Ho più volte sostenuto che il fascismo al potere non ci arriva mai da solo perché c’è sempre qualcuno che gli spiana la strada. Anche nel caso della cosiddetta “autonomia differenziata” quel qualcuno lo ha fatto. Due “apripista” un po’ diversi, ma che attualmente coincidono: è un Governo fascista che eredita il secessionismo leghista e recepisce il disegno di legge Calderoli!
Chi ha spianato la strada a questo nuovo scempio della Repubblica una e indivisibile (Art. 5 Cost.)? nella seconda metà degli anni ’90 dello scorso secolo, era esplosa l’infatuazione per il c.d. “federalismo”. Un’espressione che non esiste nella Costituzione repubblicana dove invece, nel citato art. 5, si trovano agilmente dei principi fondamentali incomprimibili: l’unitarietà della Repubblica; il riconoscimento e la promozione delle autonomie locali; l’attuazione del più ampio decentramento possibile di tutte le funzioni amministrative sui servizi che dipendono dallo Stato; le esigenze delle autonomie e del decentramento che rappresentano la guida a cui devono adeguarsi principi e metodi della legislazione della Repubblica.
Il Titolo V, nella seconda parte della Costituzione (la dottrina è concorde), strideva un po’ con questi principi e certamente doveva essere un po’ revisionato per renderlo più assonante e coerente con l’articolo 5. La Costituzione si modifica non per stravolgerla, ma per poterla meglio attuare.
Fatto sta che la XIII legislatura si sarebbe chiusa il 29 maggio 2001 e il Governo aveva fretta di fare questa riforma prima che la legislatura si chiudesse. Il Governo uscente, che era di centro-sinistra, forse la fretta, forse la distrazione o qualche trasversale influenza piduista (lo dicono i maligni…), promuoveva una riforma costituzionale (legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 confermata con Referendum) che, salvo qualche innovazione positiva (il nuovo art. 114; l’abrogazione degli artt. 128 e 130 ecc..), con la revisione degli artt. 116 e 117 stravolgeva la già esistente differenziazione delle autonomie regionali e determinava la più grande confusione mai esistita nel riparto di competenze fra Stato e regioni.
Vediamo un po’ ciò che qui maggiormente ci interessa: il nuovo articolo 116 introduceva alla già esistente legislazione “concorrente” fra Stato e regioni, quelle esclusive dello Stato e delle regioni (questa in via residuale), ma aggiungeva la possibilità per le regioni che ne avessero fatto richiesta, di ottenere maggiore autonomia sulle materie “concorrenti” (ex art. 117, terzo comma). Per chi conosce queste cose, era una coltellata al principio di unitarietà della Repubblica: basta scorrere l’elenco di queste materie. Pensate ad esempio a istruzione; sanità; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio ecc..: se una o più regioni ordinarie chiedono maggiore autonomia su queste materie, cosa potrebbe significare concedergliela? Semplicemente che su quelle materie potrebbero verificarsi tanti ordinamenti giuridici quante sono le regioni che l’avranno ottenuta. Non è elementare? È vero che il procedimento di “concessione” della maggiore autonomia è particolarmente complesso, ma, come si dice, fatta la legge trovato l’inganno (lo vedremo fra un po’).
Nel 2001 e fino a qualche anno dopo, nessuno ci badò troppo (così sembrava), ma forse taluno studiava l’inganno, perché non passò molto che, dopo due referendum farsa in Lombardia e Veneto e la richiesta dell’Emilia-Romagna nel 2017, queste tre regioni firmarono una pre-intesa su cinque delle materie di legislazione concorrente. Passò del tempo, poi (particolarmente Lombardia e Veneto) passarono alla pretesa di legiferare su tutte le materie ex art. 117 terzo comma.
Sin qui un po’ di cronaca, ma veniamo al merito. Andava evitato di spianare la strada ai secessionisti, ma ora questi procedono piuttosto speditamente e senza fare sconti. Calderoli ha consegnato al Governo un testo di legge attuativa dell’art. 116, terzo comma. Il Parlamento deve approvare con procedimento rinforzato. Maggiore autonomia alle regioni che ne fanno richiesta, infatti, su una o più materie ex art. 117 terzo comma (o tutte) può essere conferita con legge rinforzata per procedimento, approvata con maggioranza assoluta delle Camere, «sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata». La norma, come si vede, è anche tendenzialmente irreversibile. Se preordinata è l’intesa, infatti, è quasi impossibile tornare indietro: non è pensabile che la legge attuativa approvata e promulgata possa essere modificata. Bisognerebbe rifare l’intesa con le regioni interessate che non saranno d’accordo a ripensarci. Inoltre, si tratta di una legge rinforzata votata con maggioranza assoluta, non una legge ordinaria. Ne discende che (per giurisprudenza della Corte costituzionale) non potrebbe essere sottoposta a referendum abrogativo.
