Thomas Picketty, con consueta profondità, analizza su Repubblica del 18 giugno (“L’illusione del potere verde”) il risultato delle europee, registrando la “ buona notizia”:
“.. Sembrerebbe che i cittadini francesi ed europei si siano preoccupati di più per il riscaldamento globale. Il problema è che le consultazioni hanno davvero dato poco rilievo al dibattito di fondo sul clima. In concreto con quali forze politiche intenderebbero governare gli ambientalisti? E quale programma intenderebbero attuare?”
Le domande di Picketty, che sottolinea come nel nuovo Parlamento europeo i Verdi occuperanno il 10% delle poltrone (74 su 751) in luogo del 7% delle precedenti elezioni del 2014 (pari a 51 poltrone).
Picketty registra tuttavia e da qui nasce il titolo “illusione”, come, soprattutto in Francia, i responsabili politici del Verdi di rifiutano di dire se si alleeranno con la destra o con la sinistra, sottolineando che le emissioni di anidride carbonica sono concentrare tra i più ricchi e che un drastica riduzione del potere di acquisto dei ricchi avrebbe un impatto sostanziale sul contenimento delle emissioni a livello planetario, per cui risulta “molto difficile capire come la classe lavoratrice e quella media potrebbero accettare di cambiare stile di vita qualora non si dimostri che i ricchi fanno altrettanto”.
Effettivamente se in Francia gli ambientalisti si fossero alleati con la sinistra avrebbero sconfitto liberali (tra cui il Macron che ha preferito mantenere i regali fatti ai ricchi come lo scudo fiscale di Sarkozy tra il 2012 e il 2017, abolendo gli aumenti della carbon tax e disinteressandosi degli Accordi di Parigi sul clima .
In Europa, coalizzati in una alleanza social federale e ambientalista anche con socialisti e socialdemocratici (su cui grava la grande responsabiltà di ricostruire un sistema politico messo in crisi anche dalle loro scelte poco coraggiose e innovative) potrebbero costituire il gruppo politico più grande. Il che richiederebbe per tutti la necessità di aggredire il nodo dei Trattati, non per rifiutarli a prescindere inseguendo il folle mito sovranista ma per cambiarli e ricostruire in direzione di una Federazione europea.
La democrazia europea, come quella italiana, si dice che abbiano bisogno di tempo. Ma ne avremo il tempo?
La democrazia europea, anche quella italiana, sta nelle mani di quanti hanno il dovere di costruire una politica nuova, e come metodo (fondato sul paradigma della libertà e sulla forza democratica di un libero Parlamento pienamente rappresentativo) e come fine (fondato sull’obiettivo della giustizia sociale e del primato della persona, intesa come fine e non come mezzo).
Una politica nuova che comunichi, ascolti interagendo e imposti progetti condivisi, concreti e coerenti con i principi permanenti di Giustizia e Libertà.
In primo luogo una questione di cittadinanza repubblicana, nel senso letterale di res publica o bene comune, agli antipodi di sovranismi o democrazie “illiberali” (vero non sense).
Di ciò che Emilio Gentile definisce democrazia recitativa del capo che arringa la folla indeterminata. In Europa la mancata vittoria dei sovranisti offre un’occasione storica. Forse l’ultima.
La forze politiche che comporranno la maggioranza nelle istituzioni dovranno prendere coscienza che non si può continuare così. Dovranno dimostrare di aver capito che per reggere la concorrenza mondiale, non solo economica, occorre costruire ciò che si è promesso da decenni, ovvero un’Europa dei popoli e non dei governi, con tutti i loro egoismi e i loro veti.
Il nazionalismo nel passato ha già fatto i suoi disastri. Va tagliato alla radice con il Federalismo immaginato a Ventotene, occorre far valere nella competizione mondiale la forza ideale dei valori nati in Europa.
Una forza egualitaria e laica, per uno sviluppo sostenibile; l’onda verde potrà assumere in quella direzione un ruolo propulsivo importante se non fondamentale di contenuti se non anche in senso esistenziale, come ha scritto Guido Viale su “Il Manifesto” :
”La transizione che ci attende non è un’opzione tecnica, ma una rivoluzione dei consumi, degli stili di vita, degli assetti produttivi, dei rapporti di potere i cui elementi determinanti sono il conflitto e la partecipazione; per questo sono inaccettabili dall’establishment al potere, come ha cercato di spiegarci Naomi Klein nel suo libro Una rivoluzione ci salverà”.
Cambiamento climatico, rafforzamento dello stato sociale, democrazia , parità di genere e stato di diritto le priorità, o meglio i necessari obiettivi contro la minaccia nazionalista e reazionaria; dalla protezione della democrazia e dell’ambiente alla lotta per la giustizia sociale e fiscale e per l’occupazione passando attraverso un’Europa più forte e più unita ma anche più trasparente, più solidale con meno austerità, meno burocrazia e più partecipazione diretta dei cittadini.
Combattere il cambiamento climatico, che non significa solo occuparsi della questione ambientale ma ripensare l’economia potenziando gli investimenti nella transizione verde che può creare nuovi posti di lavoro. Rinnovabili e infrastrutture sostenibili che generano crescita.
