L’intelligenza al servizio della guerra? e se fosse impiegata per il bene e la pace?

di Laura Tussi - transform-italia.it - 16/07/2023
“Se quanto si spende per le guerre, si spendesse per rimuoverne le cause, si avrebbe un accrescimento immenso di benessere, di pace, di civiltà: un accrescimento di vita” - Primo Mazzolari

Nella nostra vita di giovani attivisti, compagni di coloro che hanno combattuto per le grandi lotte del passato, ci confrontiamo con il problema della guerra e del militarismo e abbiamo ereditato la memoria dei compagni che con passione e con serietà nei movimenti sono riusciti a ottenere il riconoscimento dell’obiezione di coscienza e il servizio civile in Italia.

Qualche vittoria l’hanno ottenuta loro i nostri compagni che a livello globale hanno visto infatti il ritiro delle truppe americane dal Vietnam, e a livello italiano la chiusura dei programmi per il cosiddetto nucleare civile in realtà legato al nucleare militare. Da uno spaccato storico della guerra in Vietnam sulla scia di tutte le guerre imposte dalla Nato e dagli Stati Uniti, fino ai giorni attuali, ecco l’inizio del nostro impegno antimilitarista. Perché fare Memoria storica è una cosa moderna. La forza delle memorie. È un incoraggiamento per i movimenti pacifisti nel continuare il loro operato anche quando questo sembra sbattere contro il muro di gomma del potere. Dei potentati economici, militari e politici.

La minaccia maggiore per la pace mondiale verrà negli anni successivi non dai comportamenti irrazionali di stati e individui, ma dalle legittime richieste dei diseredati del mondo.

La maggioranza di queste persone povere senza diritti vive un’esistenza marginale nei climi equatoriali.

Il surriscaldamento del pianeta, originato non da loro, bensì da pochi ricchi, colpirà soprattutto le loro fragili ecologie.

La loro situazione sarà disperata e manifestamente ingiusta. Perciò non ci si può attendere che si accontentino sempre comunque di aspettare la beneficenza dei ricchi. Se permetteremo dunque alla potenza devastante delle armi moderne di diffondersi in questo esplosivo paesaggio umano, innescheremo una conflagrazione in grado di travolgere tanto i ricchi quanto i poveri dell’ecosistema planetario.

La sola speranza per il futuro è riposta nella collaborazione internazionale, nella cooperazione tra Stati, legittimate dalla democrazia. È tempo di voltare le spalle alla ricerca unilaterale di sicurezza, in cui noi cerchiamo di rifugiarci dietro ai muri. Dobbiamo invece insistere nella ricerca dell’unità d’azione per contrastare sia il surriscaldamento del pianeta che per contrastare un mondo armato. Questi obiettivi gemelli costituiranno due condizioni fondamentali per la stabilità, mentre ci muoveremo verso il più ampio grado di giustizia sociale che, esso solo, può dare una speranza di pace. Anche alcuni degli strumenti legali necessari sono già a portata di mano come il trattato sui missili anti-balistici, la convenzione sui cambiamenti climatici, i trattati strategici sulla riduzione di armi, il trattato sul bando di test nucleari, il trattato di proibizione delle armi nucleari TPAN/TPNW. In quanto cittadini preoccupati, chiediamo a tutti i governi di impegnarsi per questi obiettivi, che costituiscono dei passi in avanti affinché il diritto internazionale prenda il posto della guerra. Per sopravvivere nel mondo che abbiamo trasformato dobbiamo imparare a pensare in modo nuovo. Mai come oggi, il futuro di ciascuno dipende dal contributo di tutti.

La corsa alle armi è insostenibile, oltre che a essere un investimento in distruzione, un investimento in morte: le armi uccidono soprattutto i civili. Per questo dovrebbe meravigliare molto il silenzio e il rifiuto dei nostri politici sulla pace. Mentre continuano le sollecitazioni estreme e parossistiche per l’invio di armi in Ucraina. Oggi nessuna guerra è giusta: né in Iraq, né in Afghanistan, né in Libia, né in Siria. Né in Ucraina. Le folli somme spese in armi sono pane tolto ai diseredati del pianeta. Ma come cittadini in questo momento di estrema crisi, perché non crediamo tutti uniti, che non possiamo accettare una guerra in Afganistan che, anche se attualmente accantonata, ci è costata 2 milioni di euro al giorno? perché non ci facciamo vivi con i nostri parlamentari perché votino contro queste missioni, cosiddette umanitarie? E soprattutto per dire basta all’invio di armi in Ucraina?

La guerra in Libia è costata 700 milioni di euro e continuano gli investimenti per trattenere nei lager libici i migranti che fuggono da guerre, terrorismo, disastri ambientali, manovre economiche e così via. E quanti morti l’attuale guerra in Ucraina?

Come cittadini vogliamo sapere che tipo di pressione fanno le industrie militari sul parlamento per ottenere commesse di armi e di sistemi d’arma. Noi vogliamo sapere quanto lucrano su queste guerre aziende come Leonardo e non ultima RWM in Sardegna che produce bombe per l’Arabia Saudita al fine di bombardare lo Yemen. La RWM adesso vende a chi vuole armare l’Ucraina, come titolava in questi giorni il Giornale La Repubblica. Ma anche chiediamo di sapere quanto lucrano le banche in tutto questo e come cittadini chiediamo di sapere quanto va in tangenti ai partiti, ai governi che si sono susseguiti sulla vendita di armi all’estero. Negli anni scorsi abbiamo esportato armi per un valore di parecchi miliardi di euro. Allora scendiamo per strada, nelle piazze, per urlare il nostro no alle spese militari e che vinca la vita!

Laura Tussi

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