Eletta Elly Schlein, tutta l’opposizione deve misurarsi con i suoi problemi. Ad esempio sul presidenzialismo la destra ha idee chiare, mentre l’opposizione ne sottovaluta l’importanza.
La presidente del Consiglio Meloni vuole il presidenzialismo per affermare la sua leadership e per dimostrare che otterrà con questa maggioranza quello che altri non hanno ottenuto, cambiando a fondo l’assetto costituzionale antifascista del 1948, andando oltre Fini.
E’ antica la suggestione della destra di cambiare la Costituzione introducendo il Presidenzialismo. Questo obiettivo, dopo 75 anni di Costituzione, è ritenuto talmente importante da scendere a patti con spinte contraddittorie come l’autonomia regionale differenziata. Meloni ha un bel citare il Garibaldi o dichiarare che non ci saranno cittadini di serie A e B, se il progetto Calderoli diventasse legge, Lombardia, Veneto, Emilia aprirebbero la trattativa bilaterale con il Governo per ottenere fino a 23 materie. Il risultato sarebbe una dinamica para secessionista, che renderebbe dubbia perfino la possibilità del presidenzialismo di governare le forze messe in moto dalla stessa destra.
L’elezione diretta del Presidente della Repubblica stravolgerebbe la logica e la struttura costituzionale. Il Presidente oggi è garante e regolatore, eletto da uno schieramento parlamentare, ma con un ruolo che va oltre la maggioranza che lo ha eletto. Per questo ha potuto, in situazioni difficili, indicare soluzioni che non erano alla portata delle scelte. Se eletto dai cittadini, il Presidente diventa il capo della parte che ha vinto le elezioni. E’ il capo della fazione elettorale vincente.
Basta leggere i suoi compiti costituzionali per capire che non c’è solo il ruolo di garante dell’unità nazionale e della costituzionalità delle scelte politiche. Il Presidente della Repubblica è la carica istituzionale garante dell’autonomia della magistratura, infatti presiede il Csm, nomina 5 giudici della Corte che ha il compito di garantire la coerenza costituzionale delle leggi.
I costituenti immaginarono un equilibrio tra governo, parlamento, magistratura, della cui autonomia il Presidente è oggi il garante. Pur con variazioni, per 75 anni è stato così.
Ora, con confusa indeterminatezza, Giorgia Meloni intende proporre l’elezione diretta del capo dello stato in una delle versioni conosciute.
Il presidenzialismo è già in seria crisi, come abbiamo visto il 6 gennaio 2021 negli Usa, con una spaccatura profonda del paese, fino a rischiare il colpo di stato. Anche il presidente francese Macron sta affrontando una fase complicata e le manifestazioni di protesta popolare sono un avviso potente di fratture non composte.
Dove sarebbe il vantaggio del presidenzialismo? Nell’imporre le scelte? C’è bisogno di stabilità, si dice. Ma una stabilità accettabile è oggi offerta da un sistema parlamentare come quello tedesco, con un sistema elettorale proporzionale e la formazione di coalizioni che hanno il compito di durare, con meccanismi parlamentari che ne aiutano la realizzazione.
Il ruolo del parlamento infatti è l’altro elemento dirimente, di cui i presidenzialisti non parlano, ma che verrebbe ridotto di fatto ai minimi termini. Da un paio di decenni il parlamento è stato via via compresso in un ruolo che non gli consente di esercitare effettivamente il ruolo di rappresentante degli elettori.
La debolezza politica dei governi e delle coalizioni ha inventato meccanismi obbliganti sul parlamento, per costringerlo ad approvare le decisioni dei governi, in testa l’abuso dei decreti legge. I parlamentari hanno dato una mano al declino del parlamento, complici leggi elettorali che a partire dal porcellum hanno affidato ai capi partito la scelta dall’alto dei futuri parlamentari. L’elezione dipende dal capo partito, non da chi vota. Il parlamento è già troppo depotenziato. Con il Presidenzialismo avremmo un parlamento svuotato di ruolo e di poteri.
L’illusionismo che promette agli elettori di decidere sul Presidente continua a negare l’elezione diretta dei parlamentari, nasconde che la Costituzione italiana diventerebbe regressiva, meno aperta, meno partecipata, meno democratica di quanto è oggi, istituendo una sorta di commissario per l’Italia, peggio solo del Sindaco d’Italia di Renzi.
Per questo la risposta al presidenzialismo delle destre non deve essere difensiva, ma una ferma e potente riaffermazione del valore e del ruolo della nostra Costituzione, per difenderla, certo, ma soprattutto per attuarla con rigore a partire dai diritti fondamentali dei cittadini.
Occorre anche una nuova legge elettorale per evitare che in futuro possa continuare lo scempio di una coalizione che con il 44% dei voti ha il 59% dei seggi parlamentari con cui può cambiare da sola la Costituzione. La Costituzione è un asse politico fondamentale, su cui si può coagulare un’alternativa politica.