Il diritto internazionale di fronte al genocidio dei Palestinesi

di Fabio Marcelli - lacittafutura.it - 17/02/2024
La Corte internazionale di giustizia, su richiesta del Sudafrica, dovrà stabilire se ci troviamo di fronte a un vero e proprio genocidio nel senso della Convenzione delle Nazioni Unite in materia. Obblighi di prevenzione del genocidio incombono anche su tutti gli altri Stati, che devono astenersi da ogni appoggio e complicità nei confronti di Israele.

Da tempo la dottrina del diritto internazionale sta elaborando categorie come l’intervento umanitario e la responsibility to protect, contrassegnate in sostanza dal venir meno dei limiti all’uso della forza e della stessa sovranità statale. Personalmente ho sempre diffidato di tali innovazioni, in quanto suscettibili di determinare un superamento del diritto internazionale classico, basato sulla Carta delle Nazioni Unite, per legittimare operazioni di stampo imperialistico come quelle alle quali abbiamo assistito dalla prima guerra del Golfo in poi, nel contesto della breve fase unipolare della comunità internazionale durata una dozzina d’anni, dalla fine dell’Unione Sovietica (1991) alla seconda guerra del Golfo (2003) a partire dalla quale abbiamo registrato un progressivo e crescente declino dell’ egemonia statunitense sul mondo (per ulteriori svolgimenti cfr. F. Marcelli, Diritto internazionale, appunti critici, Editoriale Scientifica, 2023, specie la parte seconda). 

Nella fase nuova che stiamo vivendo, caratterizzata dal maturare dei prodromi di un governo multipolare del pianeta, la questione potrebbe peraltro porsi in termini nuovi ed originali.

Un altro elemento di sconvolgente novità è che stiamo assistendo, per la prima volta nella storia umana, a un genocidio in diretta, lo sterminio dei Palestinesi colle bombe, le fucilazioni, la fame e la sete da parte del regime nazisionista di Netanyahu che ha preso il controllo dello Stato di Israele spingendo alle estreme conseguenze la deformazione dell’ebraismo da tempo operata dal sionismo classico.

La Corte internazionale di giustizia, su richiesta del Sudafrica, cui si sono via via aggiunti altri Stati, dovrà stabilire se ci troviamo di fronte a un vero e proprio genocidio nel senso della Convenzione delle Nazioni Unite in materia, che risale al 1948 e che venne stipulata proprio in reazione all’Olocausto del popolo ebraico perpetrato prima e durante la Seconda guerra mondiale dalla Germania hitleriana. Già l’ordinanza emessa dalla stessa Corte, che stabilisce misure provvisorie volte a scongiurare il genocidio, ha chiarito al riguardo senza ombra di dubbio e con una maggioranza quasi totale dei quindici giudici, cui in alcuni casi si è aggiunto lo stesso giudice ad hoc nominato Israele, coll’unica bizzarra e apparentemente inspiegabile eccezione della giudice ugandese, che Israele deve astenersi da ogni atto genocida, che si tratti delle uccisioni indiscriminate mediante bombardamenti o in altro modo o dell’inflizione ai Palestinesi di condizioni di “vita” disumane  colla totale e premeditata negazione di ogni genere di prima necessità, dall’acqua al cibo, agli alimenti. La Corte  ha inoltre chiarito che Israele deve astenersi, anche sul piano meramente ideologico, propagandistico e comunicativo, dall’ esaltazione o giustificazione del genocidio dei Palestinesi, che non è invocabile la legittima difesa come sostenuto dal governo israeliano e che gli stessi Palestinesi, e in particolare quella loro parte (circa tre milioni di persone) che risiede a Gaza, costituiscono a tutti gli effetti un popolo, tutelato in quanto tale dalla Convenzione del 1948 sul genocidio. Per questi ed altri aspetti dell’Ordinanza cfr. la Risoluzione della Global Legal Alliance for Palestine che abbiamo pubblicato in tre lingue (inglese, italiano e spagnolo) sul sito www.credgigi.it.

Obblighi di prevenzione del genocidio incombono anche su tutti gli altri Stati, che devono astenersi da ogni appoggio e complicità nei confronti di Israele. Il tema è stato sollevato in concreto da una presa di posizione, di fronte alla stessa Corte internazionale di giustizia, dal Nicaragua sandinista e da azioni giudiziarie interne, come quella promossa negli Stati Uniti contro Joe Biden e quella che vorremmo proporre analogamente in Italia contro il governo Meloni. Sappiamo tuttavia che Israele, il quale ha lunghissima e scandalosa tradizione di violazione del diritto internazionale, con relativa impunità offertagli dall’alleato statunitense, ben difficilmente rispetterà l’ordinanza della Corte, adempiendo alle richieste in essa contenute.

Per evitare il genocidio, come pure la deportazione dei Palestinesi dalle loro terre, occorrerà quindi prendere in considerazione l’invio di una corposa e ben equipaggiata forza militare di interposizione che provveda a proteggere i Palestinesi, fermandone lo sterminio colla forza delle armi.

È probabile che in tal caso gli Stati Uniti interpongano il loro veto, impedendo al Consiglio di sicurezza di decidere ed operare. Esiste tuttavia la possibilità di invocare un precedente importante, costituito dalla Risoluzione cosiddetta Uniting for Peace, n. 377A del 1950, colla quale l’Assemblea generale aggiró, ai tempi della guerra di Corea, il veto sovietico in seno al Consiglio di sicurezza, disponendo l’invio di un Corpo di spedizione internazionale nella penisola asiatica.

Un cammino evidentemente arduo e denso di incognite, ma che occorrerà intraprendere per garantire il rispetto del diritto internazionale come pure la vita e i diritti di milioni di Palestinesi, la gran parte bambini, oggi totalmente indifesi e alla mercé di un regime criminale e genocida che ne ha già massacrati circa trentamila.

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