A proposito di Autonomia Differenziata, processo che si è avviato fra alcune Regioni - Emilia Romagna, Lombardia, Veneto - e l’allora governo Gentiloni nel 2018, con pre intese che ora il progetto di legge Calderoli ha ripreso con grande accelerazione, credo sia opportuno procedere ad alcune considerazioni. Dal 2018, e senza sosta, con iniziative di analisi critica, approfondimenti, seminari, conferenze stampa, movimenti e associazioni nazionali, presenti anche nel ravennate – Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, Salviamo la Costituzione, movimento NO AD – si sono impegnati e si impegnano nel denunciare i gravissimi pericoli che una Autonomia Differenziata nei termini delle pre intese comportano per l’unità della Repubblica. Non ci è stata rivolta attenzione. Scarsa dai media, quasi nessuna dai partiti.
Solo dopo le elezioni del 25 settembre scorso il tema è finalmente apparso, nei media e nel confronto fra partiti, in termini conflittuali, fra maggioranza parlamentare e opposizione. Prima, una colpevole coltre di silenzio ha coperto questo tema cruciale, e il nostro allarme. Anche da parte dei partiti ora in minoranza, ma di governo fino a pochi mesi fa. Invece, con propria coerenza, l’Autonomia Differenziata campeggiava, ben visibile, nel programma elettorale della Lega, così come il Presidenzialismo – un contrappeso - campeggiava nel programma di Fratelli d’Italia. Uno scambio pesante e contraddittorio. Almeno apparentemente. Forse, invece, un’unica filosofia li collega. Neocentralismo regionale, che tiene per sé buona parte della fiscalità, e indebolisce ruolo e responsabilità dei Comuni, e un Presidente forte, cosiddetto forte perché eletto dal popolo, che mette ai margini il ruolo del Parlamento, che rappresenta invece, nel suo pluralismo, tutto il popolo. L’elezione diretta ci darebbe un Presidente di parte, di una maggioranza che lo elegge. La nostra Costituzione ha voluto un Presidente super partes. Madri e Padri Costituenti di uomini forti non ne vollero più sapere.
Quale è il pericolo che stiamo correndo? La fuoriuscita dalla nostra Costituzione, che fonda una Repubblica parlamentare, e non presidenziale, e riconosce nell’art.5 le autonomie locali nella Repubblica, una e indivisibile. Invece, nel contesto dato, differenziare le autonomie significa aumentare lo squilibrio fra Nord e Sud, ignorando le disuguaglianze già esistenti e non risolte in decenni di storia repubblicana. Si vogliono aumentare le disuguaglianze, anziché ridurle? Una domanda che pongo anche al presidente Bonaccini - presidente, non governatore, dell’Emilia Romagna, visto che l’Emilia Romagna non è uno Stato, come lo è invece, per esempio, la California negli States - che prima si allinea a Lombardia e Veneto e ora con grande allarme critica Calderoli. Una contraddizione che supera ogni mia capacità di comprensione.
Il Coordinamento per la Democrazia Costituzionale ha, per contrastare questo incombente pericolo, promosso una legge costituzionale di iniziativa popolare - LIP - per introdurre modifiche al Titolo V della Costituzione, già malamente riformato nel 2001. Fu una riforma sbagliata. Ce ne accorgemmo ancora prima del progetto di Autonomia Differenziata, vedendo i continui conflitti fra Stato e Regioni, frequentemente approdati anche alla Corte Costituzionale. La riforma del Titolo V fu fatta velocemente dall’allora governo di centrosinistra per togliere argomenti alla Lega, che voleva la secessione del Nord. Un chiaro esempio di come il rincorrere gli avversari politici con le armi degli avversari stessi sia politicamente sbagliato e apra porte paradossalmente contrarie alle proprie intenzioni. La nostra legge di iniziativa popolare intende invece riportare le autonomie dentro lo spirito della Costituzione, che è quello della solidarietà e non della concorrenza. Un tema che ho trovato descritto in un ordine del giorno approvato all’unanimità dal Consiglio comunale di Napoli, il 13 febbraio scorso. Se non ho inteso male, solo Forza Italia non ha partecipato al voto. Ne riporto alcuni stralci, che testimoniano come un Comune del Sud - e che Comune, Napoli ! - abbia le idee molto chiare sulla spada di Damocle che abbiamo sulla testa.
