Referendum sulla giustizia, perché votare No turandosi il naso

di Antonio Caputo - huffingtonpost.it - 09/06/2022
Quesiti inconcludenti, dalla separazione delle funzioni fra pm e giudici alla raccolta delle firme per la presentazione di candidature al Csm, inefficace a combattere il palamarismo alla incandidabilità dei condannati

Richiesto da 9 consigli regionali con una certa maggioranza politica e con inevitabile finalità partitica. Le firme non sono state depositate. Tocca il solo processo penale mentre a fronte di 6 milioni di processi civili, amministrativi e tributari di lunga anche antieconomica durata per cui i quesiti hanno effetto zero.

Inadeguatezza dello strumento abrogativo per questioni complesse, l’operazione del ‘togliere’ non permette di ottenere un quadro coerente snaturandone la funzione. Perplessità sui promotori in Parlamento che hanno tralasciato interventi sull’architettura costituzionale, assetto del C.S.M. e sistema di autogoverno della magistratura e su forze politiche con ministri nel governo, status che richiederebbe proposte di riforme sistematiche e sostegno dell’iter parlamentare e non complicati taglia/incolla.

Il Parlamento dovrà intervenire anche se vince il Sì. Sì, come sprone per le riforme dicono i promotori, “meglio un sì ignorante dell’inerzia sapiente del Parlamento” titola Il Dubbio con nochalance ma se i quesiti fossero approvati sempre in Parlamento si dovrebbe andare.

La riforma Cartabia tratta le stesse materie, modalità di elezione dei membri togati del Csm, valutazione dei magistrati, separazione delle funzioni con   l’incognita della inefficacia del voto e relativo contenzioso e intervento di Corte Costituzionale e/o Parlamento derivante da testi in conflitto. Spicca per  impudenza partitica della tabula rasa il quesito mirante a rimuovere la legge anticorruzione Severino su incandidabilità e divieto di ricoprire cariche elettive e di governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per gravi delitti non colposi con decadenza automatica per parlamentari, rappresentanti di governo e per consiglieri regionali, sindaci e amministratori locali, in caso di condanna anche non definitiva per gravi delitti non colposi.

Nel 2021 la Corte europea dei diritti dell’uomo rigettò il ricorso di Giancarlo Galan -affare Mose Galan c.Italia giudicando se vada riconosciuta natura  penale alla legge e sia da ritenersi violato il principio di irretroattività in materia penale in caso di applicazione a fatti anteriori all’entrata in vigore della legge.

La CEDU, come la Corte Costituzionale, affermò che l'interdizione dalla candidatura o la rimozione dall'ufficio non sono sanzioni o effetti della condanna penale,  escludendo profili di incostituzionalità considerato lo scopo non punitivo della legge diretta a preservare buon andamento e trasparenza di amministrazioni e assemblee elettive quando venga meno un requisito soggettivo – la capacità morale – necessario per l'accesso alle cariche o per il loro mantenimento a tutela dell’etica delle istituzioni e argine al fenomeno dell’infiltrazione del crimine organizzato nella pubblica amministrazione.

La sospensione automatica non contrasta con il Protocollo CEDU sulla tutela del diritto di voto attivo e passivo poiché «i legislatori nazionali godono di  ampio margine di apprezzamento nella disciplina del diritto di elettorato passivo, per la peculiare esigenza di garantire stabilità ed effettività di un sistema  democratico nel quadro del concetto di «democrazia capace di difendere se stessa»”, non contrastando con il Protocollo l’applicazione automatica della misura solo perché “non affidata ai giudici nazionali”. 

Si obietta per amministratori locali incandidabili anche in caso di sentenza non definitiva che alcuni sono assolti nei successivi gradi di giudizio, casi marginali che non fanno venire meno l’esigenza etica di non vedere eletto un condannato.

Il Parlamento crei le condizioni per abbreviare i tempi del processo, se mai concedendo al condannato in primo grado di rivolgersi al giudice per far rimuovere se possibile l’impedimento, ma non si faccia di ogni erba un fascio.

Il secondo quesito riguarda la custodia cautelare inibita quando ricorra il pericolo di reiterazione del reato. Nel bilanciamento fra diritto di libertà prima della condanna definitiva ed esigenze di sicurezza sociale un pesante squilibrio in danno delle seconde. Rimarrebbero fuori delitti contro l’incolumità pubblica non commessi da organizzazioni criminali né da terroristi o mediante armi e mezzi di violenza personale, condotte come rapina o estorsione o stalking e abusi domestici senza armi e mezzi di violenza personale, per esempio ricorrendo a minacce o come la cessione di  stupefacenti anche di rilevante entità senza partecipazione ad associazioni per delinquere volte al traffico della droga o delitti anche gravi contro la pubblica amministrazione. All’arresto in flagranza seguirebbe la remissione in libertà se la sola esigenza cautelare ipotizzata fosse il rischio di reiterazione del reato.

Il quesito su separazione delle funzioni, 2 pagine fitte indecifrabili per chiunque se non con ricerche su molte Gazzette ufficiali è inconcludente in assenza di interventi del Parlamento se il fine sbandierato dai promotori è separare le carriere e non le sole funzioni. Il risultato non sarebbe separare le carriere come certa pubblicità ingannevole su Perry Mason vuol far credere.

Separare le carriere richiede una riforma della Costituzione di competenza del Parlamento e non taglia/incolla, con interventi sulla architettura costituzionale -accesso e CSM- oltre che sul ruolo del PM ora soggetto alla legge e alla ricerca della verità, se separato non più e su compatibilità con la Costituzione vigente del processo “accusatorio” anglosassone.

La Costituzione prevede unico accesso in magistratura e unico organo di autogoverno, CSM, per PM e giudici. Il giudice soggetto a procedimento disciplinare verrebbe giudicato dal CSM composto anche da PM e viceversa, entrambi vedrebbero disciplinate le proprie carriere dal CSM. Con possibile contenzioso e problemi di costituzionalità su limitazioni di carriere di chi abbia vinto lo stesso concorso.

C’è chi spinge al voto scomodando divorzio e aborto che abbiamo avuto in forza di leggi del Parlamento e non di referendum che intendessero abrogare quelle leggi.

Questo articolo parla di:

archiviato sotto: