nel 2013 e ripresa nel 2018 ma tuttora ferma alla commissione ambiente alla Camera.
VIDEO DI OGGI DI APPROFONDIMENTO SULLA SENTENZA, caricato sul canale YouTube Legge Rifiuti Zero