Dobbiamo tirarci fuori dalla campagna di Russia

di Domenico Gallo - Ilfattoquotidiano.it - 04/09/2024
Quos Deus perdere vult, dementat prius (“quelli che Dio vuole perdere, per prima cosa li rende dementi”). Questa locuzione fu usata da Lev Tolstoj in Guerra e Pace per descrivere Napoleone Bonaparte che ordina l’avanzata in territorio russo nel 1812.

La catastrofe della guerra in Russia fu indubbiamente frutto del delirio di potenza che aveva oscurato la mente di Napoleone. Oggi ci troviamo di fronte alla programmazione di una nuova e più catastrofica campagna di Russia, di cui l’invasione ucraina nel territorio di Kursk, rappresenta il detonatore, se Zelensky non verrà ridotto a più miti consigli. La mini-invasione della Russia intrapresa dall’Ucraina con i mezzi corazzati, l’armamento e la copertura di intelligence della Nato, è un’operazione che non ha grandi prospettive sul piano meramente militare, addirittura potrebbe apparire un non senso, dal momento che l’Ucraina ha dovuto distogliere una parte delle sue truppe migliori dal Donbass dove non riesce ad arrestare la lenta ma inesorabile avanzata delle truppe russe. Molto si potrebbe discutere sui reali obiettivi di questa operazione in territorio russo: rivalsa contro il mito di potenza per galvanizzare l’opinione pubblica interna, conquista di una posizione negoziale per lo scambio di territori, controllo della centrale nucleare di Kurchatov, umiliazione della Russia, e altro. Obiettivi indubbiamente verosimili ma tutti convergenti verso un obiettivo superiore: creare una provocazione politica per destabilizzare Putin e per spingere la Russia a massimizzare la violenza, provocando così l’ingresso definitivo in guerra della Nato.

L’offensiva dei dirigenti politici ucraini che punta a ottenere mano libera per usare sistemi missilistici Usa e Nato allo scopo di colpire siti di valore strategico in Russia e la dichiarata intenzione di Zelensky di presentare un “Piano per la vittoria”, lasciano intendere che la direzione di marcia del piccolo Napoleone di Kiev è quello di provocare l’avversario sfidando il rischio che, messa con le spalle al muro, la Russia, ricorra all’uso delle armi nucleari tattiche.

Domenico Quirico su La Stampa ha colto che: “Oggi dopo Kursk qualcosa è cambiato, di profondo, al di là della irrilevanza militare della incursione ucraina” ed ha osservato che: “Un sistema politico, esiste solo se risponde in maniera adeguata a ciò che lo mette in pericolo. Finché riesce a reagire e ad annientare ciò che punta alla sua fine sopravvive. Quando dimostra di non avere più i mezzi per rispondere, subito, drasticamente, muore. La Russia putiniana è forse arrivata a questo dilemma senza vie di uscita.”

Se Quirico quasi si compiace dell’indebolimento del potere di Putin, noi, al contrario, non possiamo che allarmarci. Come farà quel sistema politico a rispondere in maniera adeguata a ciò che lo mette in pericolo? Persino Antonio Tajani e Guido Crosetto si sono resi conto che stiamo varcando la soglia della guerra con la Russia e hanno messo le mani avanti dichiarando contrarietà all’uso di nostri sistemi d’arma per colpire obiettivi in territorio russo poiché “noi non siamo in guerra con la Russia”. I politici italiani sono campioni mondiali di servilismo, oggi verso la Nato, ieri verso la Germania hitleriana, ma non sono pazzi al punto da rischiare il suicidio per amore di servilismo. L’impazzimento invece dilaga nel territorio dell’Unione europea e offusca le menti dei dirigenti politici se l’Alto Rappresentante per la politica estera Josep Borrell ha così tacciato le esitazioni italiane: “Io credo che sia ridicolo dire che se si permettono di colpire obiettivi militari in Russia allora vuol dire essere in guerra contro Mosca, come dicono alcuni Stati membri”. Evidentemente per Borrell dirigere le nostre armi contro obiettivi strategici in Russia e colpirli pesantemente non è un atto di ostilità e la Russia non deve considerarlo come tale. Purtroppo nulla ci garantisce che i generali russi condividano questa tesi.

In questo momento – direbbe Tolstoj – il delirio di potenza circola nelle cancellerie dei principali paesi europei, specialmente in Gran Bretagna e nei Paesi nordici. L’Italia non conta nulla, ma facciamo pur sempre parte della Nato e lo scoppio della guerra con la Russia ci coinvolgerà inevitabilmente. Il conflitto russo ucraino è arrivato a un punto di svolta. L’Ucraina, che sta perdendo, può capovolgere le sorti della guerra soltanto provocando un’ulteriore escalation con il coinvolgimento diretto della Nato. Dobbiamo fare tutto il possibile per evitare che questa svolta si compia: è proprio il caso di dire che si tratta di una questione di vita o di morte.

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