Le recenti vicende di cronaca, in particolare quelle relative all’indegno comportamento di alcuni magistrati, confermano la fragilità della nostra democrazia, perché la perdita della fiducia nella indipendenza e nella imparzialità del sistema giudiziario può accrescere il rischio di svolte autoritarie assai più dei comportamenti criminali di pochi deficienti con le teste rasate e le svastiche tatuate (la cui pericolosità non deve comunque essere sottovalutata).
Ancora una volta scontiamo il mancato rispetto del dettato costituzionale; non solo dell’articolo 54 (‘I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle, con disciplina ed onore….’), che concerne il comportamento dei singoli, ma soprattutto dell’art.104, che garantisce l’autonomia e l’indipendenza della Magistratura e limita le ingerenze dei ‘politici’ alla elezione di un terzo dei membri del CSM, e dell’art. 110, che limita in modo inequivocabile le competenze del Ministro della Giustizia alla ‘organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia’.
Scopriamo invece (purtroppo senza grande sorpresa) che ai massimi livelli i tentativi da parte almeno di alcune forze politiche di condizionare i meccanismi della Giustizia e pilotare le carriere sono in atto da tempo, forse per favorire qualche ‘amico degli amici’ troppo disinvolto.
L’indipendenza e la credibilità della Magistratura, e la possibilità per tutti i cittadini di ottenere giustizia contro i comportamenti illeciti di furbi e violenti costituiscono il fondamento irrinunciabile di qualunque sistema democratico. Guai se i comportamenti deviati di alcuni diventano il pretesto per screditare l’intero sistema giudiziario, che in questi anni terribili ha più volte costituito l’ultima difesa contro la prepotenza dei più forti, dentro e fuori il Parlamento.
Invece, ancora una volta, al danno del mancato rispetto dello spirito costituzionale, che qualche corrente politica ha dimenticato velocemente, si vorrebbe rispondere modificando la Carta; riducendo ad esempio l’obbligatorietà dell’azione penale (art. 112) e sottoponendola alla volontà della maggioranza del momento, e/o ampliando la presenza di ‘politici’ nell’organo di autogoverno della Magistratura (magari ‘sdoppiato’).
Pochi ricorderanno che fra qualche giorno (il 26 giugno) ricorre il tredicesimo anniversario della clamorosa bocciatura del tentativo berlusconiano di stravolgere la nostra Costituzione, mentre sono passati meno di tre anni dall’analogo NO a quello firmato Verdini-Renzi-Boschi. Ma, come temevamo, l’espressione inequivocabile della volontà delle cittadine e dei cittadini non è sufficiente ad arrestare il tentativo della ‘casta’ di demolire le fondamenta della nostra Repubblica.
Cambia forse la forma, che non è più quella di un intervento unico: all’esame di un Parlamento eletto con una legge di dubbia legittimità costituzionale, oltre al tentativo di ingabbiare la Magistratura, ci sono ora le proposte di ‘regionalismo differenziato’ (o ‘secessione dei ricchi’), la violazione dell’art.53 sulla progressività del sistema fiscale che deriverebbe dalla flat tax, l’indebolimento complessivo della rappresentatività e della centralità del Parlamento (riduzione del numero dei parlamentari, nuovi referendum ‘conflittuali’, messa in discussione del divieto di vincolo di mandato), ecc….
Mentre la qualità del confronto politico, nella maggioranza come nella opposizione, appare assai lontana da quella disciplina e da quell’onore che ricordavo all’inizio.
Nei prossimi mesi non sarà solo il caldo dell’estate a impedire sonni tranquilli a quanti vedono ancora nella lungimiranza dei Padri e delle Madri costituenti, e nei principi etici su cui trovarono l’unità di intenti nonostante le differenze ideologiche, la garanzia della libertà, della giustizia e della solidarietà su cui è fondata la nostra Repubblica.