Segnalo alcuni passi di grande efficacia esplicativa. “…siamo di fronte a un progetto dagli esiti imprevedibili perché, oltre alla potestà legislativa per le materie di legislazione concorrente e per eventuali altre tre fra quelle di competenza esclusiva dello Stato, prevede il trasferimento di risorse secondo il principio che le tasse debbano restare quasi totalmente nel territorio in cui sono pagate. Il Veneto, per esempio, che ha chiesto la competenza per tutte le materie previste dall’articolo 116 tratterrebbe il 90 per cento del gettito fiscale generato nella regione, per un totale di 41 miliardi. Sommando queste cifre a quelle di Lombardia ed Emilia Romagna, che hanno chiesto rispettivamente la competenza su venti e sedici materie e tratterrebbero 106 e 43 miliardi, si arriva all’importo di 190 miliardi in meno per lo Stato centrale, su 750 miliardi complessivi di introito fiscale. …. all’Italia non serve una ulteriore spinta verso il regionalismo delle piccole patrie, del tutto inadeguate per dimensioni a reggere la competizione su scala internazionale. Piuttosto, il Paese ha bisogno di ribadire la centralità dello Stato per garantire unità, coesione sociale, riduzione delle diseguaglianze e giustizia sociale, riaffermando un diritto di cittadinanza universale. Non è quindi una discussione che si esaurisce nella determinazione dei Livelli essenziali di prestazione, una posizione tutta difensiva che non aggredisce i nodi dell’ineguaglianza fra territori italiani, ma nell’adozione di politiche che si ispirino al principio di colmare il divario, chiamando a svolgere un ruolo in prima persona ai comuni e soprattutto alle Città metropolitane come Napoli. Non la “secessione dei ricchi”, con una formula diventata di uso comune, ma il punto di partenza di una relazione nuova e qualitativamente diversa fra le aree che compongono il Paese”.
Inoltre, l’ordine del giorno del Consiglio comunale di Napoli conclude con un preciso impegno. “… impegna la Giunta a chiedere il ritiro del disegno di legge sull’autonomia regionale differenziata; [ e a ] sostenere la proposta di legge di iniziativa popolare per la modifica degli articoli 116 e 117 della Costituzione, prevedendo una limitazione alle regioni di poter richiedere nuove competenze, con l’introduzione di una clausola di supremazia a tutela dell’unità giuridica ed economica Repubblica”.
Aggiungo qui un mio personale auspicio. Che tutti i Consigli comunali dell’Emila Romagna procedano nello stesso modo, chiedendo alla Regione Emilia Romagna di sottrarsi a questo gioco pericolosissimo, e di ritirare la propria firma dalle pre intese del 2018. Nel Titolo V si sono fatti, nel 2001, errori? Allora, correggiamoli.
La raccolta delle firme on line a sostegno della legge di iniziativa popolare è attiva dal novembre scorso, e da qualche settimana si sta intensificando anche la raccolta cartacea, in occasioni pubbliche di informazione, approfondimento, discussione, anche nella nostra provincia - recentemente a Ravenna e a Faenza - con il diretto impegno, oltre al nostro, di ANPI, ARCI, Libertà e Giustizia, Associazione Mazziniana, Sindacati Scuola. Significativo l’impegno di numerosi Sindacati Scuola. Immaginiamo che Italia avremmo con sistemi scolastici diversi, nel sistema di reclutamento dei docenti, nei contratti di lavoro, nei programmi, e condizionati dai “bisogni” dei sistemi economici regionali.
Va raggiunto il numero di 50000 firme, per portare le nostre ragioni in Parlamento.
La realtà in cui operiamo, l’Emilia Romagna, è una delle Regioni che hanno firmato le pre intese. Siamo una Regione ricca? Rispetto ad altre, sì. La storia spiega la differenza. Ma la Costituzione ci impone di non essere egoisti. L’egoismo non è una categoria della politica, quella scritta nella Costituzione. Lo è di poteri che ignorano la Costituzione, o vogliono sovvertirla.
Per essere chiara, riporto il testo integrale dell’art. 2 della Costituzione. “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, civile e sociale”.
FIRMATE, FIRMATE, FIRMATE!
http://www.coordinamentodemocraziacostituzionale.it/raccolta-firme-proposta-di-legge
Per informazioni e contatti info@salviamolacostituzione.ra.it
Maria Paola Patuelli
portavoce del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale della provincia di Ravenna