In tutto questo, non si potrebbe procedere, però, se prima non si determinano il Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP). Qui il problema diventa davvero fondamentale e la sua soluzione prioritaria. Prendiamo quattro ambiti connessi a quattro diritti costituzionalmente garantiti: salute, assistenza sociale, mobilità e trasporto (ma non è tutto: teniamo a mente le materie “concorrenti” ex art. 117 terzo comma Cost.). La domanda è: cosa deve dare il pubblico potere (prestazioni) per soddisfare compiutamente i cittadini (tutti) su questi diritti? Chi (dei pubblici poteri) è il soggetto (o i soggetti) tenuto ad organizzare e realizzare? Quale è il livello minimo di realizzazione di questi diritti? E quanto costa? Scusate se sembra poco, ma a me sembra tutto. Quanto sopra deve essere determinato dallo Stato in via esclusiva con una legge (art.117, secondo comma lett. m). Ma Calderoli ha fretta ed ha fatto riservare dieci commi della legge di bilancio per queste determinazioni. Peccato però che nei commi dal 791 all’801 della legge di bilancio (l. 29 dicembre 2022, n. 197) non ci sia nulla di quanto sopra. Si fa semplicemente rinvio a una Cabina di Regia che è il Governo (formata da ministri più presidente vari) che entro sei mesi dovrebbe determinare i LEP e predisporre uno o più Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM, atti amministrativi) che li contenga. Altro che legge ordinaria. I LEP saranno determinati dal Governo. Sono escluse tutte le assemblee elettive, in barba a quelle stesse disposizioni costituzionali che pure non ci piacciono affatto!
Che fare? In un Parlamento dimezzato, in cui sono presenti in prevalenza i rappresentanti dei partiti di questo Governo “reazionario” (per usare l’eufemismo di chi non vuole chiamarlo “fascista”), c’è purtroppo poco da fare, ma qualcosa si. Prima di tutto, la lotta! In aggiunta, una riforma mirata del testo costituzionale può creare condizioni migliori perché quella battaglia sia vinta. Bisogna agire, infatti, sulla strada spianata dal revisore costituzionale del 2001 (che fascista non era, forse un po’ piduista, o solo un po’ confuso? Bah..). Più che nel passato, è possibile attivare l’iniziativa legislativa popolare di cui all’art.71 secondo comma Cost. Grazie alla riforma del regolamento del Senato del 2017 (art. 74), infatti, esiste oggi maggiore garanzia che l’iniziativa popolare sia discussa in Parlamento, costringendo quest’ultimo a schierarsi (c’è un riscontro recente: l’introduzione nell’art. 119 Cost. del concetto di insularità). Inoltre, facilita il procedimento (non poco) l’introduzione della firma on line (d.l. 77/2021). Ebbene, il Coordinamento nazionale di Democrazia Costituzionale propone la raccolta di almeno 50 mila firme per una proposta popolare di legge costituzionale avente tre punti nodali: riscrivere l’art. 116.3; revisionare l’art. 117 (spostando alcune materie dalla competenza concorrente a quella esclusiva dello Stato); introdurre la clausola di supremazia statale. Credo che, in questo momento, la strada indicata dal CDC sia da percorrere.
Spero di aver dato un’idea complessiva della situazione che si crea con la cosiddetta autonomia differenziata: sono sotto attacco l’Unitarietà della Repubblica e i diritti fondamentali dei cittadini; le diseguaglianze (che sono da sempre in netto aumento) rischiano di aumentare vertiginosamente, specie nel maggiore divario fra nord e sud; si rischia di realizzare quella secessione ostentata da trent’anni dalla lega con il favore di questo Governo.
Tornerò sulla questione fra qualche giorno, per approfondire con maggiori dettagli i contenuti della proposta di iniziativa popolare che per brevità o qui oggi solamente accennato.