Intervista a cura di Alba Vastano –
Immensa confusione e sconcerto dilaga nel mondo, specie in quest’ultimo (auspicabile) e un po’ disperato colpo di coda della pandemia che imperversa ormai da un biennio, limitando di fatto la normalità della vita di tutti i popoli. In Italia, di ora in ora, riceviamo, tramite i monitor sempre connessi, le ultime news che ci informano di nuove direttive governative a tutela della salute pubblica. Direttive che, solo l’attimo seguente, vengono smentite o aggiornate. Si percepisce chiaramente che la bussola che dovrebbe indicare l’iter maggiormente utile per limitare i danni, derivanti dal diffondersi del virus, è stata smarrita e noi, marinai senza capitani affidabili, presi da smarrimento per la perdita del pensiero critico, siamo costretti a fidarci di chi ha fallito o ad adottare il faidate. In realtà la bussola c’è, ma chi dovrebbe farne il primo strumento di orientamento nella rotta da seguire, non trova o non vuole trovare il Nord. E ha fatto impazzire l’ago. Sta ancora a noi, riprendendoci la facoltà del pensiero autonomo e critico, riportare l’ago della bussola sul Nord. Là dove è posizionato da ben 76 anni il faro che illumina il nostro cammino: La Costituzione. Un faro ridotto al lumicino, per incapacità dei governanti che si sono succeduti, di applicarne correttamente le leggi.
Ne parliamo con un grande giurista e costituzionalista, il professor Paolo Maddalena, vicepresidente emerito della Corte costituzionale, autore del saggio “La Rivoluzione costituzionale”, sua ultima opera ( http://www.blog-lavoroesalute.org/la-rivoluzione-costituzionale/)
Alba Vastano: Professore, siamo ormai a ridosso delle elezioni del Presidente della Repubblica. Con lei, illustre Costituzionalista, prima di parlare degli aspetti politici che circondano questo avvenimento importante, parliamo di Costituzione. Ѐ nel titolo II, dall’art. 83 al 91, che vengono designati tutti i passaggi per l’elezione del Presidente e le funzioni, Vorrebbe descriverli per ricordarci nel dettaglio quali sono i passaggi costituzionali per l’elezione del Presidente e quali cariche ricopre il Presidente della Repubblica?
Paolo Maddalena: Riterrei che, piuttosto che descrivere i “passaggi costituzionali” e “le cariche ricoperte dal Presidente della Repubblica”, che il lettore potrà conoscere attraverso la diretta lettura della Carta costituzionale, sia opportuno fare un breve riferimento alle “criticità” che stiamo affrontando da alcuni decenni, sia in ordine alla elezione del Capo dello Stato, sia in relazione ai suoi poteri.
Quanto alla elezione di una persona intellettualmente e moralmente idonea a guidare il Paese, mi pare che la “criticità” maggiore dipenda dalla, per così dire, “reale incapacità” dei ”Grandi elettori” del Parlamento e delle Regioni, a adempiere a questa importantissima funzione. Si tratta di un problema molto serio che ha le sue radici nella scomparsa dei Partiti, intesi come luoghi nei quali “tutti i cittadini possono associarsi liberamente per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale” (art. 49, comma 1, Cost.), e nella loro sostituzione con partiti in proprietà privata di singoli soggetti molto forti dal punto di vista economico, o retti da leaders, finanziati da multinazionali straniere.
Ѐ avvenuto in altre parole che questi potentati finanziari si sono impadroniti dello “strumento” più incisivo per la formazione di un “immaginario collettivo”, e cioè “l’informazione radiotelevisiva”, impedendo la formazione di una libera formazione della “volontà popolare”, alla quale si è sostituita l’assuefazione a idee vacue, ma costantemente ripetute, che hanno finito per scalzare il “pensiero critico” e rendere la maggioranza del Popolo individualista, litigioso, diviso e indifferente. Detti potentati finanziari hanno così conquistato un potere enorme, scegliendo essi i candidati da far eleggere dal popolo, soggiogato dalla loro volontà e divenuto schiavo di un sistema economico di stampo “neoliberista”, secondo il quale “la ricchezza deve essere nella mani di pochi, tra questi deve esserci una forte concorrenza, e lo Stato non deve intervenire nell’economia”. Il contrario esatto del precedente sistema economico di stampo Keynesiano, che esaltava la solidarietà sociale e individuava la fonte di produzione di merci, lavoro, e benessere per tutti, nella distribuzione della ricchezza alla base della piramide sociale e nell’intervento dello Stato ( e cioè del Popolo) nell’economia. Un sistema che, come tutti sanno, ci aveva portato al miracolo economico italiano degli anni sessanta.
