Alfiero Grandi. L’Eurogruppo ha trovato una prima intesa

di Alfiero Grandi - 11/04/2020
Una crisi profonda come questa richiede un lavoro di lunga lena e una piattaforma politica ed economica chiara che guarda all’Europa (e all’Italia) del futuro. Altrimenti saranno guai seri

Non tutto è definito. Aspetti importanti sono rinviati alla riunione dei capi dei governi europei, dopo Pasqua. L’intesa fin qui raggiunta dai Ministri dell’Economia europei (eurogruppo) è un compromesso con aspetti importanti, nodi – per ora – non risolti e aspetti scivolosi, tanto che il Ministro Gualtieri ha messo le mani avanti precisando che l’Italia non userà il Mes, una dichiarazione impegnativa. Il Mes è senza condizioni solo per le spese sanitarie e comunque per l’Italia vale 36 miliardi in tutto, la Bei può concedere prestiti fino a 200 miliardi alle imprese, grazie ad un fondo implementato dagli stati, il fondo Sure, chiamato impropriamente cig europea, arriva a 100 miliardi ma con 25 che dovrebbero versare gli stati, infine i corona bonds non sono citati ma secondo una versione sarebbero presenti nel fondo per investimenti proposto dalla Francia che dovrebbe arrivare a 500 miliardi, di cui per ora si sa poco altro. Era difficile per i governi europei non tentare un’intesa, per quanto ancora approssimativa, di fronte alla virulenza e all’estensione della pandemia del coronavirus e alle gravissime conseguenze economiche.

Un fallimento dopo la Brexit avrebbe sancito un’altra svolta negativa per l’Unione europea, ma non a causa di significative pressioni dall’esterno quanto per il rischio di un’implosione per incapacità dei protagonisti interni. Conte ha detto con forza agli altri governi, intervenendo direttamente sulla stampa degli altri paesi, che è in gioco il futuro dell’Europa. È un argomento importante, forte, per certi aspetti decisivo, ma lo è per tutti, anche per Conte e per l’Italia. La conseguenza è che nessun governo si può assumere la responsabilità di un fallimento e quindi anche l’Italia ha dovuto partecipare alla ricerca di un punto di intesa. Infatti l’intesa è un compromesso. Per la prima volta un gruppo consistente di paesi europei ha sostenuto una posizione politica comune per un intervento solidale europeo – non accadde per la Grecia – per fronteggiare le pesantissime conseguenze economiche della pandemia.  Una maggiore attenzione a cercare una linea unitaria dell’Europa su come affrontare la pandemia sarebbe importante, ma per ora ogni paese procede da solo. Tanto che settori imprenditoriali, che premono per l’apertura ad ogni costo delle aziende, usano le decisioni di un paese contro gli altri. Come ha detto un importante imprenditore: prima di tutto viene la salute. Per ora in solitudine nel suo mondo. Se Salvini avesse un ruolo di governo dovrebbe vedersela con i sovranisti del nord, i più strenui avversari di una politica europea solidale. La sua contrarietà al Mes oggi è urlata, ma non esisteva quando il governo di cui faceva parte ne discuteva. Ancora una volta pura strumentalità. Del resto la sua capacità di aggregare alleanze si è vista con la rottura con tutti i governi europei.

Bene o male questo governo ha cercato di stringere alleanze, con qualche risultato, seppure non ancora definitivo.

