Sulla soglia del ferragosto, che tradizionalmente rappresenta un periodo di riposo e di sospensione degli affanni quotidiani, due grandi minacce hanno oscurato i cieli del nostro Paese creando il buio a mezzogiorno. La temperatura a terra giungeva in Puglia e in Sardegna a punte di 51 gradi, mentre il termometro politico sforava ogni limite, costringendo a richiamare in servizio i senatori il giorno dopo che il Senato era stato chiuso per ferie.
La prima minaccia è quella del climate change che mette a rischio la sopravvivenza sull’intero pianeta; la seconda, riguarda la sopravvivenza della nostra pur fragile ma sempre insostituibile democrazia. Sia la prima che la seconda minaccia hanno una radice in comune: la politica.
Solo la politica può contrastare entrambe le minacce. Però, mentre la lotta al cambiamento climatico può essere affrontata solo sul piano internazionale, la sopravvivenza della democrazia nel nostro Paese dipende solo da noi. Questo non è il momento del disimpegno: grava su tutti noi la responsabilità di impedire il disastro annunciato da una crisi provocata a tavolino per sfruttare il momento favorevole descritto dai sondaggi, prima che il consenso si affievolisca. In questa fase politica confusa si fronteggiano umori e proposte inusitate; soggetti politici, che si sono bersagliati con le accuse più roventi, adesso devono fronteggiare questa situazione nuova che costringe a ripensamenti radicali e ad alleanze inedite.
Ciò non deve stupire. In alcuni passaggi drammatici della storia, è già accaduto che forze politiche profondamente differenti fra di loro abbiano trovato una strada comune in vista della salvezza della Patria. Per questo condivido pienamente l’“Appello per un governo politico di risorgimento democratico” lanciato dall’Associazione Nazionale Giuristi democratici (che si può firmare sulla piattaforma di change.org). Osserva l’appello: «La nostra democrazia costituzionale attraversa un momento drammatico.
La Lega sembra avere accuratamente programmato la data elettorale. […] L’obiettivo è un governo compattamente di destra, che instauri un regime autoritario nel nostro Paese. Gli ultimi mesi ci hanno fatto comprendere molto bene quale sia il progetto. Demolire la resistenza dei corpi intermedi, partendo dalla magistratura. Condurre un’azione decisa sul mondo della scuola, con il pretesto di salvare i ragazzi da insegnanti di sinistra, mettere sotto controllo l’insegnamento stesso. Asservire l’informazione pubblica e privata». A questo quadro fosco si deve aggiungere lo sciagurato progetto di autonomia differenziata, che darà un colpo mortale all’unità del nostro Paese.
Osserva ancora l’appello: «Nel 2022 vi sarà da eleggere il nuovo Presidente della Repubblica. Se la Lega avrà la maggioranza in Parlamento, potrà contare su una sponda decisiva per consolidare il nuovo sistema autoritario. Occorre allora prendere una posizione chiara, in un momento in cui questo disegno può ancora essere arrestato. Le forze che non si riconoscono in questo progetto, che hanno ancora a cuore la Repubblica costituzionale, devono dare vita a un governo politico, democratico, costituzionale e di legislatura. Non un governo di transizione, ma un progetto basato sui valori fondanti della nostra Carta. Un governo che ripristini gli equilibri democratici. Che garantisca e fortifichi l’indipendenza dei poteri e della magistratura. Che rispetti i trattati e gli accordi internazionali e riprenda una dialettica corretta con le istituzioni comunitarie. Che intervenga per risolvere la crisi umanitaria del Mediterraneo. Che rimetta al centro dell’azione di governo il lavoro e la sua tutela. Ciò che più conta, oggi, è impedire il concretizzarsi del disegno autoritario.
È illusorio pensare che un governo spregiudicatamente repressivo, con cinque anni a disposizione, restituisca facilmente il potere. Non si deve dimenticare quanto accadde con il fascismo. Partito popolare e socialisti non si accordarono, e pensarono che Mussolini si sarebbe bruciato presto. […] Di fronte a questi rischi i leader e i militanti dei partiti democratici debbono mettere da parte gli interessi egoistici. Non ci si brucia governando un Paese in crisi: ci si brucia, e per sempre, lasciandolo governare a una forza eversiva, nell’illusoria speranza di raggranellare qualche seggio in più dopo cinque anni. È allora il momento di rivolgere un appello chiaro: si anteponga a tutto l’interesse collettivo. [… ] Si deve impedire il precipitare degli eventi […] per costruire insieme un argine al disegno eversivo della Lega; la società è ricca di forze sane, dimostriamo che esiste un’Italia che resiste e contropropone».
Dalla notte della democrazia si può uscire. È appropriata la domanda del profeta Isaia: «Sentinella, quanto resta della notte?».