Ѐ ovvio, allora, che la nomina di un idoneo Presidente della Repubblica, da un insieme di Parlamentari e rappresentanti regionali, a loro volta eletti con il sistema appena riferito, è diventato davvero un problema dalle difficilissime soluzioni. Comunque, la mia lunga esperienza di vita mi fa ricordare che in simili situazioni si è sovente scelto l’uomo (oppure, al presente, la donna) “migliore”, con il peggiore percorso possibile. Questo è anche un augurio per tutti gli Italiani. Quanto ai “poteri” del Presidente della Repubblica, vorrei sottolineare che occorre innanzitutto sgombrare la mente dai retaggi dello “Stato persona”, soggetto singolo (vincolato al volere del Re e della classe borghese dominante), e ispirato ai principi dello Statuto di Carlo Alberto, e tener presente che, passandosi dallo Statuto albertino al presente “ordinamento costituzionale”, è mutato radicalmente il concetto di Stato, che non è più un “singolo soggetto giuridico”, ma è la “Repubblica”, cioè lo “Stato comunità”, costituito da un “soggetto plurimo”, il “Popolo”. Per cui il “Capo dello Stato” assume ora una valenza altissima e concreta: quella di essere, per così dire, il “Comandante supremo” dell’intera Comunità italiana. Di qui l’ovvia conseguenza, che deve trattarsi di un Capo dotato di un particolare “carisma”, cioè di un soggetto che ha dato prova nella sua vita (l’art. 84 Cost. richiede che si tratti di una persona che abbia compiuto almeno 50 anni) di anteporre gli interessi “generali” del Popolo a qualsiasi altro interesse.
A.V: Scendiamo un po’ di livello, parlando delle notizie di attualità che gravitano intorno a questo importante e ormai prossimo avvenimento. Se ne fa un gran parlare dei più papabili, fra cui emerge sicuramente il nome del premier Draghi, ma, incredibilmente, anche quello Di Berlusconi. Lei che opinione ha di questi due presunti papabili, secondo le cronache, alla Presidenza della Repubblica?
P.M. : A mio avviso, sia Berlusconi, sia Draghi non hanno le caratteristiche necessarie per essere nominati Presidenti della Repubblica. Berlusconi ha sempre dimostrato di anteporre i suoi interessi personali a quelli del Popolo e, a parte il lungo elenco delle leggi incostituzionali che egli ha fatto approvare quando rivestiva la carica di Presidente del Consiglio dei Ministri, è sufficiente ricordare che, per merito di Craxi (che emanò i famosi decreti Berlusconi), nonché di Mammì, la cui legge è transitata nella legge quadro sulle trasmissioni radiotelevisive di Gasparri, questo personaggio ha rivestito la qualifica di “concessionario” senza termine, cioè a vita propria e di tutti i suoi discendenti. Ѐ uno scandalo che nessuno ricorda, ma che basterebbe da solo a dimostrare l’impresentabilità di questo personaggio, che ha creato la fortuna sua e della sua discendenza togliendo all’intero Popolo italiano la “proprietà pubblica” demaniale del servizio radiotelevisivo.
