La crisi di governo è ormai aperta in apparenza sul Tav. Ma è davvero così?
Si fa cadere un governo nel momento in cui si vince, e si sfiducia un premier che ha esplicitamente aderito alla causa?
Ovviamente, la ragione vera deve essere altrove, non nelle battaglie vinte, ma in quelle ancora da vincere. La considerazione più immediata è: flat tax e autonomie.
Sul Quotidiano del Sud di ieri Adriano Giannola, presidente di Svimez, commenta l’apertura della crisi. È condivisibile il giudizio tagliente su Salvini, le sue politiche e gli esiti che ne verrebbero per il paese. Ma su un punto si deve dissentire: laddove Giannola afferma che la crisi è uno schermo dietro il quale Salvini cela il suo fallimento sul fronte dell’autonomia rafforzata, “silurata e affondata”.
Non è così.
Siccome sulla flat tax non tanto l’Ue quanto piuttosto i mercati e lo spread impediranno fantasiosi avventurismi, le autonomie rimangono il solo terreno per Salvini davvero praticabile. Fin qui pochi pasdaran – tra cui io stesso – hanno evitato il colpo di mano nottetempo e il fatto compiuto e irreversibile ai danni del Sud.
Il fronte si è allargato, e la prospettiva di difficoltà crescenti può anche avere influito sulla scelta di Salvini di staccare la spina. Ma la battaglia non è finita.
Anzi, quella vera comincia adesso. Ed è una battaglia nel Sud, e per il Sud.
Nel Sud. È possibile, o probabile, che si vada alla nascita di un nuovo governo, che qualcuno definisce di garanzia. Sarebbe cosa buona e giusta, non potendosi lasciare al Viminale chi si appella al popolo per i pieni poteri.
La querelle è piuttosto sulla durata di tale governo, se lo stretto necessario per andare alle urne e per gli adempimenti tecnici nel frattempo ineludibili, o qualche mese in più. Ma comunque si voterà presto, e sarà probabilmente con le regole attuali.
La correzione maggioritaria di collegio su un terzo dei seggi regala già oggi un vantaggio incolmabile in tutto l’arco del Nord alla Lega, che potrebbe sfiorare il cappotto nell’uninominale. Per fermare Salvini che vuole impadronirsi del paese, bisogna anzitutto evitare un risultato analogo al Sud, impedendo al suo partito o
coalizione di essere primo nei collegi meridionali. Il Nord è perduto, il Sud no, ed è anzi l’unica via per salvare il paese dalla peggiore destra della storia repubblicana.
Ogni collegio strappato a Salvini contribuirà a negargli i pieni poteri.
È irrealistica l’ipotesi di governi di scopo per modificare la legge elettorale in chiave proporzionale. Ed è bene essere consapevoli che il taglio dei parlamentari fortemente voluto da M5S, in sinergia con la legge elettorale vigente, sarebbe un ulteriore regalo alla Lega o alla coalizione della destra.
Tra l’altro marginalizzando proprio M5S se diventato terzo partito, dopo Lega e Pd. Esito secondo i sondaggi possibile, se non probabile.
Per il Sud. Salvini sa che la battaglia decisiva sarà nel Mezzogiorno, e per questo ha organizzato il suo tour elettorale. La strategia di comunicazione è chiara: molti slogan, contenuti zero.
È la politica dei tweet moltiplicata per mille. In un torrente di parole, sul fare presto e contro chi frena, non trova il modo di spiegare quale autonomia vuole per il Sud, perché, e con quali effetti. È un silenzio che copre la strategia separatista del grande Nord.
Bisogna sbugiardare lo storytelling salviniano. Come?
Anzitutto, diffondendo in modo capillare una informazione veritiera e certificata sui contenuti, i conti, le cifre, e l’impatto sulla vita quotidiana di ognuno.
Qui soggetti come l’osservatorio della Federico II e la Svimez possono offrire supporto a una rete di comitati, associazioni, formazioni spontanee che ne siano poi i diffusori terminali.
Inoltre, la politica, le istituzioni,le formazioni sociali devono fare la loro parte.
Consigli comunali, regionali, sindacati, quel che resta dei partiti devono prendere posizione e garantire visibilità alla battaglia contro le pulsioni separatiste, per il Sud, per l’unità del paese. Anche le forze politiche che fin qui hanno taciuto, per mancata comprensione, ignavia o calcoli sbagliati,possono redimersi,sapendo però che è l’ultima occasione e che diversamente il conto arriverà. Più prima che poi.
La crisi di governo è
ormai aperta, in
apparenza sul Tav
Ma è davvero così? Si
fa cadere un governo
nel momento
in cui si vince?