Il 25 aprile 1945 è una delle date simboliche che nel nostro Paese ricordano la fine della seconda guerra mondiale. Una fine che coincise con l’apertura di una fase fondamentale della storia recente che, sull’onda della indignazione per gli orrori causati dalla follia nazista, porterà al rifiuto generalizzato della violenza fra gli Stati, alla creazione dell’ONU e alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.
In Italia questo grande movimento pacifista si concretizzerà nell’art.11 della Costituzione e nel ‘ripudio’ della guerra.
Pochi anni dopo si realizzerà l’unità europea, che ha posto fine a secoli di massacri che hanno caratterizzato i rapporti fra le nazioni nel nostro continente.
Purtroppo quelle buone intenzioni sono state rapidamente contraddette dal clima minaccioso della guerra fredda e dal moltiplicarsi di conflitti, in genere motivati dalla ricerca del controllo delle fonti energetiche e delle materie prime, che sono stati fantasiosamente definiti di volta in volta ‘regionali’, se non ‘esportatori di democrazia’..
L’ingiustificabile aggressione della Russia nei confronti della Ucraina non consente simili ipocrisie ed è grave non solo in sé (sono purtroppo decine le guerre in corso nel mondo), quanto per aver nuovamente banalizzato l’uso della forza da parte di una grande potenza per occupare senza motivazione un paese confinante, riportando l’Europa indietro di un secolo. Con l’aggravante della disponibilità di armi in grado di colpire ovunque sulla Terra e di cancellarne ogni essere vivente.
In questo quadro, con la prospettiva di una terza (e ultima) guerra mondiale, risalta il fallimento dell’ONU, da tempo inefficace e progressivamente screditato, questa volta completamente assente e incapace di svolgere il proprio ruolo di garante della pace. Tanto da lasciare a personaggi discutibili e non certo democratici come Erdogan il ruolo di mediatori.
Eppure è ormai innegabile che i problemi con i quali siamo chiamati a confrontarci non possono essere risolti a livello dei singoli Paesi: dall’esaurirsi delle materie prime al cambiamento climatico, dagli squilibri demografici ai flussi migratori.
Una sede permanente di dialogo in cui tutte le nazioni si riconoscano, dotata dei mezzi necessari a prevenire i conflitti e ristabilire il primato del diritto è più che mai indispensabile..
Come le costituzioni del settecento posero fine all’assolutismo dei regnanti, vincolandoli al rispetto di diritti inviolabili dei loro sudditi, così è oggi necessario imporre ai governi dei singoli stati, anche se democraticamente eletti, comportamenti che non minaccino la sopravvivenza del genere umano e rispettino i diritti di tutti, donne e uomini, indipendentemente dalla loro nazionalità.
Dobbiamo quindi pensare a una Costituzione per la Terra sul modello proposto da Luigi Ferrajoli, Raniero LaValle e altri giuristi, che aggiorni lo Statuto dell’ONU o costruisca un altro soggetto analogo con i necessari poteri sovranazionali.
In questi giorni orrendi di una guerra che sembra nessuno voglia terminare, la proposta può apparire utopistica, ma anche se con tempi certo non brevi, è un percorso obbligato, al quale siamo tutti chiamati a partecipare rivendicando il diritto alla sopravvivenza, ma anche alla giustizia, alla eguaglianza e pretendendo la fine degli imperialismi contrapposti.
A oltre settanta anni da quel 25 aprile, che sancì la sconfitta della odiosa subcultura nazi-fascista, è necessario un ulteriore passo avanti verso un futuro migliore: l’unico che abbiamo.