Quanto a Draghi, il discorso è certamente più ampio, ma non meno disastroso. Ѐ da ricordare che questa persona, il 2 giugno 1992, nella qualità di Direttore Generale del Tesoro, salì sul Panfilo Britannia ormeggiato nel Porto di Civitavecchia, con a bordo la Regina Elisabetta e 100 delegati della City londinese e, mentre la nave si dirigeva per una gita all’isola del Giglio, pronunciò un discorso dal quale sarebbe scaturito l’attuale disastro economico della nostra Patria. Egli disse che occorreva una forte spinta politica per “privatizzare” il demanio dello Stato italiano, cedendolo a privati.
A suo avviso l’economia globalizzata richiedeva la pratica soppressione della “proprietà pubblica demaniale” del Popolo, nonostante questa fosse indelebilmente sancita dall’art. 42, primo comma, primo a linea, della vigente Costituzione repubblicana, e richiedeva che l’Italia fosse privata di ogni fonte di produzione di ricchezza, da offrire su un piatto d’argento ai Paesi economicamente più forti. Insomma, per Draghi banchiere, andavano e vanno benissimo le multinazionali e le speculazioni della finanza internazionale, e poco importa se ogni giorno migliaia di famiglie vengono gettate sul lastrico, come sta continuamente avvenendo per un numero sempre crescente di imprese, che delocalizzano o chiudono i battenti, senza nessun motivo, a parte quello di un maggiore personalissimo guadagno.
E in proposito non posso fare a meno di ricordare che pochi giorni fa Draghi ha fatto inserire un emendamento alla legge di bilancio, secondo il quale le “delocalizzazioni” di imprese sono legittime (nonostante il palese contrasto con gli articoli 41, 42 e 43 della Costituzione), e l’unico “buffetto” (così è stato detto dalla stampa) è stato quello di sancire l’obbligo dell’impresa di dare ai licenziati un preavviso di 90 giorni e una forfetaria liquidazione di 3.000 euro. Un uomo di tal fatta, dunque, è assolutamente inidoneo, proprio per i suoi convincimenti da banchiere delle multinazionali, a fare il Capo del popolo italiano
A.V. : Ce ne sono molti altri di papabili alla Presidenza della Repubblica, ma Draghi, in particolare, sembra il favorito ed ha usato per la sua eventuale candidatura la figura retorica della preterizione. Cosa s’intende e a quale scopo il premier vi ricorrerebbe?
P.M. : A quanto appena descritto, è da aggiungere che Draghi ha affermato di non voler parlare della sua candidatura a Presidente della Repubblica, ma, ciò dicendo, l’ha praticamente ammessa. Si tratta della figura retorica della preterizione.
A.V. : “ Il neoliberismo ci ha reso schiavi dell’Europa e dei Paesi economicamente forti. Dobbiamo riconquistarci la proprietà pubblica e la gestione pubblica delle industrie strategiche, dei sevizi pubblici essenziali della fonti di energia, del paesaggio, dei beni artistici e storici. …” Ѐ una tranche di un suo messaggio. Dobbiamo sì, ma come attuare tutto ciò se ci hanno scippato la Costituzione?
P.M. : La politica neoliberista dei governanti succedutisi dopo l’assassinio di Aldo Moro, a cominciare da Draghi, Ciampi, Amato, ecc., si è affermata con la promulgazione di leggi incostituzionali. Tuttavia i cittadini “singoli o associati” (art. 118 Cost.), agendo come “parte” dello Stato comunità (art. 2 Cost.), e in virtù del loro diritto di “partecipazione” (art. 3, comma 2, Cost.), possono in via sussidiaria far valere il loro diritto di “resistenza” (così fu definito da Dossetti, relatore dell’ordine del giorno relativo all’approvazione della Parte prima della Costituzione), con ricorso incidentale alla Corte costituzionale (art. 134 Cost.). In altri termini, i cittadini danneggiati da tali leggi, ad esempio perché privati dei lauti guadagni che procura il servizio radiotelevisivo, praticamente donato a Berlusconi, possono chiedere al giudice ordinario la restituzione allo Stato comunità (del quale sono “parte”, ai sensi dell’art. 2 Cost.) di detto servizio pubblico (art. 43 Cost.), invitandolo a trasmettere gli atti alla Corte costituzionale, affinché questa annulli la legge incostituzionale, che ha conferito a Berlusconi una concessione senza scadenza, consentendogli di lucrare sulle spalle del Popolo italiano, vero titolare della “proprietà pubblica demaniale” del servizio in questione.
