Il Consiglio comunale di Milano ha approvato un ordine del giorno che dichiara l’emergenza climatica e ambientale, come hanno già fatto molte municipalità nel Regno Unito, negli Stati uniti, in Australia e Spagna. E’ una importante vittoria del movimento Fridays for future che da tempo si batte per imporre questo passo. Tra il dire e il fare, però, c’è di mezzo il mare. Ovunque. Per questo è opportuno sottoporre quella dichiarazione alla prova delle regole fissate da Extinction Rebellion, il movimento che ha imposto l’emergenza climatica e ambientale al Parlamento britannico. Sono solo tre frasi: Dite la verità (Tell the truth), Agite subito (Act now), Convocate le assemblee (Call assemblies).
Dite la verità: cioè dite che abbiamo solo più dodici anni per arrestare, con il concorso di tutti, una catastrofe planetaria e i danni prodotti in due secoli; danni che riguardano sia il cielo (quello che succede al clima) che la Terra (il suo avvelenamento e la scomparsa di un milione di specie, vitali per la rigenerazione degli ecosistemi). E’ una verità che la politica, il mondo imprenditoriale e manageriale e gran parte di quello accademico hanno nascosto o ignorato per anni. Ma che ora dovrebbe obbligare quei signori a far le valigie e lasciare i loro posti a chi da anni, o da mesi, o anche solo da settimane, lo grida in tutti i modi. Non lo faranno; ma cominceranno, almeno, a riportare l’attenzione sull’imminenza di quel collasso, passando ai fatti?
Agite subito: cioè indicate ora le cose da fare al più presto e soprattutto le cose da non fare più. Mettere in cantiere nuovi progetti richiede tempo (anche se la rapida mobilitazione dell’apparato industriale degli Stati uniti per far fronte alla Seconda guerra mondiale è un buon precedente); ma stoppare progetti e programmi devastanti si può fare subito, affrontando poi con calma e rigore le conseguenze legali e occupazionali e le esigenze di servizi sostitutivi. Quindi, vanno bloccati subito progetti come Tap e Tempa Rossa (perché aggiungere altro gas e petrolio a quello che dovremo eliminare tra poco?), gli inutili Tav Torino-Lione e Terzo valico e le nuove autostrade, i nuovi aeroporti, le nuove costruzioni su suoli agricoli (e, ovviamente, le armi).
Qualcosa in contrario? Inseriteli nello scenario dei prossimi trent’anni, cosa che nessuna analisi costi-benefici ha mai nemmeno provato a fare… Se non si ritiene necessario bloccare quei progetti è ipocrita fingere di condividere le parole di Greta. Poi, per quanto riguarda Milano, la città che ha dichiarato l’emergenza, vanno abbandonati progetti come Olimpiadi, riapertura dei Navigli, nuovo stadio, cementificazione dell’ippodromo e degli scali (destinandoli a verde e orti urbani); e occorre realizzate nel giro di pochi anni “bazzecole” come la chiusura di tutte le centrali termoelettriche che alimentano la città e il divieto di accesso a tutte le auto non condivise e non di servizio, sia convenzionali che elettriche. Solo a dirle, fanno tremare le vene ai polsi; ma non siamo forse in guerra contro un “sistema” che altrimenti ci porta al collasso? Quanto a ciò che una città dovrebbe mettere in cantiere, eccone un breve e provvisorio elenco: solarizzazione termica e fotovoltaica di tutti i tetti esposti, coibentazione di tutti gli edifici e installazione generalizzata di pompe di calore in tutta la città; istituzione rapida di team misti di tecnici per check-up, progettazione e individuazione – gratuite - dei costi e delle soluzioni finanziarie.
Trasporto urbano di linea potenziato e gratuito (la capacità dei mezzi esistenti e futuri raddoppia, e i costi diminuiscono, se si liberano le strade da traffico e parcheggio delle auto private) e istituzione di servizi a chiamata di trasporto condiviso di passeggeri e merci; promozione della conversione a colture ecologiche del territorio periurbano e campagne a sostegno di diete ecocompatibili; disincentivazione di vacanze e trasferte in aereo. Sono solo esempi per dare l’idea della dimensione delle cose da fare. Fondi e credito necessari dovranno essere rivendicati, a livello nazionale ed europeo, proprio in nome dell’emergenza; ben sapendo che in progetti come questi ci sarà lavoro per tutti, nativi e migranti, a tutti i livelli di specializzazione. Riusciranno i nostri eroi a realizzare in tempi stretti tutte (o quasi) queste misure?
Convocate le assemblee: la conversione ecologica non può farsi senza coinvolgere la popolazione, sia come lavoratori che come utenti e contribuenti. Spetta a noi garantire che la giustizia ambientale sia anche giustizia sociale. Le assemblee locali e settoriali convocate dalle autorità in carica - Comuni, Municipi, Città metropolitane, Governi nazionali Unione europea - avranno una partecipazione tanto più larga, continua e articolata quanto più ampi saranno i temi sottoposti a consultazione e deliberazione. Ma esse promuoveranno anche una conflittualità con i poteri costituiti tanto più intensa quanto più le scelte da effettuare ne minano gli interessi o richiedono misure onerose; il cui costo non deve ricadere sulla generalità dei cittadini o su chi dovrà cambiare lavoro. Sarà comunque il rapido peggioramento del clima a spingere alla partecipazione e al conflitto sempre più persone; se sapremo raccogliere le loro preoccupazioni.
Quelle assemblee dovranno essere un embrione di democrazia partecipata – da affiancare, e non da contrapporre, a quella rappresentativa – ma anche uno strumento di autoformazione: nessuno di noi, per ora, sa esattamente quello che bisogna fare o non fare più nel quartiere, nella scuola, nel condominio, nell’azienda in cui vive o lavora. Non se ne è mai parlato. Ma per non subire passivamente le catastrofi in cui rischiamo di incorrere quelle domande devono diventare l’oggetto di un reciproco e continuo interrogarsi: è la base di una cultura adeguata ai tempi, di una società più democratica, di un confronto alla pari che restituisca senso e autostima alla vita di tutti.