E’ ritornato in discussione presso la Camera dei Deputati, il Disegno di Legge Governativo n.1660, in tema di sicurezza pubblica.
Con questa normativa prosegue lo scempio dei principi costituzionali che reggono il nostro ordinamento giuridico, specificamente nel campo del diritto penale, del diritto dell’immigrazione e del diritto penitenziario. Le nuove disposizioni, che il Governo vorrebbe introdurre agitando la bandiera ideologica della sicurezza, non hanno nulla a che vedere con la protezione dei cittadini, piuttosto introducono una logica repressiva e discriminatoria tale da far impallidire le (molto più blande) norme in materia di sicurezza pubblica introdotte dal fascismo.
Le norme spingono verso una criminalizzazione delle lotte sociali, trasformando in crimini, puniti con pene abnormi, comportamenti che hanno a che fare con il disagio e la marginalità sociale. In particolare vengono criminalizzati i movimenti di lotta per la casa con l’introduzione di un nuovo reato che colpisce con una pena assurda (da due e sette anni di reclusione) anche chi coopera nell’occupazione. Tanto per fare un paragone, il codice Rocco puniva l’occupazione di immobili con la pena fino a due anni o con la multa.
Sul piano della discriminazione il ddl governativo rafforza un istituto palesemente incostituzionale introdotto nel 2018, quello della revoca della cittadinanza che di fatto ha creato una cittadinanza di serie A (per coloro che sono cittadini in virtù dello ius sanguinis) ed una cittadinanza di serie B (per coloro che l’hanno acquistata per naturalizzazione). In nome di una indefinita, quanto pericolosa, idea della “certezza della pena” si prevedono norme che mascherano intenti discriminatori, come quella che prevede il carcere per le donne in stato di gravidanza, disposizione dall’evidente contenuto simbolico, finalizzata a reprimere un particolare gruppo sociale, connotato sul piano culturale e razziale, ossia le donne rom. Non è questa sicurezza ma disumanità ostentata contro le donne e contro i bambini che nasceranno. Si tratta di una norma manifesto, di scarsissimo rilievo pratico poiché riguarda una decina di persone in tutt’Italia, però il suo effetto è quello di sdoganare pulsioni razziste già presenti nella società italiana. Tra le norme più pericolose presenti nel testo vi è il nuovo delitto di rivolta penitenziaria: con esso il governo ha deciso di stravolgere il modello penitenziario repubblicano e costituzionale, ricollegandosi al regolamento fascista del 1931.La violenza commessa da un detenuto verso un agente di Polizia penitenziaria, che già prima era ampiamente perseguibile, ora è parificata alla resistenza passiva e alla tentata evasione. In sintesi, se tre persone detenute che condividono la stessa cella sovraffollata si rifiutano di obbedire all’ordine di un poliziotto, con modalità nonviolente, scatterà la denuncia per rivolta e una ipotetica condanna ad altri 8 anni di carcere senza potere avere accesso ai benefici penitenziari, in quanto la rivolta viene parificata ai delitti di mafia e terrorismo. Un analogo delitto di rivolta è previsto anche per gli immigrati trattenuti nei C.P.R. essendo la detenzione amministrativa simile alla condizione carceraria dei detenuti.
Il ddl Piantedosi nel suo complesso è un esempio di implementazione del “diritto penale del nemico”: si tratta di un indirizzo politico-legislativo che in modo esplicito colpisce quella parte della popolazione socialmente più vulnerabile, criminalizzando le proteste e affrontando il disagio sociale in termini esclusivamente repressivi.
Sono norme che incidono gravemente sui diritti dei cittadini e delle persone migranti, realizzando una deriva di natura autoritaria estremamente pericolosa.