A.V. : Quali sono nello specifico i danni che il Premier ha apportato, essendo allineato con le multinazionali europee, nell’economia italiana assoggettata all’Ue e sotto ricatto per l’attuazione del Pnrr?
P.M. : I danni che Draghi sta apportando all’economia italiana sono incalcolabili. Si pensi che egli non si preoccupa dei licenziamenti che stanno avvenendo in massa e, come già detto, ha addirittura ritenuta legittima l’ infausta e incostituzionale “delocalizzazione di impresa”. In proposito ricordo che l’art. 41 della Costituzione sancisce che “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla libertà , alla sicurezza, alla dignità umana”.
Legittimare le delocalizzazioni (oltre le privatizzazioni e le svendite) in presenza di un principio imperativo di rango costituzionale è, dunque, un assurdo. Ricordo inoltre che la “delocalizzazione”, non solo è contro “l’utilità sociale”, come appena detto, ma viola anche il successivo art. 42 Cost., secondo il quale “la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge … allo scopo di assicurarne la funzione sociale”, e che nel caso delle delocalizzazioni è “assicurata” non una “funzione sociale”, ma una “funzione antisociale” (il licenziamento degli operai, che vengono gettati sul lastrico insieme con le loro famiglie), per cui l’atto di delocalizzazione, violando anche quest’altro principio imperativo di rango costituzionale, è da dichiarare “nullo” dal giudice ordinario, ai sensi dell’art. 1418 del codice civile (che considera nullo l’atto o contratto in violazione di “principi imperativi”).
A.V. : Professore, come valuta l’opera politica di Draghi premier nella gestione della pandemia?
P.M. : A mio avviso, in materia sanitaria è improprio parlare di “politica”. Qui si tratta di difendersi da un virus, che ha invaso il mondo intero e che per di più è in molti casi mortale. E a me sembra che il governo Conte, che si è trovato davanti uno scenario imprevisto e impressionante (si pensi alle numerosissime vittime nel Bergamasco e a quelle delle residenze per anziani), ha agito nel migliore dei modi possibili, ascoltando gli esperti e agendo di conseguenza. Non così Mario Draghi, il quale ha realmente fatto politica, tentando di porre d’accordo l’esigenza della salute con quella della produttività delle aziende.
Egli, non avendo saputo, o potuto, rendere obbligatoria la vaccinazione, è incorso in una grave contraddizione di carattere costituzionale, poiché ha imposto il green pass, ha cioè stabilito che coloro che non fossero vaccinati non potessero recarsi al lavoro, (violando così il diritto fondamentale al lavoro: art. 4 Cost.), o non potessero circolare liberamente (violando così il diritto fondamentale alla circolazione: art. 16 Cost.), o non potessero riunirsi (violando così il diritto fondamentale di riunione: art. 17 Cost.), e così via dicendo. Secondo me, è indispensabile agire con chiarezza: o il vaccino è valido alla prova dei fatti (e i fatti esistono e sono inconfutabili, anche se qualche filosofo lo nega e dice che non esistono i fatti, ma solo la loro interpretazione), e allora, proprio a causa dello stato di necessità, va imposto a tutti coloro che possono tollerarlo. O non è valido, e allora non se ne deve proprio parlare, in attesa che la scienza, che è sempre provvisoria e probabilistica, faccia il suo corso.
A.V. : Qual è la sua opinione sull’obbligo vaccinale e sull’efficacia dei vaccini autorizzati, legati ai brevetti e al profitto delle multinazionali BigPharma?
P.M. : Quanto alla mia opinione sul vaccinarsi o non, ho sempre preferito non esprimermi, per il semplice fatto che l’immaginario collettivo postcapitalistico ha perduto il “pensiero critico”, e cioè il logos collegato all’ethos di cui parlava Aristotele e decide soltanto in base al pathos, cioè all’istinto o alla passione. In tal modo è venuta meno ogni possibilità di effettivo dialogo. Per cui è meglio tacere. Tanto nessuno convincerà mai l’altro. Mi limito a dire che la pandemia ha ampiamente dimostrato che il sistema neoliberista, che vuole i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, è un sistema economico che alimenta la “predazione” dei più forti rispetto ai più deboli, e oscura il senso stesso della Comunità, l’essenza cioè della nostra Repubblica. Non è chi non veda quanto sia stato dannoso “privatizzare” la “sanità”, privilegiando le cliniche private, e quanto sia dannoso la concorrenza tra le Case farmaceutiche multinazionali, che agiscono, pur trattandosi della vita degli individui, in modo cinico e solo a fini di maggior guadagno personale.
A.V. : Tornando alla Costituzione, di cui lei è uno stimabilissimo rappresentante, sarà bene fare ancora cenno, in questo frangente, all’applicazione degli art. 32/16/17 e 18 della Costituzione. Lei pensa che siano stati correttamente e coerentemente applicati nelle misure prese del governo in questa fase pandemica? Mi riferisco, in particolare al terzo comma dell’art.32 e all’art. 16 sulla libera circolazione. Lei pensa che le scelte per la tutela della salute pubblica non siano state determinate anche da ragioni politiche ed economiche? Non solo tutela della salute pubblica, quindi?
P.M. : In questo quadro non mi resta che chiarire il semplice significato del primo e del secondo comma dell’art. 32 della Costituzione, secondo il quale “ La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto del’individuo e interesse della Collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario, se non per disposizione di legge. La legge non può in alcun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Si tratta di una disposizione che va letta in continuità con quanto prescrive l’art. 2 della Costituzione, secondo il quale: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. Sulla base di questo presupposto normativo, il “diritto fondamentale alla salute” del “singolo” è posto sullo stesso piano “dell’interesse della Collettività”, per cui, non si può e non si deve fare un discorso soltanto individualistico, ma paritario, e comune a tutti.
Anzi, l’articolo prevede “cure gratuite per gli indigenti”, dimostrando la “necessità” della cura (e della prevenzione). Dal che deriva che, se il vaccino è ritenuto un valido trattamento sanitario, esso deve essere necessariamente somministrato gratuitamente anche a chi non ha i mezzi per comprarlo. Importante è che il “fulcro” del ragionamento sta nel “soggetto che decide”: questo soggetto è la legge, cioè il “Parlamento”. Se il Parlamento ha deciso che il vaccino, sulla base delle risultanze scientifiche è valido, la legge deve imporlo a tutti. Con un limite, però. Quello del “rispetto della persona umana”. E certamente non può ritenersi in contrasto con la dignità umana una semplice iniezione di vaccino. Anzi, come appena si è accennato, questo vaccino deve essere assolutamente somministrato anche agli indigenti e in modo gratuito. D’altronde risulta dagli Atti della Costituente che questo inciso fu voluto da Aldo Moro, affinché fossimo protetti, anche per il futuro più remoto, dalle sperimentazioni sulla purezza della razza, effettuate dal regime nazista.
Questo è quanto può dire un giurista. Addentrarsi in discussioni scientifiche, non solo non è da tutti, ma, per i motivi sopra detti, è inutile e dannoso.
⦁ Pubblicazioni:
⦁ Paolo Maddalena, Gli incrementi fluviali nella visione giurisprudenziale classica, 1968, Iovene, Napoli.
⦁ Responsabilità amministrativa, danno pubblico e tutela dell’ambiente, 1985, Maggioli, Rimini.
⦁ Danno pubblico ambientale, 1990, Maggioli, Rimini.
⦁ Il territorio bene comune degli italiani. Proprietà collettiva, proprietà privata e interesse pubblico, 2014, Donzelli, Roma.
⦁ Gli inganni della finanza. Come svelarli, come difendersene. 2016, Donizelli, Roma.
⦁ “La Rivoluzione costituzionale” Alla riconquista della proprietà pubblica- Ed. Diarkos 2020