Alla ricerca di una via d’uscita dalla guerra

di Francesco Pallante - volerelaluna.it - 14/03/2022
Che fare? Cessare immediatamente di soffiare sul fuoco, pur mantenendo immutato il giudizio morale di inappellabile condanna nei confronti della Russia, e avviare un’iniziativa diplomatica straordinaria

Sul piano teorico, la guerra in Ucraina può avere quattro vie d’uscita.

La prima è la vittoria dell’aggredito sull’aggressore: dunque, dell’Ucraina sulla Russia. Sarebbe bello potesse accadere. In questa guerra, ma non solo: sarebbe bello se tutte le guerre di aggressione si concludessero sempre con la vittoria dell’aggredito sull’aggressore. Nessuno vorrebbe più indossare i panni dell’aggressore. Nessuno muoverebbe più guerra ad altri. Purtroppo, accade di rado: di solito l’aggressore si prepara adeguatamente e aggredisce quando ha ragionevole certezza di vincere. Non è accaduto in Vietnam. Non è accaduto in Afghanistan (né ai russi, né agli americani). Ma è quel che tutti gli esperti militari dicono accadrà in Ucraina. Si può far pagare a Putin un prezzo molto alto, ma è impossibile che, alla fine, la Russia perda la guerra contro l’Ucraina.

Più realistiche sono le altre vie d’uscita. Le tratto in ordine inverso di auspicabilità.

La più terribile, e definitiva, è l’olocausto nucleare che potrebbe scaturire dall’allargamento del conflitto alla Nato o all’Unione europea. Di fatto, le due ipotesi sono equivalenti, dal momento che – in base all’art. 42, comma 7, del Trattato sull’Unione europea – «qualora uno Stato membro [dell’Ue] subisca un’aggressione armata nel suo territorio, gli altri Stati membri sono tenuti a prestargli aiuto e assistenza con tutti i mezzi in loro possesso, in conformità dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite»: «un obbligo pattizio – ha scritto Michele Vellano, professore di Diritto dell’Ue – che lega gli Stati membri dell’Unione europea in modo persino più stringente rispetto a quello contenuto nell’art. 5 del Trattato Nato», il quale dispone che ciascuna Parte contraente assisterà la Parte o le Parti attaccate «intraprendendo immediatamente, individualmente e di concerto con le altre parti, l’azione che giudicherà necessaria, ivi compreso l’uso della forza armata». Insomma: basta che un Paese Nato o Ue si ritrovi, anche accidentalmente, coinvolto nel conflitto, perché a cascata lo siano immediatamente tutti gli altri, sino agli Stati Uniti. A quel punto, il ricorso all’atomica da parte di uno dei due schieramenti diverrebbe una prospettiva concreta e da lì all’estinzione dell’umanità sarebbe un passo. Che alcuni Paesi, tra cui la stessa Ucraina, spingano perché la situazione arrivi sulla soglia di questo rischio è semplicemente sconvolgente.

Meno terribile, ma altrettanto inaccettabile, sarebbe la sconfitta dell’Ucraina da parte della Russia. Significherebbe darla vinta all’aggressore. Accettare che il, pur altamente imperfetto, tentativo di regolare l’uso internazionale della forza da parte dell’Onu subisca un altro colpo: forse mortale, dopo tutti quelli sferrati dall’Occidente negli ultimi trent’anni. Ciò che risulterebbe sancito in via definitiva è che, grazie al diritto di veto, i membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu non solo sono al riparo dalla giustizia internazionale, ma, più radicalmente, sono al di sopra delle regole del diritto internazionale. È chiaro che dietro la regola giuridica del veto c’è la tremenda concretezza dell’arsenale nucleare. Ma altro è usare l’arma nucleare come deterrente che impedisce di subire attacchi, altro è usare l’arma nucleare come patente che consente di sferrare attacchi. Il passaggio dall’una all’altra prospettiva, già avviato dagli Usa e dalla Gran Bretagna con la guerra all’Iraq nel 2004, comporterebbe uno spaventoso salto verso l’ulteriore sdoganamento della violenza a vantaggio dei più forti.

Rimane l’ultima via d’uscita: che la Russia e l’Ucraina si siedano a uno stesso tavolo e negozino un accordo di pace. Non una mera tregua, ma un vero accordo di pace, suscettibile di offrire una soluzione duratura alle ragioni della loro contrapposizione. Questo significa che la Russia non solo non verrà punita per aver scatenato le ostilità, ma addirittura ne trarrà vantaggio? Sì, purtroppo significa questo. In una negoziazione, se reale, qualcosa si ottiene, qualcosa si cede. Ma è ingiusto, si dirà: così l’aggressore ne uscirà premiato. Sì, è ingiusto. Ma, qual è l’alternativa? Come visto, posto che l’Ucraina non può vincere, le alternative al negoziato sono la completa distruzione dell’Ucraina da parte della Russia e la completa distruzione del pianeta da parte delle potenze nucleari. Difficile sostenere che siano alternative migliori di un accordo di pace…

Se tutto questo è vero, allora ne deriva che aver inviato e continuare a inviare armi all’Ucraina è stato ed è un terribile errore: un errore le cui conseguenze paghiamo tutti, sotto forma di aumento del rischio dell’olocausto nucleare; e pagano in particolare gli ucraini, sotto forma di prolungamento delle sofferenze causate dal conflitto. Si badi: non è che non bisogna inviare armi agli ucraini per permettere ai russi di vincere più in fretta. Questa è la risibile caricatura della posizione pacifista tracciata dai fautori della guerra. Il punto è che non bisogna inviare armi agli ucraini affinché la pace possa farsi strada nel più breve tempo possibile. Ogni giorno in più di guerra rende la pace più difficile. Cinico e vile non è chi preme per l’entrata in campo della diplomazia, bensì chi alimenta la guerra fornendo armi che altri saranno poi chiamati a impugnare senza alcuna chance di successo.

Dunque, che fare? Cessare immediatamente di soffiare sul fuoco, pur mantenendo immutato il giudizio morale di inappellabile condanna nei confronti della Russia, e avviare un’iniziativa diplomatica straordinaria. Chiunque lo facesse sarebbe nel giusto; e, nel caso dell’Italia, anche nell’alveo della Costituzione, che impone di non risolvere le controversie internazionali tramite la guerra. L’immobilismo diplomatico del Governo italiano lascia senza parole. È chiaro, in ogni caso, che solo una forte e autorevole iniziativa può avere qualche possibilità di successo. Quella a cui stiamo assistendo è una guerra europea ed è, dunque, all’Europa che anzitutto spetta farsene carico. Anziché cogliere l’occasione per rilanciare la corsa agli armamenti – siamo al riarmo della Germania, come tra le due guerre mondiali! –, occorre reagire rilanciando la vocazione di pace che Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorno avevano immaginato per l’Europa. Chissà, forse dall’immane tragedia in atto potremmo avere la sorpresa di veder finalmente scaturire l’embrione di un’Europa non limitata a moneta e mercato, ma impegnata a costruire un mondo multipolare di pace.

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