Si sono appena concluse le esercitazioni militari cinesi intorno all’isola di Taiwan, ma dall’Indo-Pacifico all’Atlantico, al Baltico, la febbre della mobilitazione bellica attraversa tutto il pianeta. Le esercitazioni cinesi, denominate “manovre congiunte per affilare la spada”, hanno interessato gli spazi aerei e marittimi intorno a Taiwan dall’8 al 10 aprile, testando l’accerchiamento e il blocco dell’isola. Sono state mobilitate 11 navi da guerra, fra cui la portaerei Shandong, e 59 jet fra caccia e bombardieri. Se la Cina mostra i muscoli, le altre potenze non arretrano, anzi rilanciano. Dall’11 aprile è partita la più grossa esercitazione militare congiunta fra Filippine e Stati Uniti che ci sia mai stata nei 38 anni di esercitazioni congiunte. Manila ha annunciato di aver concesso agli Stati Uniti l’uso di quattro ulteriori basi militari, tutte site di fronte al Mare cinese del Sud, a meno di 400 miglia da Taiwan. All’esercitazione, che durerà 17 giorni, è prevista la partecipazione di 12.000 militari USA assieme a 5.400 militari filippini. Parteciperà anche un contingente di 100 militari australiani. Si tratta del doppio delle truppe che parteciparono all’esercitazione dell’anno scorso.
Contemporaneamente dal 10 al 21 aprile si svolgerà la “Cope India”, un’esercitazione aerea congiunta fra le forze armate indiane e quelle americane, alla quale parteciperanno come osservatori anche velivoli militari giapponesi.
La NATO non può essere da meno ed ha annunciato che nel mese di giugno lancerà la più estesa esercitazione militare che ci sia mai stata nei 74 anni di storia dell’Alleanza, con l’impiego di 220 aerei e 10.000 militari provenienti da 24 nazioni. Circa la metà degli assetti aerei sarà fornita dall’aviazione americana (U.S. Air National Guard). Si tratta del più grande dispiegamento transatlantico dell’aviazione americana dai tempi della guerra del Golfo.
Attraverso tutte queste mobilitazioni militari gli imperi mostrano i muscoli e sperimentano la capacità di muoversi guerra in ogni angolo dell’”orbe terraqueo”, per dirla con Meloni. Quello che rende queste simulazioni di guerra particolarmente inquietanti è il fatto che coesistono con il fuoco vivo di un conflitto nel quale due delle superpotenze militari (USA e Russia), sono direttamente implicate. In particolare la fuga di documenti dal Pentagono, dimostra quanto gli Stati Uniti partecipino alle strategie e ai piani militari delle forze armate ucraine, combattendo di fatto una guerra contro la Russia per interposta persona. Dal canto loro gli Ucraini hanno fatto sapere che non intendono modificare i loro piani militari, che prevedono il lancio di una controffensiva di primavera con l’obiettivo di travolgere le forze d’occupazione russe e di recuperare i territori persi nel 2014. Ci stiamo muovendo verso un’intensificazione dello scontro militare in Ucraina nella cornice di un’accentuazione delle minacce militari e delle guerre simulate in tutto il mondo. Il problema è capire cosa c’è sullo sfondo, quali prospettive ci riserva questa febbre da mobilitazione bellica.
Stiamo fornendo l’Ucraina di sistemi d’arma sempre più performanti, ma se le forze armate ucraine dovessero dilagare in Crimea, insidiando la base della marina russa a Sebastopoli, chi ci può assicurare che la Russia si arrenderà senza porre mano all’arsenale nucleare?
Senza volerlo e senza rendercene conto ci stiamo avviando sulla via per Harmageddon. Secondo l’Apocalisse gli spiriti maligni partoriti dalla Bestia andarono dai Re di tutta la terra per radunarli “per la battaglia del gran giorno del Dio onnipotente”. Essi “radunarono i Re nel luogo che in ebraico si chiama Harmageddon (Apocalisse, 16,1).
L’apocalisse segnerà la fine della storia, ma noi vogliamo fermamente che la storia continui. Per arrestare questa marcia verso Harmageddon, la cosa più urgente è fermare il conflitto in Ucraina, spegnere l’incendio prima che si estenda al resto del mondo. Anche i conflitti più esasperati possono trovare una soluzione, possono essere fermati da un compromesso onorevole fra i contrapposti interessi in campo. Il primo passo è quello di abbandonare quella sciagurata politica che punta ad ottenere la pace attraverso la sconfitta militare e la punizione di uno dei due contendenti. E’ questa l’impostazione che emerge come un mantra dalle numerose prese di posizione del Parlamento Europeo, rilanciate dal Consiglio Europeo, in documenti in cui si parla solo di intensificare la fornitura di armi all’Ucraina e in cui non esiste la parola “cessate il fuoco”, o la parola “negoziato”. Si tratta di una politica che vede le forze socialdemocratiche europee e quelle conservatrici avvinte dalla medesima incoscienza e dal medesimo servilismo verso Washington. Si veda in proposito l’intervista rilasciata dal Ministro degli esteri del nuovo governo conservatore Svedese, Tobias Billstrom (Corriere della Sera, 4 aprile), che prefigura che i russi debbano essere scacciati dalla Crimea e perfino dalla strategica base navale di Sebastopoli. Questa politica insensata alimenta la guerra e ci spinge verso la catastrofe. L’Europa ha bisogno urgente di una svolta politica, di respingere gli spiriti maligni. Da qualunque parte provengano.
(pubblicato sul Fatto Quotidiano del 12 aprile con il titolo: Queste guerre simulate ci preparano al peggio)