Da molto tempo filtrano dagli Stati Uniti dubbi e voci di dissenso di diplomatici, militari e accademici sulla politica di prolungamento della guerra in Ucraina portata avanti intransigentemente dall’Amministrazione Biden (si veda l’appello di 15 personalità autorevoli pubblicato dal New York Times il 16 maggio). Perplessità accresciute dallo stallo della controffensiva ucraina che conferma le previsioni “tecniche” del capo di Stato maggiore Usa, il generale Mark Milley, il quale già a novembre dello scorso anno aveva suggerito l’apertura di negoziati, visto che: “La vittoria ucraina” non era “ottenibile”. Questa situazione ha fatto balenare come un fantasma l’ipotesi che gli Usa meditassero una via di uscita dal teatro ucraino, addossando a Zelensky la colpa del fallimento.
Come ha osservato Barbara Spinelli (Il Fatto Quotidiano, 23 agosto) sono significativi due articoli pubblicati rispettivamente dal Washington Post il 17 agosto e dal New York Times il 18 agosto. I due giornali, citando funzionari del governo Usa, attribuiscono il mancato successo della controffensiva al fatto che gli ucraini non hanno seguito le istruzioni dei militari statunitensi, volendo limitare le perdite sul campo di battaglia e dimostrandosi così un Paese “casualty adverse”. Evidentemente le perdite subite dagli ucraini in tre mesi di controffensiva, indicate dai russi in 66.000 uomini (nel contesto di un conflitto che ha provocato sinora 500.000 fra morti e feriti), sono state ritenute dal Pentagono un contributo di sangue insufficiente per rovesciare le sorti del conflitto.
Se si potevano nutrire perplessità sulle reali intenzioni dell’Amministrazione Biden, a dissiparle è intervenuto il viaggio a Kiev, il 6-7 settembre, del Segretario di Stato Antony Blinken. Blinken ha portato a Kiev una valigia carica di doni. Un miliardo di dollari per la controffensiva di Kiev. Gli aiuti statunitensi – ha detto Blinken – consentiranno alla controffensiva ucraina di “acquisire slancio”. Il pacco dono comprende tanto aiuti militari diretti, compresa la fornitura delle munizioni a uranio impoverito, quanto finanziamenti per consentire agli ucraini di acquistare ulteriori armi ed equipaggiamenti da Stati terzi. Naturalmente non mancano gli aiuti civili per consentire all’amministrazione statale ucraina di restare in vita e di acquistare dispositivi sanitari e beni di prima necessità. Come potranno gli ucraini ricambiare tanta generosità? Evidentemente rinunciando a quegli scrupoli che avevano fatto apparire l’Ucraina agli occhi del Pentagono come un Paese casualty adverse. La controffensiva non solo non si deve arrestare, ma deve “acquisire slancio”. Per acquistare slancio, deve cessare ogni riluttanza a subire perdite, anche massicce. In pratica, accettando il dono di Blinken, Zelensky si è impegnato a costruire tanti nuovi cimiteri di guerra e a sacrificare la “meglio gioventù” sull’altare della politica antirussa di Biden. In altre parole, la valigia che Blinken ha portato in dono a Zelensky è un carico di morte. C’è anche l’assicurazione che la morte continuerà la sua opera silenziosamente e per molti decenni dopo che saranno cessati i combattimenti, grazie al regalo delle cluster bombs e delle munizioni a uranio impoverito, destinate a “saturare” il campo di battaglia.
Nella ricorrenza del cinquantesimo anniversario del golpe in Cile, molti hanno ricordato la responsabilità di Kissinger negli avvenimenti che hanno portato alla morte di Allende e all’assassinio di migliaia dei suoi sostenitori. Kissinger all’epoca veniva appellato come “il commesso viaggiatore dell’imperialismo”. Blinken, dopo questa sua ultima missione a Kiev, si è meritato l’appellativo di “commesso viaggiatore della morte”.