Quando l’esercito della Federazione russa ha invaso l’Ucraina, il conflitto è passato da una dimensione regionale a una mondiale. A quella guerra oggi partecipa tutto l’Occidente, con le sue armi, i suoi addestramenti, la sua propaganda.
Quando è cominciata questa nuova fase, un anno fa, sono andato in pellegrinaggio, lo dico ironicamente, da Alex Zanotelli, che vive nel quartiere Sanità, a Napoli: sono andato cioè per capire con lui qualcosa in più su cosa stava succedendo, come ci dovevamo organizzare, quale era la “cassetta degli attrezzi” che ci dovevamo portare dietro per tentare di “riparare il danno”. Insomma, la domanda era: come possiamo difenderci da un futuro sempre più disastroso nel quale rischiamo di vedere i nostri figli partire per la guerra?
“L’unica cosa sulla quale in questi giorni sto riflettendo molto – ha detto Zanotelli – è che oggi c’è giù un unico grande vincitore: il complesso militare industriale… I fabbricanti d’armi, son loro che hanno vinto. È questa la cosa paradossale della nostra storia: stiamo ballando letteralmente sul baratro di una esplosione atomica… È l’inverno del nucleare in un pianeta che non ci sopporta più. È questa la follia umana che non abbiamo compreso…”.
Resta un’altra domanda importante: che fare, qui e ora? Dobbiamo lasciare l’Ucraina nelle mani dei militari russi?
Secondo Alex Zanotelli il pensiero e le pratiche della nonviolenza sono fondamentali soprattutto prima che scoppi una guerra. La nonviolenza non si improvvisa. Oggi possiamo chiedere un cessate il fuoco. Non la “pace”, ma un cessate il fuoco a qualsiasi costo: si tratta di fare di tutto per limitare i danni, arginare il disastro, senza eroismi e senza retorica. L’importante, insomma, è fermare il numero dei morti. Subito dopo occorre ricominciare in tanti modi diversi l’opera di coscientizzazione o ricoscientizzazione nonviolenta.