Quest’anno le Italiane e gli Italiani festeggiano la nascita della loro Repubblica in uno dei momenti più drammatici della sua storia. Non soltanto per gli effetti pesantissimi della pandemia, ma per una situazione di profonda crisi delle istituzioni democratiche.
E’ in corso ormai da alcuni anni un tentativo di stravolgere i valori di equità, solidarietà e legalità su cui è fondata la nostra Costituzione; nel 2006 e 2016 è stata tentata inutilmente la strada delle ‘grandi riforme’, ma non meno pericolose si sono rivelate le modifiche parziali: pensiamo alla riforma del Titolo V del 2001, a quella dell’art. 81 e, recentissima, la riduzione del numero dei parlamentari.
Tutti interventi volti a ridurre la sovranità dei cittadini e delle cittadine e la centralità del Parlamento che ne è l’espressione ineludibile, per concentrare il potere politico nelle mani di ristretti gruppi dirigenti dei partiti, strettamente connessi con quanti detengono il potere economico-finanziario.
Questo arroccamento oligarchico ha avuto aspetti grotteschi (fra gli altri l’infiltrazione subita dalla Magistratura) che stanno progressivamente minando la credibilità del sistema democratico e il prestigio di chi impersona le Istituzioni; la crescita della distanza fra opinione pubblica e politica ne è uno degli aspetti, ingigantito anche da un sistema della informazione scarsamente indipendente.
Il culmine di questa marcia verso il baratro dell’autoritarismo e del presidenzialismo è l’opposizione trasversale da parte dei partiti a dare al Paese una legge elettorale coerente coi principi costituzionali e la pervicacia nel ricorrere a ingegnerie che sottraggono alle elettrici e agli elettori il potere di scegliere da chi farsi rappresentare, per comporre assemblee parlamentari (ma anche regionali e locali) di personaggi imposti dalle dirigenze dei partiti, troppo spesso impresentabili sul piano etico e delle competenze.
Non è questa la Repubblica che festeggerò il 2 giugno, ma quella pensata dai Padri e le Madri costituenti, al termine della più orribile delle guerre, con il confronto alto e sincero delle loro diverse culture e l’obiettivo comune di costruire un futuro migliore.
Quella Repubblica per la cui incompiuta costruzione vale ancora la pena di impegnarsi.