Più democrazia, rafforzamento della trasparenza e della partecipazione dei cittadini, più accountability dei politici, un Parlamento europeo con più poteri e più peso, e più trasparenza nel processo decisionale del Consiglio europeo
Meno austerità,che ha fallito in passato, con un Patto di Stabilità e crescita rivisto e completato con l’aggiunta di un patto per la Sostenibilità e la Prosperità.
Il Fiscal compact e il fondo salva-Stati Esm riformati e ricollocati all’interno di un quadro legale che coinvolga il Parlamento europeo.
La lotta alla povertà, contro le disuguaglianze e per il lavoro e una retribuzione dignitosa (un europeo su quattro è indicato sulla soglia della povertà) e alla disuguaglianza a partire da un reddito minimo garantito a livello europeo, salario minino garantito europeo con esperimenti a livello nazionale del reddito universale, necessario socialmente nella fase post fordista dalla deregolazione sia nel corpo della classe lavoratrice che nella struttura produttiva, con esternalizzazioni e delocalizzazioni di imprese e rami d’impresa, per contrastare la corsa verso il basso dei redditi e delle condizioni di tutti i lavoratori, oltre al dumping europeo in atto tra stati.
Lotta all’inquinamento con tassazione più elevata e armonizzata per le grandi multinazionali. Lotta senza quartiere all’evasione fiscale e a paradisi fiscali anche europei.
Fisco europeo equo e fondato sul criterio della capacità contributiva e della progressività redistributiva, contro le disuguaglianze.
Favorire banche più solide e più capitalizzate con una rigida divisione tra banca commerciale e banca d’investimento.
Riportare la finanza al suo essenziale ruolo di servizio nei confronti dell’economia produttiva, attraverso una profonda riforma del sistema finanziario, accompagnata da ciò che Thomas Piketty ha chiamato un nuovo “Trattato di democratizzazione della governance economica dell’eurozona”.
Contrastare il populismo e l’ascesa dei partiti di estrema destra autoritari, lottare contro qualsiasi tipo di discriminazione garantendo tutti i diritti fondamentali a tutti i cittadini europei e residenti in Europa, la libertà di stampa e di espressione, la parità di genere.
Promuovere lo stato di diritto (ciò che mette all’ordine del giorno la questione della permanenza di Orban et similia nell’Unione), diritto all’asilo politico “non negoziabile”, per un’Europa unita che si regge su solidarietà e umanità e che condivida e regolarizza i necessari flussi immigratori in una logica inclusiva e umanitaria.
Vasto programma si potrebbe dire e come lord J.M. Keynes potremmo aggiungere che nei tempi lunghi saremo tutti morti, mentre non c’è più tempo per ripensare, rifondare, rifare e fare politica.
Un impegno disinteressato, nella consapevolezza che un ritorno alla politica richiede, oltre alla passione, anche un adeguato tasso di etica della responsabilità per la possibile messa in campo di azioni finalizzate alla rifondazione di democrazia a misura dei tempi (nel rapporto sinergico tra pratiche di partecipazione diretta e riqualificazione della rappresentanza, reso possibili anche e non solo dalle tecnologie ICT).
Tutto ciò nella situazione italiana, alla luce dei risultati elettorali che hanno visto una schiacciante prevalenza dell’estrema destra nazionalista, inquietante per la tenuta della democrazia, richiede uno sforzo ulteriore di generosità non partitica, userei il termine repubblicana in senso mazziniano, senza retorica, necessario e forse non sufficiente per arrestare l’onda nera.
Fuoriuscendo dalla logica del noi, del nonostante tutto da 0,91 siamo al 2, 3 o se continua così ci presentiamo alle prossime elezioni in Italia, dove supereremo la soglia del 3 percento (posta dello squallido Rosatellum che nessuno pensa di cambiare restituendo il potere agli elettori di scegliere i propri rappresentanti), o come vedete abbiamo fatto più di La Sinistra o “senza la sparata di Civati ce la facevamo” et similia.
Sarebbe il miglior modo per avviarsi al suicidio o all’ennesima scissione dell’atomo. Dopo tanta anche involontaria “retorica delle buone intenzioni”, provo allora a rispondere alle domande non retoriche di Picketty.
Con quali alleanze e per realizzare quale programma?
Per cercare di non rendere illusorio il risultato e dare un peso alle politiche di conversione ambientale, non c’è altra strada diversa da un’alleanza social federale e ambientalista aperta in primo luogo ai cittadini e ai giovani.
Dimenticando in Italia e comunque superando le logiche di un passato che è passato di tante microsinistre (aggettivo e non sostantivo) l’una contro l’altra schierate all’inseguimento suicida di ciò che sarebbe rimasto e aprendosi in tutti i sensi al cambiamento.
Facendo crescere e vivere da noi l’idea rivoluzionaria perchè continentale di un gruppo politico aperto e transnazionale con gli stessi obiettivi di Giustizia e Libertà e programmi condivisi, presente in tutti i 28 Paesi dell’Unione europea, l’European Green Party.
Come Greta, concludo:
“Abbiamo certamente bisogno di speranza. Ma l’unica cosa di cui abbiamo bisogno più della speranza è l’azione. Una volta che iniziamo ad agire, la speranza si diffonde. Quindi, invece di cercare la speranza, cerchiamo l’azione. Allora e solo allora, la speranza arriverà”.