A bordo della “Handala” viaggiavano persone di diverse nazionalità, tra cui attivisti per i diritti umani, giornalisti e un membro del parlamento norvegese, Erik Larsen. Il loro obiettivo era consegnare ai palestinesi di Gaza un carico simbolico di aiuti e, soprattutto, attirare l’attenzione del mondo sulla situazione umanitaria critica nella Striscia, dove oltre due milioni di persone vivono sotto un blocco che limita gravemente l’accesso a beni di prima necessità, medicine e materiali per la ricostruzione.
L’attivista italiano Antonio Mazzeo, noto per il suo impegno a favore dei diritti umani e della pace, ha commentato l’accaduto con parole dure e precise, riprese da diverse testate online e blog. Secondo Mazzeo, l’operazione israeliana non è stata una semplice “fermata” di una nave, ma un atto di pirateria internazionale. “Le imbarcazioni della Freedom Flotilla,” ha dichiarato Mazzeo, “non rappresentano alcuna minaccia alla sicurezza di Israele. Non trasportano armi, né materiali a doppio uso, ma solo persone che credono nella solidarietà e nella giustizia.”
Mazzeo ha sottolineato che l’azione della marina israeliana viola il diritto internazionale, in particolare le norme che regolano la libertà di navigazione in acque internazionali. “Sequestrare una nave in acque internazionali è un atto di pirateria,” ha affermato Mazzeo. “Non è ammissibile che una forza militare blocchi un’imbarcazione civile che non sta commettendo alcun reato. L’obiettivo di questa Flottiglia è portare solidarietà a un popolo che da troppi anni è sottoposto a una punizione collettiva. L’ennesimo sequestro di una nave umanitaria è la dimostrazione che Israele non ha intenzione di allentare la morsa su Gaza, nonostante le condanne e le richieste della comunità internazionale.”
Giornalista e docente, l’attivista italiano ha anche criticato il silenzio della comunità internazionale e dei governi occidentali di fronte a questi episodi. “I governi europei, compreso quello italiano, dovrebbero condannare con forza queste azioni e chiedere la liberazione immediata dell’equipaggio e il rilascio della nave,” ha detto Mazzeo. “Invece, assistiamo a un assordante silenzio, che si traduce in un’implicita accettazione di un’occupazione e di un assedio illegali.”
Gli attivisti a bordo della “Handala” sono stati trasferiti nel porto di Ashdod, in Israele, per essere identificati ed espulsi. La nave è stata dirottata in un porto israeliano. La Freedom Flotilla Coalition ha annunciato che non si arrenderà e continuerà a organizzare nuove missioni, nella speranza che, un giorno, il blocco su Gaza possa essere definitivamente rotto. “Continueremo a navigare finché Gaza non sarà libera,” hanno dichiarato in una nota. Le parole di Antonio Mazzeo si aggiungono a questo coro di solidarietà, denunciando con forza un’azione militare che, ancora una volta, ha soffocato un’iniziativa di pace.
Per evitare una lunga detenzione, ha scelto l’espulsione immediata, firmando per il rientro in patria. Una decisione dolorosa, ma pragmatica, per poter continuare a dare voce, ha detto, “a chi è ancora trattenuto”.
“Chiedo ai governi di farsi carico del rientro degli altri prigionieri. La solidarietà non si può fermare: Gaza ha bisogno del mondo, e il mondo ha il dovere di non voltarsi dall’altra parte”, ha dichiarato Mazzeo al suo arrivo.
Il rientro di Mazzeo, avvenuto all’aeroporto di Fiumicino, ha visto la partecipazione di numerose persone a sostegno della sua missione. Diverse associazioni e comitati, tra cui l’Anpi e il Cesv di Messina, hanno espresso la loro solidarietà e vicinanza al giornalista, denunciando l’azione israeliana e ribadendo il loro impegno per la pace e la nonviolenza.
Una lunga storia di impegno
Antonio Mazzeo è da decenni una delle voci più attente e coerenti del pacifismo italiano, attivo in numerose campagne contro la guerra, la militarizzazione, il commercio di armi e la violazione dei diritti umani. La sua partecipazione alla Freedom Flotilla si inserisce in un percorso di testimonianza diretta nei teatri più complessi del Mediterraneo e del Medio Oriente.
Il suo rientro è una vittoria parziale, che accende però i riflettori sulle sorti degli altri attivisti ancora detenuti in Israele. E rilancia il dibattito sull’assedio a Gaza, sulle missioni civili internazionali e sul diritto, spesso ostacolato, alla solidarietà.
Laura Tussi