Ferma restando la validità della scelta Europea, non c’è dubbio che l’Unione non può restare come la conosciamo oggi. Ad esempio le risposte comuni debbono arrivare in tempi rapidi per dare fiducia e risorse. Sarebbe un errore concentrare l’attenzione solo sulle misure per affrontare l’emergenza, per quanto importanti. Per cambiare l’Europa occorre altro. Occorre affrontare i fondamentali. Il trattato di Mahastricht e la sua traduzione in patti successivi vanno ridiscussi. Mentre si discute di questo occorre mettere sul tavolo alcuni aspetti che già stridono con i trattati vigenti. Ad esempio la concorrenza fiscale intraeuropea. L’Olanda è un paradiso fiscale, come altri paesi. Finora è stato consentito a gruppi multinazionali, ad esempio FCA, di autoridursi le imposte facendo base in Olanda. In questa situazione l’Italia non può permetterselo, o rientrano nel paese, o debbono essere costretti a pagare come se avessero sede in Italia. La stessa questione della stabile organizzazione va rovesciata, fino a prova contraria c’è. L’elenco completo dei paradisi fiscali dentro l’Unione è noto da tempo e sono la via per non pagare dei colossi del web. Così occorre intervenire con severità verso quanti non hanno fatto ritornare i capitali esportati illecitamente neppure dopo gli ignobili condoni, purtroppo approvati da troppi governi. Sono arrivati elenchi di evasori che vanno perseguiti senza perdere tempo, avanti tutta, se qualcuno farà qualche giorno di galera, oltre al sequestro dei beni, sarà di esempio. L’evasione è un male con radici antiche in Italia, mai estirpata, questa è l’occasione, l’opinione pubblica capirà e appoggerà.

Altre risorse possono arrivare dalla necessaria severità sugli appalti, qualche novità positiva c’è, meno chiaro è chi prenderà il posto di Cantone contro la corruzione.  I beni sequestrati alle mafie possono essere usati, altrimenti venduti o ceduti, con il vincolo di un risequestro automatico se risultasse un riacquisto mafioso. Queste ed altre risorse debbono entrare in un fondo nazionale per lo sviluppo di investimenti ed opere di interesse pubblico da usare con rapidità a sostegno della ripresa. Questi fondi potrebbero essere di sostegno, insieme ad altri, per fare rientrare in Italia produzioni oggi necessarie. Ad esempio la produzione di dispositivi sanitaria, fin troppo necessaria. Occorre un progetto per riportare in Italia le produzioni decentrate.  Il controllo sugli acquisti dall’estero di società deve essere fatto con durezza attraverso uno strumento giuridico di interesse nazionale, compresa una norma che obblighi la Consob ad intervenire prima che la speculazione faccia danni, come è accaduto, sia vietando vendite allo scoperto che sospendendo i titoli sotto attacco ribassista. Anche la gestione del nostro debito pubblico può migliorare. In passato ci sono stati errori che confermano l’utilità di uno strumento specializzato, creatura del Tesoro, per gestire il debito pubblico sul modello dell’Agenzia tedesca. Ne ha scritto Minenna, più confusamente sembra farvi riferimento Tremonti. Se funziona perché non imitare la Germania? Questo strumento potrebbe offrire anche altre opportunità e aiutare a mettere in campo proposte per attirare risparmio privato nazionale a lunga scadenza, come ha proposto Monti

L’elenco potrebbe essere lungo. In sostanza è evidente che per uscire dalla stretta attuale occorre mettere in discussione dei tabù e decidere scelte innovative, usando gli spazi esistenti e aprendo una seria discussione sulle modifiche ai trattati. Per inciso la questione del primo approdo dei migranti è stata alleggerita, non risolta. Il “faremo da soli” di Conte obbliga il governo ad avere un progetto di sviluppo, un programma di interventi per guidare il cambiamento economico e sociale. L’innovazione va programmata e guidata, facendo partecipare attivamente la società e gli interventi debbono prendere risorse da chi le ha e sostenere chi non ne ha. Tornando all’intesa nell’eurogruppo, in attesa di capire cosa lascerà vedere la nebbia che per ora avvolge alcune decisioni come il fondo per la ripresa, il cui valore è dato tra 500 e 1000 miliardi, occorre una strategia complessiva e la capacità di trasformare l’intesa tra un gruppo di paesi in un progetto capace di cambiare il volto dell’Europa.

Una riunione difficilmente può bastare. Una crisi profonda come questa richiede un lavoro di lunga lena e una piattaforma politica ed economica chiara che guarda all’Europa (e all’Italia) del futuro. Altrimenti saranno guai seri.

 

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