Una lunga vicenda storico-giudiziaria è arrivata a una battuta d’arresto negativa con la sentenza n. 159 della Corte Costituzionale, depositata il 21 luglio. A molti anni di distanza dai fatti, l’eco delle stragi naziste in Italia e delle deportazioni degli schiavi di Hitler è pervenuta nei Tribunali e nelle Corti italiane. Una sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione del 2004 (caso Ferrini) ha operato uno straordinario avanzamento di civiltà giuridica, riconoscendo che per quegli atti che più profondamente feriscono la dignità umana, come i crimini di guerra e i crimini contro l’umanità, non vale la tradizionale immunità giurisdizionale degli Stati.
Sulla scia della sentenza Ferrini, sono fioriti numerosi procedimenti che hanno portato alla condanna della Germania, con notevole imbarazzo delle Cancellerie per questa intrusione dei giudici italiani nelle relazioni fra Stati sovrani. Così lo Stato tedesco si è rivolto alla Corte Internazionale di Giustizia dell’Onu che, con una sentenza del 3 febbraio 2012, ha riconosciuto la sua immunità sulla base del diritto internazionale tradizionale. Lo Stato italiano si è immediatamente conformato alla decisione della Cig, con una leggina del 2013, imponendo ai giudici italiani di porre termine ai processi per difetto di giurisdizione.
La vicenda sembrava definitivamente conclusa, invece – inaspettatamente – i giochi sono stati riaperti dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 238 del 2014, dovuta al genio giuridico del compianto Giuseppe Tesauro. Con questa sentenza la Corte ha affermato un principio invalicabile di civiltà giuridica, vale a dire che nella Costituzione vi sono dei principi, attinenti a diritti fondamentali della persona, che non possono essere bilanciati con altre esigenze, pur di rilievo costituzionale.
A seguito di questa pronuncia della Consulta sono ripresi i procedimenti giurisdizionali per il risarcimento dei crimini di guerra commessi dalle truppe naziste, suscitando i fulmini della Germania, che nel 2022 ha presentato un nuovo ricorso contro l’Italia alla Corte Internazionale di Giustizia.
A questo punto è intervenuto il governo Draghi con un escamotage per fermare le azioni sui beni dello Stato tedesco e parare le eventuali critiche della Consulta. Nei provvedimenti per l’attuazione del Pnrr è stato inserito un fondo per il ristoro dei danni subiti dalle vittime di crimini di guerra commessi dalle truppe del Terzo Reich, con il compito di provvedere a una forma di pagamento dei danni al posto della Germania.
La Consulta si aggrappa a questa legge, chiamandola “norma virtuosa, anche se onerosa” e conclude che è stato fatto un giusto bilanciamento fra i due diritti delle vittime e gli obblighi internazionali dello Stato. Anzi, osserva, le vittime riceveranno una più intensa tutela perché potranno riscuotere più facilmente il loro credito.
Peccato che nella legge ci siano uno stanziamento limitato e un termine di decadenza per le azioni di risarcimento che è già spirato il mese scorso. Anche se i crimini di guerra sono imprescrittibili, per il governo italiano e la Consulta vale il famoso ritornello: “Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato… scurdammoce o’ passato…”.
*Luca Baiada è magistrato della Corte d’appello militare di Roma