Il Presidente del Senato ha consapevolmente scelto parole che dividono gli italiani, con considerazioni che tendono a una rivalutazione/assoluzione del fascismo ed una svalutazione/condanna della Resistenza.
- Lui e la presidente Meloni stanno operando una controriforma culturale che ha come fine il progressivo cambiamento del senso comune di una parte dell’opinione pubblica.
- È il momento di opporre una nuova narrazione della Resistenza come codice d’interpretazione della Costituzione, l’Italia che è unita e che unisce è il contrario del Paese della divisione e del rancore che ci ha rappresentato dalla seconda carica dello Stato.
Ignazio La Russa non può non sapere chi erano gli uomini del terzo battaglione del Polizeiregiment colpiti dall’attacco di via Rasella, né può ignorare le responsabilità gravissime di autorevoli fascisti, fra cui il questore Pietro Caruso, il ministro dell’Interno della repubblica di Salò Guido Buffarini Guidi, il criminale di guerra Pietro Koch, nella strage delle Ardeatine.
Noi, come Associazione nazionale partigiani d’Italia, ricordiamo i 335 martiri assassinati dai nazisti e dai fascisti il 24 marzo 1944, uno per uno, nella campagna social #tuttalamemoriasulleFosseArdeatine. Il presidente del Senato ha consapevolmente scelto parole che dividono gli italiani, con considerazioni che tendono nella sostanza a una rivalutazione/assoluzione del fascismo e una svalutazione/condanna della Resistenza.
Le sue affermazioni sono la punta dell’iceberg di una narrazione che va avanti da anni – ma che sta avendo da qualche mese una accelerazione eccezionale – composta da centinaia di episodi noti e meno noti: dichiarazioni e comportamenti del tal consigliere comunale o del tal parlamentare o del tal assessore – tutti di Fratelli d’Italia –, roboanti affermazioni ed eloquenti silenzi il cui esito è lo sradicamento delle radici ideali, politiche, istituzionali, culturali dell’Italia costituzionale.
Il 28 dicembre scorso il ministro della Difesa Guido Crosetto, in un intervista al Messaggero, aveva affermato: «Non si può pensare di fare politiche nuove e diverse se nei posti chiave tieni funzionari che hanno mentalità vecchie o servono ideologie di cui noi rappresentiamo l’alternativa».
Quella frase conteneva un nocciolo autoritario e un programma di lavoro che stanno realizzando, distribuendo personalità-chiave nei gangli fondamentali della vita istituzionale e che si aggiungono a una attiva presenza negli enti locali e nei consigli regionali e anche – diciamolo – al “lavoro sporco” delle formazione dichiaratamente neofasciste.