Oggettivamente non è facile spiegare perché la strategia statunitense nel conflitto ucraino è profondamente sbagliata, ma è indispensabile provarci, anche perché schierarsi a sostegno dell’aggredito è naturale e istintivo, ma può essere controproducente.
Intanto non possono esserci dubbi sul fatto che l’invasione russa di parte di uno stato sovrano costituisca una clamorosa violazione del diritto internazionale.
Le pesantissime responsabilità della NATO (cioè degli USA) nel mancato rispetto degli accordi che ne escludevano l’estensione e che furono alla base della caduta del muro di Berlino e dello sbriciolamento dell’impero sovietico non sono una giustificazione per l’attacco russo, ma piuttosto una ulteriore dimostrazione della scarsa credibilità delle attuali classi dirigenti.
La reazione ‘occidentale’ contro la Russia poggia su due iniziative: il sostegno bellico (armi, istruttori, bande di mercenari ….) a Zelensky e il tentativo (già fallito) di isolare economicamente Putin.
Del primo conosciamo le conseguenze: è il censimento dei morti e dei feriti, le dimensioni dell’esodo degli sfollati, l’elenco delle distruzioni, il rischio di un allargamento incontrollato del conflitto. Per il secondo sarebbe necessario riflettere su chi ne è vittima veramente: Putin o gli stati europei? Sicuramente non gli USA, che sembrano invece ricavarne extra-profitti con la vendita di armi e gas liquefatto.
Alcuni aspetti di questa progressione di decisioni ostili (come d’altronde le inevitabili risposte) mi appaiono grotteschi: quale sarebbe la penalità di impedire ai viaggiatori russi di visitare l’Europa? Pensiamo veramente che ogni turista nasconda una spia? E chi sarebbero i suoi informatori?
Penso invece che mantenere scambi culturali e personali, anche fra nazioni in guerra (come di fatto siamo) non possa che aiutare nella ricerca di una soluzione di pace.
Ma la domanda che dobbiamo porci e alla quale anche figure importanti di qua e di là dell’Atlantico hanno forse già risposto, purtroppo negativamente, è: vogliamo davvero la pace?
Vogliamo veramente la fine delle violenze, da chiunque perpetrate?
Perché la Pace non è mai il frutto solo della forza: quella si chiama vittoria e in genere lascia dietro di se strascichi di polemiche, risentimenti, vendette, resistenze alle nuove Autorità, spirito di rivalsa, ecc ….
La Pace è la decisione di convivere in un clima di reciproco rispetto e tolleranza, con l’impegno di risolvere i problemi (che ci saranno sempre) col dialogo; senza pesare i torti e le ragioni con una bilancia che non sarà mai in pareggio.
Ho in mente un esempio di non molti anni fa: la scelta di Nelson Mandela, dopo 27 anni di persecuzione in carcere, di giocare il suo prestigio internazionale su un progetto di ‘riconciliazione’, che non poteva e non ha voluto certo compensare, nemmeno sul piano economico, le migliaia di vittime della odiosa segregazione razziale in Sud Africa, ma ha evitato un bagno di sangue e ha aperto una fase di relativa stabilità.
La ricetta per evitare una terza e definitiva guerra mondiale è restituire all’ONU il suo ruolo, far sedere allo stesso tavolo USA/NATO e Russia, smilitarizzare le aree contese e recuperare la quantità sconfinata di armi finite nelle mani di milizie e mercenari.
L’Europa può svolgere un ruolo fondamentale, se riuscirà a recuperare la propria autonomia, rifiuterà di impegnare in una dissennata campagna di riarmo le risorse che sono invece necessarie alle politiche sociali rese indispensabili dalla crisi.
Alla Pace bisogna semplicemente credere, senza chiedersi a chi giova maggiormente, perché la sua alternativa è il disastro per tutti.