La questione fiscale è centrale: da una politica delle entrate possono venire le risorse necessarie per sostenere la ripresa dell’occupazione e dell’economia oppure per minare lo Stato sociale. Come ha ricordato il Fatto, la detrazione fiscale per le ristrutturazioni ha favorito il settore delle costruzioni, mobilitando consistenti risorse private, usate in anticipo rispetto alle detrazioni spalmate su 10 anni. Il nero è diventato più difficile perché meno conveniente per la restituzione fiscale del 50 per cento, anche se in 10 anni. Altri tentativi di intervenire con detrazioni fiscali non hanno avuto lo stesso risultato perché la forza dell’incentivo fiscale è insufficiente. Se l’obiettivo è ridurre l’evasione dell’Iva, servono dichiarazione dei redditi più veritiere.
L’adozione delle procedure informatiche, in particolare della fatturazione elettronica, consente di incrociare dati e di accertare verità nascoste, ma non basta. La mole dei dati raccolti va gestita dall’Agenzia delle entrate e dalla Guardia di finanza. I condoni, comunque mascherati, dirottano l’attenzione del personale che dovrebbe impegnarsi a perseguire evasione ed elusione. Inoltre occorre costruire un nuovo sistema di repressione adeguato per portare in carcere i grandi evasori, abbassando le soglie attuali del reato e aumentando le pene.
La dichiarazione di guerra all’evasione deve essere netta, altrimenti le risorse necessarie per uscire da questa strettoia non saranno disponibili. Purtroppo siamo ancora lontani. Bisogna rilanciare la lotta all’evasione, usando l’esperienza del settore ristrutturazioni edilizie, estendendola ad altri settori, usando il contrasto di interessi in modo più esteso. Non si può applicare a tutto, ma per alcuni servizi importanti si può estendere il meccanismo ma sapendo che la detrazione deve essere forte, conveniente, di molto superiore all’Iva.
Anzichè buttare risorse in abbassamenti di tasse, meglio concentrarsi sul contrasto di interessi tra consumatore e servizi. Con il vantaggio di maggiori entrate e nello stesso tempo della possibilità di adottare politiche di incentivo o di disincentivo nei vari settori, con scopi anticiclici. Si potrebbe avviare un graduale allargamento dei settori soggetti a detrazioni come alcune attività: idraulici, elettricisti, ecc. questo comporterebbe l’emersione di beni. L’accorpamento del ministero delle Finanze nel Mef è stato un errore che ha tolto attenzione dalla politica delle entrate, sia come visione di insieme sia come interventi di sperimentazione. Questa scelta dovrebbe essere ripensata, la politica delle entrate è cruciale. Sarebbe quindi molto utile ripristinare il ministero delle Finanze.
Poi c’è un punto politico. Negli ultimi anni sta prevalendo una politica fiscale sempre più corporativa, settoriale: a ognuno il suo fisco. Il prelievo fiscale, invece, deve avvenire con modalità diverse perché diverse sono le condizioni di lavoro e di vita nella società, mentre le richieste di partecipazione alle entrate deve avvenire su un piano di parità e con una progressione, come da Costituzione, in cui chi più ha più deve pagare.
La flat tax di cui parla oggi la Lega è il contrario di quello che occorre fare. Robin Hood alla rovescia. L’idea poi che si possa svuotare la flat tax, trasformandola in un aiuto fiscale alle famiglie come propone il Movimento 5 Stelle, è una pia illusione: si tratta di una regressione sociale ed economica.
Per affrontare una nuova politica fiscale occorre un tavolo scientifico, con esperti, per mettere a punto una proposta per definire gli obiettivi da suggerire al governo e al Parlamento, e una sede permanente di confronto con le parti sociali perché c’è bisogno di creare un clima di convergenza. Il governo sembra invece andare in direzione opposta.