Siamo ormai alla multa per inquinamento, tra 1,5 e 2,3 miliardi, dopo decenni di decessi prematuri, almeno 40 mila all’anno solo a causa delle polveri sottili, del PM10. E le nostre autorità, Ministri e Presidenti di Regione fanno solo proclami, promesse, annunciano piani e provvedimenti che poi rinviano, dimenticano, eludono. Il dossier “Malaria: i costi dell’immobilismo”.
Si è costituita in Europa un’alleanza internazionale di associazioni ambientaliste impegnate nella campagna “CleanCities” che coinvolge già decine di città europee: siamo per la mobilità “a zero emissioni”, cioè pedonale, ciclabile, elettrica e che metta al centro il trasporto pubblico. Pretendiamo l’attuazione di tutti i programmi per la sicurezza stradale, per tendere verso l’azzeramento dell’inquinamento e accrescere la qualità della vita urbana. Quest’anno lo slogan scelto per la Mobility Week europea (dal 16 al 22 settembre) è .
Muoversi in salute vuol dire non inquinare: in Europa per inquinamento atmosferico, oltre 40mila in Italia, anche a causa delle troppe auto in circolazione. Da novembre scorso siamo stati condannati dalla Corte di Giustizia “per aver superato il valore limite delle concentrazioni di particelle inquinanti, in modo continuato, dal 2008 al 2017”. La multa, stimata 1,5 – 2,3 miliardi, giungerà l’anno prossimo, se Regioni e Governo non riusciranno a ridurre subito l’inquinamento, perché i Piani varati in questi anni dalle Regioni sono rimasti in gran parte disattesi. Tutto documentato nel dossier “Malaria: i costi dell’immobilismo”.
Cittadini destinati a rimanere inquinati e multati per anni se continua l’inazione dei governi nazionali e regionali. Il report che Legambiente ha spedito ieri al Commissario europeo all’ambiente, Virginijus Sinkevičius, elenca una quarantina di provvedimenti d’emergenza promessi per evitare la multa. Il Governo ne ha compiutamente attuati 3 su 21. La Lombardia ne ha completate solo 2 su 22 che le spettavano, segue il Piemonte con 5, eccellono – si fa per dire – il Veneto e l’Emilia Romagna con 8. Ecco qualche esempio delle non facili promesse disattese: il blocco stagionale nelle città dei motori diesel più inquinanti (gli euro4, vecchi ormai di più di 13 anni), l’abbassamento dei limiti di velocità autostradale (come Francia, Svizzera, Austria e Slovenia), il divieto di spandimento dei liquami nei campi senza interramento. E ancora, la fine dei “sussidi dannosi” che premiano le stufe a legna inquinanti o le auto diesel. Intanto la multa è destinata solo ad aumentare, visto che è proporzionale ai giorni di superamento.
I costi dell’inazione rischiamo di superare i contributi a fondo perduto che l’Europa ci offre post Covid allo scopo di ridurre le emissioni inquinanti (PNRR). L’elenco delle promesse disattese si fa lungo: la chiusura anticipata delle centrali a carbone prossime alle città, limitazioni alla circolazione camion inquinanti, pedaggi autostradali proporzionali all’inquinamento, aumento dei controlli sugli impianti di riscaldamento e sulle auto in circolazione, divieto delle combustioni all’aperto (nell’anno degli incendi!). Se entro l’anno 2021 l’inquinamento da PM10 non rientrerà nei limiti fissati dalla Direttiva Europea del 2008, la Commissione chiederà alla Corte di Giustizia di definire l’entità della multa, già deciso con la condanna del 2020. Dal 1° ottobre dovrebbero scattare i divieti di circolazione dei diesel euro4 già previsti nel 2020, se non scatteranno una quarantina di città italiane supereranno la soglia giornaliera di inquinamento in Lombardia, Veneto, Piemonte, Emilia, Lazio e Campania. Forse già troppo tardi.
Sondaggio Ipsos: abbiamo chiesto ad un campione di italiani se fossero a conoscenza della condanna e della multa per inquinamento, solo il 27,5% se lo ricorda, ma una larga maggioranza – il 77% – pensa che la sanzione sia stata meritata. Ancora più severo lo sguardo dei giovani: l’85,8% della popolazione intervistata con età compresa tra i 18 e 30 anni è convinto che la condanna sia stata meritata perché “si sarebbe potuto fare di più”.