Valencia è una ferita profonda, l’ennesima strage climatica che trascina via vite, famiglie, scenari quotidiani. E accende sentimenti misti di impotenza e rabbia. L’impotenza davanti alla forza spietata e impareggiabile della natura, la rabbia per qualcosa che, almeno nelle dimensioni delle conseguenze, si poteva contenere. Valencia, però, è anche altro e ci riporta fuori dai suoi confini, attraversa le nazioni, le città, i paesini più reconditi, il pianeta, perché Valencia riguarda tutti, è una funesta cartolina dal futuro che rischiamo di dover vivere se non cambiamo direzione in materia di clima. Il peggior errore che oggi tutti noi possiamo commettere è far prevalere l’emozione, il dolore per le oltre 200 vite spezzate e per le persone attualmente disperse. Con le emozioni, infatti, non si fanno passi avanti, ci si ferma alle lacrime o al massimo alla furiosa reazione, che qualcuno cerca di sfruttare politicamente per confondere le cose e diluire le responsabilità o deviarle altrove. Valencia ha bisogno di ragione e di giustizia, di indagine e di riflessione, per guardare al futuro con consapevolezza, per cercare di metabolizzare una ferita che mai si rimarginerà.
Serviranno mesi per ritrovare una apparente normalità, un concetto che oggi non può che essere lontano, ma per arrivarci bisognerà elaborare il lutto nel modo corretto. In questi giorni, mentre il resto del mondo sembra già aver dimenticato e dibatte adesso di elezioni americane e del ritorno al potere di Trump, a Valencia si cercano ancora i dispersi, si prova a toglier via il fango, si cerca di ripristinare un minimo di viabilità e di dare sostegno a chi ha perso tutto, non solo dal punto di vista materiale. Questo è il tempo dell’unità e della solidarietà, ha detto il premier spagnolo Pedro Sanchez all’indomani del disastro, è il momento dell’aiuto alle popolazioni colpite, dello sforzo comune per superare l’emergenza, dell’invio di mezzi, uomini e risorse, della presenza e della vicinanza. Poi, verrà il tempo delle responsabilità. Su questo, senza alcun dubbio, si gioca il futuro di Valencia e non solo. Responsabilità che qualcuno vuole però spostare altrove, puntando il dito sul governo della nazione e saltando di netto il livello “regionale”, ossia quello della comunità autonoma valenciana.
Comunità guidata dal presidente Carlos Mazòn, conservatore, esponente del Partito Popolare e al vertice della regione con il sostegno degli estremisti di destra di Vox. Proprio Vox ha rivendicato, nei giorni scorsi, l’agguato al premier socialista Sanchez, colpito da lancio di fango e da una bastonata, durante la sua visita ai luoghi messi in ginocchio dall’alluvione, e la cui auto è stata anche vandalizzata. Mentre c’è chi scava nella speranza di trovare ancora qualcuno in vita, la forza di estrema destra spagnola, tanto amica di Giorgia Meloni e degli altri sovranisti europei, ha deciso di politicizzare la vicenda e di farlo alla maniera sovranista, vale a dire mentendo, aizzando le folle, parlando allo stomaco e alle emozioni più oscure, invece che alla ragione. Non è una scelta casuale, perché parlare alla testa, alla ragione, significherebbe puntare il dito contro…se stessi.
Analizzando quanto accaduto, infatti, il principale responsabile sarebbe proprio il governo della comunità autonoma valenciana di Mazòn e di Vox, che oltre ad essere una formazione fascista è anche animata da un forte sentimento negazionista riguardo al cambiamento climatico in atto. E Mazòn si è comportato coerentemente con i suoi alleati, rifiutando di prendere sul serio l’allerta rossa diramata nelle ore del disastro dall’Agenzia meteorologica statale. Il 29 ottobre, infatti, il governatore ha minimizzato, ha tranquillizzato (esiste un video che lo stesso, poi, ha vanamente rimosso), ha affermato che il temporale si stava spostando, rassicurando i cittadini. Nessuna allerta, nessun invito a restare a casa, magari a lasciare i centri commerciali, i parcheggi e tutte le zone ad elevato rischio. Ma c’è di più: il presidente della comunità valenciana, davanti all’apocalittica situazione, non ha dichiarato lo stato di “emergenza catastrofica”, strumento fondamentale previsto dalla legge.
Probabilmente, come scrive El Pais, perché così facendo avrebbe “assunto il comando e la direzione esclusiva di tutte le attività di emergenza”. Insomma, avrebbe dovuto assumersi l’onere e la responsabilità della gestione dell’emergenza. In questo modo, Mazòn ha lasciato tutto nelle mani dell’ufficio regionale di protezione civile e dell’agenzia per la sicurezza, che sono entrati in gioco il giorno dopo la catastrofe, lasciando tutta la gestione delle prime 24 ore ai soli vigili del fuoco. Tutto ciò, probabilmente, ha anche tardato l’intervento del governo nazionale. Insomma, la guida conservatrice della regione di Valencia, oltre a non avvertire la popolazione del pericolo, avrebbe anche prodotto un ritardo grave in tutta la macchina dei soccorsi. Ed è noto quanto, in simili situazioni, il fattore tempo sia fondamentale per salvare vite. Anche Mazòn, va detto, è stato contestato dalla gente dei luoghi colpiti, anche lui è stato oggetto di fango, ma la bastonata e l’auto distrutta sono un dono che Vox ha riservato solo a Sanchez, con tanto di fiera rivendicazione. Perché?
Perché i fascisti, vecchi e moderni, sono sempre gli stessi. Si comportano tutti allo stesso modo. Per loro l’interesse collettivo non esiste, esiste solo la propaganda politica, sono una macchina da guerra del consenso, da ricercare in qualsiasi modo e in qualsiasi momento. Soprattutto, sono incapaci di governare e abilissimi quando, pur essendo parte integrante di un sistema, si spacciano per forze antisistema. Sono al governo, ma giocano da opposizione. Hanno in mano il potere e la responsabilità, ma si presentano come forza popolare e negano quella responsabilità puntando violentemente il dito sugli altri, nascondendosi vigliaccamente. Questa è Vox, queste sono le destre sovraniste in Europa e non solo. Forze sovversive che usano il potere a loro piacimento, scappando da ogni forma di dovere, incapaci di soluzioni, negazionisti incalliti del cambiamento climatico e sfacciati oppositori di qualsiasi politica green. Loro che poi hanno il coraggio di accusare gli altri per le conseguenze del cambiamento climatico stesso.
Nel fango lanciato dalla gente di Valencia ci sono sicuramente rabbia e dolore, nei bastoni di Vox invece c’è solo una codarda azione di squadrismo politico mirata a distogliere la gente dalla ragione. Perché la ragione potrebbe svelare drasticamente che il bilancio delle vittime e dei dispersi di quella valanga di pioggia e fango è il frutto anche dell’inettitudine criminale di chi nega l’emergenza e rifiuta di assumersi l’onere del comando, quando c’è da prendere il controllo della situazione, quando c’è da dimostrare che il presunto interesse per il popolo va oltre la propaganda. In poche parole, quando c’è da governare. Che è indubbiamente molto più difficile che urlare, bastonare o lanciare fango.
Massimiliano Perna -ilmegafono.org